venerdì 27 maggio 2016

DISINTOSSICAZIONE



Circa il 9% della popolazione si ritiene che faccia abuso di oppiacei nel corso della loro vita, tra le droghe illegali come l’eroina e i farmaci antidolorifici prescritti come l’oxicontina. Questi farmaci possono causare dipendenza fisica. Nel corso del tempo, una maggiore quantità di sostanza diventa necessaria per produrre lo stesso effetto (assuefazione). Il tempo che occorre per diventare fisicamente dipendenti varia da individuo a individuo.

Quando i farmaci sono interrotti, l’organismo ha bisogno di tempo per recuperare, e il ritiro provoca dei sintomi. Il ritiro degli oppiacei può verificarsi ogni volta che un uso cronico viene interrotto o ridotto.

Il medico può diagnosticare spesso la crisi d’astinenza da oppiacei dopo aver eseguito un esame fisico e posto domande sulla storia clinica e l’uso di droga. Esami dell’urina o del sangue per lo screening per i farmaci sono in grado di confermare l’uso di oppiacei.

La disintossicazione rappresenta sempre il primo passo sulla strada della guarigione dalla dipendenza. Si tratta di un processo in cui il tossicodipendente viene depurato dalle tossine create dalle droghe e dai loro metaboliti. Esistono molte forme diverse di disintossicazione in base alla sostanza assunta e alla gravità della dipendenza. La disintossicazione professionale medica è il modo più efficace e sicuro per eliminare le tossine dall’organismo e quindi per rompere il devastante circolo della dipendenza. Spesso i dipendenti tentano di auto-disintossicarsi. Tuttavia questi tentativi non solo di norma sono fallimentari perché sottostimano la gravità della dipendenza, bensì sono rischiosi per la salute a causa dei comuni sintomi da astinenza, potenzialmente dannosi, se fatti senza la supervisione professionale medica.

Sostanze come l’eroina e gli antidolorifici a base di oppiacei come Fentanyl, Vicodin, Percocet, morfina, OxyContina, e soprattutto metadone non creano solo dipendenza psicologica, ma anche una grave dipendenza fisica che rende particolarmente difficile processo di disintossicazione.

Prima di procedere con la disintossicazione, ogni paziente deve essere inquadrato dal punto di vista medico. Le condizioni fisiche e psicologiche del paziente vengono valutate per verificare l’idoneità al processo di disintossicazione.

Il compito principale della disintossicazione medica da oppiacei è quello di rendere più tollerabile il processo di astinenza. Sono stati somministrati farmaci di differenti gruppi e le loro combinazioni sono state somministrate durante la disintossicazione per contraddistinguere sintomi da astinenza come: severo dolore da contratture ad articolazioni e gambe, spasmi muscolari e dolori in tutto il corpo, rachialgie, malessere, vomito, dissenteria, febbre, sudorazioni caldo-freddo, tremori, estrema fatica, irritazione, aggressività e insonnia per alcuni giorni. 

La disintossicazione da oppiacei può variare in durata e intensità in base all’esperienza individuale nel mondo della droga e alle condizioni di salute del paziente. Di norma, presso tutti i centri, la disintossicazione medica tradizionale dai sintomi fisici da astinenza da oppiacei ha una durata di 7-10 giorni. Dopo tale periodo ne subentra uno in cui il convalescente può sperimentare fatica quotidiana, eccessiva astenia, sudorazioni notturne, inappetenza, uniti a lieve depressione, cambiamenti di umore, disturbi del sonno, incubi, sogni di droga e altri prolungati sintomi psicologici da astinenza conosciuti come Sindrome di astinenza post-acuta (PAWS), che dura fino a 30 giorni.

Una lenta riduzione della dose di metadone nel tempo aiuta a ridurre l’intensità dei sintomi dell’astinenza. Alcuni programmi di trattamento farmacologico hanno ampiamente pubblicizzato trattamenti per l’astinenza da oppiacei chiamati disintossicazione sotto anestesia o disintossicazione rapida da oppiacei. Tali programmi simulano la messa sotto anestesia con iniezione di dosi elevate di oppiacei-bloccanti, con la speranza che questo possa accelerare il ritorno alla normale funzione del sistema oppioide.

Non ci sono prove che questi programmi effettivamente riducano il tempo della riabilitazione. In alcuni casi possono ridurre l’intensità dei sintomi. Tuttavia, ci sono stati diversi morti associate alle procedure, in particolare quando fatte fuori da un ospedale. Poiché gli oppiacei producono vomito durante l’anestesia, questo aumenta significativamente il rischio di morte, così molti specialisti pensano che i rischi di questa procedura prevalgono nettamente sui potenziali (e non dimostrati) benefici.

Il ritiro degli oppiacei è doloroso, ma non mette in pericolo la vita. Possibili complicazioni possono essere principalmente il ritorno al consumo di droga, con la maggior parte dei decessi per overdose da oppiacei che si verifica in persone che sono state appena disintossicate; oppure può esserci riduzione della tolleranza al farmaco.

I pazienti a cui sono stati ritirati gli oppiacei devono essere controllati per la depressione e altre malattie mentali. Un adeguato trattamento di tali disturbi può ridurre il rischio di ricaduta. I farmaci antidepressivi non dovrebbero essere trattenuti sotto l’ipotesi che la depressione sia legata solo al ritiro, e non ad una condizione pre-esistente. Gli obiettivi della terapia dovrebbero essere discussi con il paziente, insieme alle raccomandazioni.





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mercoledì 25 maggio 2016

GHIANDOLA PINEALE



« Articolo 32
Come si vede che questa ghiandola è la principale sede dell'anima.
Mi sono convinto che l'anima non può avere in tutto il corpo altra localizzazione all'infuori di questa ghiandola, in cui esercita immediatamente le sue funzioni, perché ho osservato che tutte le altre parti del nostro cervello sono doppie, a quel modo stesso che abbiamo due occhi, due mani, due orecchi, come, infine, sono doppi tutti gli organi dei nostri sensi esterni. Ora, poiché abbiamo d'una cosa, in un certo momento, un solo e semplice pensiero, bisogna di necessità che ci sia qualche luogo in cui le due immagini provenienti dai due occhi, o altre duplici impressioni provenienti dallo stesso oggetto attraverso gli organi duplici degli altri sensi, si possano unificare prima di giungere all'anima, in modo che non le siano rappresentati due oggetti invece di uno: e si può agevolmente concepire che queste immagini, o altre impressioni, si riuniscano in questa ghiandola per mezzo degli spiriti che riempiono le cavità del cervello; non c'è infatti nessun altro luogo del corpo dove esse possano esser così riunite, se la riunione non è avvenuta in questa ghiandola »

Cartesio


La prima descrizione e le prime speculazioni sulla ghiandola pineale si trovano nei voluminosi scritti di Galeno, che trattò la ghiandola pineale nel suo De usu partium. In esso Galeno spiega che la ghiandola deve il suo nome alla sua somiglianza, per forma e dimensioni, a un pinolo. La chiamò ghiandola a causa del suo aspetto ed equiparò la sua funzione a quella delle altre ghiandole del corpo, che nella sua concezione servivano principalmente come sostegno ai vasi sanguigni. Galeno si oppose fermamente a una concezione all'epoca diffusa secondo la quale la ghiandola pineale regola il flusso di spirito, sostanza vaporosa di cui si riteneva fossero pieni i ventricoli cerebrali. Galeno rifiutò questa idea innanzitutto perché la ghiandola pineale è attaccata all'esterno del cervello e non può muoversi autonomamente e, quindi, non avrebbe potuto orientare il flusso di spirito nei ventricoli dell'encefalo. Egli, infatti, sostenne che il verme cerebellare (la parte mediana del cervelletto) fosse più qualificato a svolgere tale funzione.

Più tardi le teorie di Galeno furono riprese per espanderle o talora modificarle. Nemesio di Emesa, per esempio, le ampliò aggiungendovi l'idea della localizzazione ventricolare, secondo la quale a ogni parte del cervello corrisponde una diversa facoltà: al ventricolo anteriore l'immaginazione, al ventricolo mediano la ragione e a quello posteriore la memoria. Tale teoria rimase in voga fino alla metà del XVI secolo.

In un trattato chiamato Sulla differenza tra spirito e anima Qusta ibn Luqa combinò le teorie di Nemesio e la concezione di Galeno riguardante la regolazione dello spirito attraverso il verme cerebellare. A tal proposito applicò la sua teoria per giustificare il flusso di coscienza: secondo le sue ipotesi, coloro che volevano ricordare guardavano in alto in modo che questa appendice vermiforme aprisse il passaggio e permettesse il fluire della memoria. Coloro che volevano pensare, al contrario, guardavano in basso in modo che si chiudesse il passaggio e lo spirito della ragione non fosse corrotto da quello della memoria. Il trattato di Qusta influenzò molto la scolastica europea medioevale.

In molti testi medioevali, tra i quali quelli di Mondino dei Liuzzi, a tale appendice vermiforme fu dato il termine pinea, comportando una certa ambiguità, in quanto esso poteva riferirsi sia al verme cerebellare sia alla ghiandola pineale.

All'inizio del XVI secolo l'anatomia fece progressi e una prima lettura più scientifica della ghiandola pineale fu resa pubblica: Niccolò Massa scoprì che i ventricoli cerebrali non sono riempiti di spirito ma di fluido (il liquido cerebrospinale). Andrea Vesalio, inoltre, respinse tutte le teorie riguardanti la localizzazione ventricolare e quelle secondo le quali la ghiandola pineale o il verme cerebellare regolano il flusso di spirito, dissolvendo l'ambiguità creatasi nel Medio evo.

Cartesio era molto interessato all'anatomia e alla fisiologia umana. Egli tratta largamente della ghiandola pineale, in particolar modo nel trattato De homine e nel suo ultimo libro Le passioni dell'anima.

Il punto di vista del "De homine” è puramente meccanicistico: in esso infatti Cartesio vede il corpo come nient'altro che una macchina le cui funzioni sono riducibili ai principi fisici della meccanica classica. Non a caso, le teorie cartesiane saranno tra le principali ispiratrici della dottrina medica Iatromeccanica. All'interno di questa macchina la ghiandola pineale gioca un ruolo centrale, poiché coinvolta nella percezione, immaginazione, memoria e nella causalità dei movimenti corporei.

Molte delle supposizioni anatomiche e fisiologiche base di Cartesio erano totalmente sbagliate, non solo per la nostra epoca, ma anche alla luce di ciò che era già noto al suo tempo. Innanzitutto Cartesio pensava che la ghiandola pineale fosse sospesa in mezzo ai ventricoli, mentre non lo è, come già sottolineato da Galeno; pensava che fosse piena di “spiriti animali”, trasportati da piccole arterie, mentre già Galeno confermava che a circondare la ghiandola vi fossero più vene che arterie; descrisse questi spiriti animali come un vento molto fine, o come una fiamma pura e vivace che gonfia i ventricoli, ma Massa aveva scoperto un secolo prima che i ventricoli sono pieni di liquido e non di spirito.

Le passioni dell'anima potrebbe essere visto come una continuazione del trattato Sull'uomo: molti dei temi discussi in esso riguardanti la ghiandola pineale ricorrono. Cartesio approfondisce maggiormente il concetto di anima e corpo, e il ruolo della ghiandola pineale acquista una maggiore importanza dal momento in cui essa è la sede principale dell'anima, nella quale la "res extensa" si unisce alla "res cogitans".

Negli studi scientifici sulla ghiandola pineale, vi furono piccoli progressi fino alla seconda metà del diciannovesimo secolo. Nel 1828, Magendie poté avanzare ancora la teoria che Galeno aveva liquidato. Suggerì che fosse una valvola designata ad aprire e chiudere l'acquedotto cerebrale. Verso la fine del diciannovesimo secolo, comunque, la situazione cominciò a cambiare. Innanzitutto, diversi scienziati lanciarono indipendentemente l'ipotesi che la ghiandola pineale fosse una reliquia filogenica, un vestigio di un terzo occhio dorsale. Una versione modificata di questa teoria è ancora accettata. Inoltre, gli scienziati iniziarono a supporre che la ghiandola pineale fosse una ghiandola endocrina. Questa teoria fu completamente accettata nel ventesimo secolo: infatti, grazie agli sviluppi scientifici e biochimici, attualmente si ha una conoscenza abbastanza completa delle funzioni svolte dall'epifisi e dai suoi secreti.

L'epifisi possiede un ruolo esaltato nel campo filosofico e delle dottrine esoteriche. Verso la fine del diciannovesimo secolo, Helena Petrovna Blavatsky, la fondatrice della teosofia, identificò il “terzo occhio” scoperto dagli anatomisti comparativi del suo tempo con l'”occhio di Shiva” della tradizione induista, concludendo che il corpo pineale dell'uomo moderno è una traccia atrofizzata di questo “organo della visione spirituale”.


La ghiandola pineale torna ad assumere un ruolo centrale nella filosofia di Georges Bataille, che utilizza il concetto di "occhio pineale" come riferimento a un punto cieco nella razionalità occidentale, un organo di delirio e di eccesso.

Un riferimento alla ghiandola pineale è anche sul retro della banconota da un dollaro negli Stati Uniti con quello che viene chiamato “Occhio che tutto vede”, che si riallaccia alla capacità di un individuo o di un gruppo di utilizzare questa ghiandola per andare verso il lato spirituale, e controllare i pensieri e le azioni di persone nel mondo fisico sapendo cosa stanno pensando in ogni momento nel nostro mondo fisico. Varie ricerche condotte fino ad oggi confermano che ci sono alcuni periodi nella notte, tra l’una e le quattro del mattino in cui vengono rilasciate sostanze chimiche nel cervello che provocano sentimenti di connessione alla propria fonte superiore.


L'epifisi è una piccola ghiandola endocrina situata al centro della scatola cranica, dove costituisce gran parte dell'epitalamo. Nota anche come ghiandola pineale (per via della forma che ricalca a grandi linee quella di una pigna), l'epifisi è preposta alla sintesi ed alla secrezione di un ormone, chiamato melatonina.

Dal punto di vita anatomico, l'epifisi è ricoperta da una capsula connettivale di rivestimento, costituito dallo stesso connettivo della pia madre. Internamente alla ghiandola si riconosce un parenchima costituito da due principali tipi cellulari: una fitta trama di cellule interstiziali che fanno da supporto a cellule endocrine dette pinealociti (o cellule principali), che sintetizzano melatonina.
Nonostante le piccole dimensioni (diametro di circa 8mm) ed il peso irrisorio (0,1 g), l'epifisi è ben lontana dall'essere una struttura superflua, come la si descriveva fino a pochi decenni orsono; la melatonina, infatti, è un ormone chiave nella regolazione del ciclo sonno-veglia.
La ghiandola pineale od epifisi ha anche un effetto inibitorio sull'asse ipofisi-gonadi; non a caso, se la sua asportazione o ablazione chirurgica viene effettuata in epoca pre-puberale si assiste ad una comparsa precoce della pubertà, mentre quando viene eseguita in età adulta si accompagna, specialmente nel maschio, ad ipergonadismo. Questo effetto è più marcato negli animali che presentano una stagione riproduttiva nel periodo in cui il giorno è più lungo ).
La melatonina sembra anche in grado di influenzare i livelli di leptina, GH e probabilmente quelli di molti altri ormoni, dato che oltre a regolare i ritmi circadiani (giornalieri), contribuisce a modulare anche i ritmi stagionali. Come se non bastasse, la ghiandola pineale è riccamente vascolarizzata, con un afflusso sanguigno relativo secondo soltanto a quello renale.
La melatonina esercita anche un importante effetto stimolatorio sul sistema immunitario.
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Nei mammiferi, uomo compreso, la melatonina viene prodotta dai pinealociti (cellule dell'epifisi deputate a questa sintesi) a partire dall'amminoacido triptofano, che viene convertito in serotonina, poi in acetilserotonina ed infine in melatonina. L'attività di questo enzima aumenta nelle ore notturne e diminuisce durante quelle diurne; di conseguenza, la secrezione di melatonina è stimolata dal buio ed inibita dalla luce. Studi recenti indicano che la produzione della melatonina da parte dell'epifisi cambia anche in relazione ai mutamenti del campo magnetico terrestre.
Ampio ed ancora in evoluzione è l'utilizzo terapeutico della melatonina, date le sue proprietà ipnotiche (induce il sonno), antidepressive (migliora i disturbi dell'umore), neuroprotettive ed antiossidanti (sia la melatonina che i suoi metaboliti sono in grado di neutralizzare le specie reattive dell'ossigeno e dell'azoto).
L'epifisi era un tempo considerata inutile, a causa dei numerosi punti di calcificazione riscontrati al suo interno. Oggi sappiamo che il processo di calcificazione della ghiandola inizia durante l'età puberale e prosegue nell'età adulta ed anziana, minandone a poco a poco l'efficacia.

A cavallo tra gli anni ’80 e ’90 il professor R. J. Reiter dimostra che deboli campi elettromagnetici influenzano l’attività della ghiandola pineale e la secrezione di melatonina. Nello stesso periodo il professor G. Cremer-Bartels dimostra come lo stesso campo elettromagnetico della terra influenzi la ghiandola pineale. Nel 1996, un gruppo di ricerca, che vedeva coinvolti istituti americani ed israeliani, scopre proprietà piezoelettriche nella sabbia che si sedimenta nella ghiandola. Trattasi di cristalli in grado di trasformare le vibrazioni meccaniche degli strumenti a corde in impulsi elettrici che vengono trasferiti attraverso un cavo agli amplificatori. La proprietà piezoelettrica non è altro che la capacità di trasformare delle vibrazioni in impulsi elettrici. Questa stessa capacità l’abbiamo pure noi grazie alla ghiandola pineale e alla sua sabbiolina. Eppure ancora oggi pochi sono i ricercatori che se ne curano.

I piezoelettri oltre che nella musica vengono applicati negli orologi al quarzo, nei cellulari, negli altoparlanti, nelle stampanti, nelle radio e in molte altre situazioni. Coincidenza vuole che la posizione di questa ghiandola, chiamata pure Terzo Occhio, stia proprio al centro dei nervi ottici, che sia collegata alla retina e che sia ultra-sensibile alla luce solare. Quello che emerge è che il ruolo dei campi elettromagnetici è centrale nel funzionamento del nostro organismo.

La ghiandola pineale produce anche ciò che è comunemente conosciuto come DMT, o dimetiltriptamina, sostanza che produce un profondo stato di dilatazione temporale, viaggi in luoghi extradimensionali. Ciò accade di notte durante i sogni, quando la pineale è maggiormente attiva. Apparentemente, ad oggi non si dà molta importanza al terzo occhio come in passato. Questo ha portato ad atrofizzare gradualmente tale organo ed alla perdita di valori considerati obsoleti quali la spiritualità, l’etica, l’amore per il prossimo. Perdita gravissima che si è tradotta in un vero e proprio rimbambimento delle masse.

All’interno della ghiandola pineale scorre acqua, che con il passare del tempo calcifica. Questo porta ad una atrofizzazione della ghiandola. Tale processo di calcarizzazione ed atrofizzazione viene accelerato prevalentemente a causa dell’alimentazione moderna. In particolare con l’uso dei composti di fluoro usati come additivi nelle acque, bevande, alimenti e presidi medici comuni, come dentifrici bibite gassate, acqua fluorizzata, zuccheri raffinati. Il consiglio è quindi di evitare il più possibile l’assunzione di fluoro, leggete le etichette dell’acqua in bottiglia se ancora ne fate uso, e cercate dentifrici senza fluoro. Altre fonti di fluoro sono chewing-gum, medicinali, bevande gassate, Coca cola e Pepsi, the in bottiglia o lattina, Gatorade e simili, bastoncini di pesce e di pollo, anestetici.

Alla fine degli anni ’90, uno scienziato di nome Jennifer Luca realizza il primo studio sugli effetti di fluoruro di sodio sulla ghiandola pineale. Determina che la ghiandola pineale, situata al centro del cervello, è una zona di concentrazione per fluoruro. La ghiandola pineale semplicemente assorbe più fluoro rispetto a qualsiasi altra parte fisica del corpo, anche le ossa. Questo calcifica la ghiandola e ne blocca la fondamentale funzione di bilanciare gli interi processi ormonali nel corpo.

Varie ricerche sul fluoruro di sodio hanno dimostrato che esso va ad accumularsi proprio nell’ipofisi, che di gran lunga è la ghiandola più importante e centrale nel cervello, la più protetta. Il fluoro è l’unica sostanza in grado di attaccare il centro più importante del cervello. I filtri per l’acqua che si acquistano nei supermercati non tolgono il fluoro dall’acqua. Solo la distillazione e il processo di osmosi inversa è in grado di farlo. Il modo più economico per evitare il fluoruro è quindi quello di acquistare un distillatore d’acqua. Il fluoruro di sodio è presente nel nostro approvvigionamento di acqua e cibo, ed è  letteralmente in grado di insipidire le masse. Il fluoruro è stato introdotto in acqua dai nazisti e dai russi nei loro campi di concentramento per rendere la popolazione del campo docile ed obbediente.

La ghiandola pineale si attiva e si decalcifica di notte, con l’oscurità e con il sonno. Pertanto, per riattivare tale organo atrofizzato, la cosa migliore da farsi è dormire e meditare, sviluppare le proprie percezioni, risvegliare le proprie capacità esplorative nei riguardi delle dimensioni sottili. Avere un terzo occhio aperto non vuol dire semplicemente coscienza e consapevolezza del mondo in cui viviamo. Una pineale attiva, corrisponde anche ad uno stato di salute maggiore e ad una miglior sinergia con il proprio corpo e con l’ambiente circostante.




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lunedì 23 maggio 2016

INFERTILITA' MASCHILE


In passato si riteneva che la mancanza di concepimento dipendesse soprattutto dalla donna. Gli studi condotti negli ultimi anni hanno invece dimostrato che almeno nel 50% dei casi è l’uomo ad avere una ridotta capacità riproduttiva. Ne è una testimonianza l’incremento esponenziale della richiesta di analisi seminale dalla fine degli anni ’60 ad oggi. Secondo i dati del Laboratorio di Semiologia e Immunologia della Riproduzione dell’Università La Sapienza di Roma, sono oggi quasi 5.000 le richieste annuali di analisi seminali, mentre solo alla fine degli anni ’60 non si arrivava nemmeno a 500 richieste l’anno.

Si può distinguere tra infertilità maschile primaria, quando l’uomo non ha mai fecondato alcuna donna, e infertilità maschile secondaria, quando l’uomo ha già fecondato una donna (partner attuale o precedente). In questo secondo caso, normalmente le chance di recuperare la fertilità sono maggiori rispetto all’infertilità primaria.

Stimare la percentuale di coppie infertili nel mondo e in Italia risulta particolarmente problematico, anche alla luce delle inevitabili difficoltà che comporta quantificare le nuove coppie che si formano ogni anno al di fuori del matrimonio. Secondo una stima dell’Organizzazione Mondiale della Sanità, circa il 10-20% delle coppie nei paesi industrializzati soffre di problemi di fertilità.

Per quanto riguarda in particolare l’infertilità maschile in Italia, un dato certo è che, nonostante negli ultimi anni gli uomini abbiano preso maggior coscienza del loro ruolo primario nelle difficoltà legate al concepimento, la quasi totalità (90%) non fa prevenzione e non consulta l’andrologo preventivamente, dato oltremodo allarmante tenendo conto che la maggior parte dei casi di infertilità  maschile hanno origine da patologie uro-genitali, che in diversi casi si possono prevenire o curare.

Un secondo dato preoccupante è che ben il 50% degli uomini italiani non si sottopone a visita andrologica nemmeno a seguito di una diagnosi di infertilità. Sebbene l’infertilità maschile diventi oggetto di attenzione da parte degli uomini solo nel momento in cui cercano un figlio, i problemi che potranno portare ad alterazioni riproduttive possono sorgere fin da bambini. Si stima infatti che il 50% dei giovanissimi soffra di affezioni genitali. Durante la visita di leva, oggi abolita, si scopriva che il 10-20% dei ragazzi soffre di varicocele. Intorno ai 18 anni, 1 ragazzo su 2 è a rischio infertilità.

Sono numerosi i fattori che possono influenzare negativamente, per tutto l’arco della vita di un uomo, la sua capacità riproduttiva, determinando situazioni di infertilità transitorie o definitive.

Alcune malattie a trasmissione sessuale, quali la sifilide, la gonorrea, le infezioni da Chlamydia trachomatis, Lymphogranuloma venereum e il virus HPV, possono rappresentare fattori di rischio per la fertilità. Occorre indagare durante l’anamnesi del paziente il numero di episodi, il trattamento e i mesi trascorsi dall’ultimo episodio.

Anche un’infiammazione dell’epididimo rientra tra i fattori di rischio. L’epididimo è una formazione allungata posta lungo il margine posteriore del testicolo, i cui dotti allungati servono per il deposito, il transito e la maturazione degli spermatozoi. Si deve distinguere tra epididimo-orchite (dolore acuto, grave e generalizzato) e epididimite cronica (dolore subdolo, episodico, solo talora ben localizzato e ricorrente).

L’orchite è solitamente associata alla parotite (orecchioni), ma può comparire anche in caso di infezioni virali da coxsackie o herpes e più raramente forme batteriche. La parotite prima della pubertà, così come la parotite che non determina orchite, non interferiscono con la fertilità e non sono quindi considerati veri fattori di rischio.

La dilatazione venosa associata al varicocele si associa talora all’infertilità, ma non è ancora noto il rapporto causa/effetto delle due condizioni. Rispetto all’influenza sulla fertilità del varicocele, è necessaria un’anamnesi molto approfondita del paziente.

La ritenzione testicolare monolaterale o bilaterale influenza in modo variabile la fertilità, a seconda del tipo di patologia, della sua durata nel tempo, del momento e del tipo degli interventi effettuati per correggerla. L’intervento precoce prima dei due anni è oggi ritenuto indispensabile.

Traumi e torsioni testicolari sono fattori di rischio in particolare i casi accompagnati da danno tissutale, come l’ematoma scrotale, emospermia, ematuria, atrofia testicolare conseguente al trauma. Per quanto riguarda i microtraumi, solitamente più comuni, non è nota la loro azione.

Tra i fattori che incidono sulla difficoltà di un uomo ad avere figli, oltre a quelli fisiologici, ci sono anche lo stress, i fattori ambientali (inquinamento) e gli stili di vita scorretti (abuso di alcool, fumo, uso di droghe, eccesso di caffè). Alcuni di questi fattori si presentano più frequentemente in età specifiche:

Prima del concepimento: Uso di farmaci da parte della madre
Fino ai 10 anni: Criptorchidismo, chirurgia erniaria
Fino ai 20 anni: Torsioni del funicolo (insieme di vasi e legamenti che sostengono il testicolo nella borsa scrotale), traumi, orchite postparotitica, steroidi anabolizzanti
Fino ai 30 anni: Infezioni genitali, varicocele, orchiepididimite
Fino ai 50 anni: Uso di farmaci, patologie professionali, abusi di alcol e fumo
Dopo i 50 anni: Patologie prostatiche, infezioni urinarie.

Una prima distinzione può essere fatta tra cause ostruttive, nel caso il paziente sia incapace di far uscire gli spermatozoi durante l'eiaculazione, e non ostruttive, nel caso si registri l'effettiva incapacità di produrre un numero sufficiente di spermatozoi od una qualità spermatica idonea alla fecondazione.

In condizioni normali, un millilitro di sperma contiene tra i 60 ed i 120 milioni di spermatozoi (l'eiaculato medio ha un volume di 3 ml). Questi numeri, apparentemente esorbitanti, sono essenziali per garantire la fecondazione della cellula uovo femminile. Basti pensare che dei milioni di spermatozoi presenti nello sperma e riversati in vagina, solo un centinaio riesce a raggiungere l'ovocita. Dopo questo incontro, per riuscire a penetrare al suo interno, gli spermatozoi devono rilasciare una serie di enzimi capaci di distruggerne i rivestimenti esterni (tra cui la zona pellucida); solamente il primo di loro che riuscirà ad aprirsi una breccia avrà l'onore di fecondare l'uovo.



Un ridotto numero di spermatozoi nell'eiaculato, inferiore ai 40 milioni per ml, viene indicato con il termine medico oligospermia. In questo caso le probabilità di fecondazione sono tanto minori quanto più basso è il numero di spermatozoi prodotto.
Tra le cause di oligospermia ricordiamo l'abuso di alcol e di sostanze stupefacenti, l'assunzione di alcuni farmaci, le infezioni delle vie genitali, alcune malattie sistemiche, diverse disfunzioni ormonali e l'esposizione a condizioni ambientali sfavorevoli (radiazioni, inquinanti industriali, eccessiva esposizione dei testicoli al calore). Una causa comune di oligospermia è rappresentata dal varicocele, cioè dallo sviluppo di vene varicose in prossimità dei testicoli.
Più che di sterilità, l'oligospermia è considerata causa di fertilità ridotta (ipofertilità). La terapia farmacologica si basa pertanto sulla somministrazione di ormoni capaci di stimolare la spermatogenesi.
In alcuni uomini il numero di spermatozoi nell'eiaculato risulta addirittura pari a zero (azoospermia); in questo caso si comprende facilmente come la sterilità sia totale e spesso irreversibile. E' il caso, ad esempio, del criptorchidismo, vale a dire della mancata discesa dei testicoli nella sacca scrotale all'epoca dello sviluppo. Si riconoscono anche cause di natura traumatica (particolarmente pericolosi i danni subiti nei primi anni di vita), genetica, infettiva (perlopiù malattie a trasmissione sessuale - come gonorrea, clamidie, sifilide e micoplasmi - parotite severa contratta in età adulta o malattie sistemiche come la tubercolosi), endocrina (ridotta sintesi di ormoni coinvolti nella spermatogenesi) e iatrogena (derivante, cioè, dall'utilizzo di determinati farmaci).

L’infertilità maschile è dovuta a tre cause principali:
Problemi legati agli spermatozoi o al liquido seminale
Problemi o anomalie strutturali
Anomalie ormonali.
Come per le donne, a volte non si riesce a rilevare alcuna causa specifica di infertilità.
Per fecondare l’ovocita, gli spermatozoi e lo stesso liquido seminale devono rispondere a certi criteri. Pertanto, lo spermatozoo deve possedere le seguenti caratteristiche:
una buona motilità – la capacità di sospingersi in avanti con forza
la giusta morfologia (forma) per poter penetrare la cervice superando il muco cervicale
la capacità di penetrare all’interno dell’ovulo (capacitazione).
Inoltre, deve essere disponibile sperma sufficiente a rendere possibile la fecondazione. Un uomo sarà considerato infertile (o subfertile) se è incapace di produrre liquido seminale (aspermia) oppure se questo non contiene spermatozoi (azoospermia) o se ne contiene un numero ridotto (oligospermia), oppure ancora se gli spermatozoi sono di scarsa qualità o di forma o dimensione anomala. Negli uomini subfertili o infertili coesiste spesso una combinazione di:
Bassa conta degli spermatozoi (oligospermia)
Motilità ridotta (astenospermia)
Forma anomala (teratospermia) – una condizione nota come oligo-asteno-teratospermia (OATS).

L'azoospermia è la completa assenza di spermatozoi e produce sterilità. Può essere provocata da:
Insufficienza testicolare primaria
Ostruzione duttale
Esposizione a radiazioni o a tossine ambientali
Vasectomia.

Anomalie cromosomiche come la sindrome di Klinefelter, in cui le cellule corporee contengono tutte un cromosoma X aggiuntivo – ossia XXY invece del normale XY maschile; la perdita di alcuni geni dal cromosoma Y; l’assenza di entrambe i vasi deferenti, una condizione ereditaria nota come assenza bilaterale congenita dei vasi deferenti.

La fertilità è fortemente ridotta se la conta spermatica è inferiore a 20 milioni di spermatozoi per ml di liquido seminale; l’infertilità è probabile se la conta spermatica è inferiore a 5 milioni per ml.

L'astenospermia è la condizione di ridotta motilità spermatica. La fertilità richiede una motilità nella norma in almeno il 50% degli spermatozoi; se meno del 20% sono mobili, l’uomo è probabilmente infertile.
Perché vi sia fertilità, almeno il 40% degli spermatozoi deve avere una forma corretta.

Se 5 o più milioni di spermatozoi sono immaturi, ossia ancora allo stadio di spermatidi, la fertilità maschile sarà ridotta. Questi sono visibili come cellule dalla forma tondeggiante invece che dalla normale sagoma a “girino” che contraddistingue la cellula matura. Un’altra causa di infertilità è data da una scarsa attività degli enzimi contenuti nel cappuccio acrosomiale, che impedisce agli spermatozoi di penetrare la zona pellucida (la “scorza”) dell’ovulo.
Infine, se lo spermatozoo entra in diretto contatto con il sangue, può provocare risposta autoimmune nell’uomo, oppure immune nella partner (facendo sì che nella donna si sviluppino anticorpi contro gli spermatozoi di quel partner).

Il volume del liquido seminale normale emesso al momento dell’eiaculazione dovrebbe essere di almeno 2 ml. Se viene eiaculato meno di 1 ml, potrebbe essere troppo scarso per consentire allo sperma di entrare in contatto con la cervice. Un’eiaculazione superiore a 7 ml potrebbe invece diluire eccessivamente lo sperma, facendo sì che solo pochi spermatozoi raggiungano la cervice.

Il liquido seminale di solito si liquefa entro 30 minuti dall’eiaculazione. Se resta troppo denso, gli spermatozoi possono non riuscire a liberarsi per attraversare la cervice.

Il liquido seminale nella norma dovrebbe essere neutro o leggermente alcalino (pH 7,2–8,0). Un pH che non rientri in questi parametri potrebbe essere indicativo di una qualche anomalia.

L’eiaculazione retrograda è un disturbo che colpisce meno dell’1 per cento degli uomini, che raggiungono l’orgasmo durante il rapporto sessuale, ma i muscoli che controllano l’eiaculazione non agiscono in modo coordinato, facendo sì che l’eiaculato ritorni nella vescica anziché essere rilasciato in avanti nella vagina.

Come per le donne, i disturbi ormonali nell’uomo possono far insorgere problemi nella fertilità della coppia. Le anomalie della secrezione degli ormoni ipotalamici o ipofisari sono cause rare di infertilità maschile.
Le malattie della tiroide e l’iperprolattinemia (aumento della concentrazione di prolattina nel sangue) possono talora causare infertilità nell’uomo. Alti livelli di prolattina riducono la secrezione del testosterone.









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venerdì 20 maggio 2016

LA DIVERTICOLITE



La malattia è stata notata nei primi anni del 900 negli Stati Uniti, nel momento in cui determinati alimenti venivano introdotti nella dieta americana, riducendo notevolmente l’assunzione di fibra da parte della popolazione americana.
La malattia diverticolare è comune nei paesi industrializzati e, in particolare, gli Stati Uniti, Inghilterra e in Australia dove vigono diete a basso apporto di fibra. La malattia è invece rara in Asia e in Africa, dove la maggior parte delle persone assumono diete ad alto apporto di fibra.

La fibra si trova nella frutta, nella verdura e in cereali non raffinati (integrali) che il corpo non è in grado di digerire completamente. Alcune fibre, chiamate fibre solubili, si sciolgono facilmente in acqua creando un materiale soffice e gelatinoso nell’intestino, mentre la fibra insolubile passa quasi immutata attraverso gli intestini. Entrambi i tipi di fibra aiutano a prevenire la costipazione con feci morbide e facili da espellere.

La stipsi si manifesta obbligando a notevoli sforzi per defecare, lo sforzo può causare un aumento della pressione nel colon che a sua volta può causare il rigonfiamento del rivestimento del colon attraverso punti deboli nella parete del colon. Queste tasche sono i diverticoli.

La mancanza di esercizio fisico può aumentare il rischio di formazione di diverticoli, anche se questo aspetto non è ancora stato considerato determinante.

La condizione in cui si rilevano diverticoli prende il nome di diverticolosi: circa il 10 per cento della popolazione di età superiore ai 40 anni ha la diverticolosi e la percentuale cresce all’aumentare dell’età considerata; circa la metà di tutte le persone di età superiore a 60 anni ha la diverticolite.

I diverticoli sono più comuni nella parte inferiore dell’intestino crasso (o colon), chiamato colon sigmoideo (sigma); quando i diverticoli si infiammano subentra la diverticolite. Dal 10% al 25% delle persone con diverticolosi manifestano sintomi di diverticolite.

Anche se non provata, la teoria dominante è che una dieta a basso apporto di fibre sia la causa della malattia diverticolare.

La diverticolite può essere accompagnata da sintomi come dolore addominale, nausea, febbre, vomito e diarrea, correlati nelle analisi del sangue da alti valori di proteina C reattiva. Se la febbre è alta intermittente e associata a brividi, ha le caratteristiche di una febbre settica, e probabilmente è settica l'origine della diverticolite.

Lo sviluppo di diverticoli del colon viene ritenuto essere il risultato dell'aumento della pressione intraluminale del colon. Il sigma ha il diametro più grande di qualsiasi porzione del colon e quindi è la porzione in cui si ha la massima pressione intraluminale. L'affermazione che la mancanza di fibra alimentare, in particolare la fibra non solubile (nota come "crusca") predispone gli individui alla malattia diverticolare, è stata a lungo accettata nella letteratura medica. Tuttavia, uno studio svolto per verificare la teoria ha trovato che "una dieta ricca di fibre e la maggiore frequenza dei movimenti intestinali sono associati ad una maggiore, piuttosto che minore, prevalenza di diverticolosi".

Gli alimenti come semi, noci e mais sono stati, in passato, ritenuti da molti professionisti sanitari complici di un possibile aggravamento della diverticolite. Tuttavia, studi recenti non hanno trovato alcuna prova che suggerisca di evitare noci e semi per prevenire la progressione della diverticolosi verso la diverticolite acuta.

Le persone che presentano i sintomi della diverticolite, vengono comunemente studiati tramite tomografia computerizzata (TC). La scansione TC è molto precisa (98%) nella diagnosi di diverticolite. Per estrarre il maggior numero di informazioni possibili sulle condizioni del paziente, vengono effettuate sezioni sottili (5 mm) in piani assiali dell'addome e pelvi dopo che al paziente è stato somministrato mezzo di contrasto intravascolare. Le immagini possono rivelare ispessimento localizzato e iperemia (aumento del flusso sanguigno) che coinvolgono un segmento della parete del colon, con alterazioni infiammatorie che si estendono nei tessuti adiposi che circondano il colon. La diagnosi di diverticolite acuta viene fatta con sicurezza quando il segmento coinvolto contiene diverticoli. La TC può anche identificare i pazienti con complicanze, come la presenza di un ascesso. Con la TC si può anche eseguire un drenaggio radiologicamente guidato di un ascesso, risparmiando al paziente un intervento chirurgico.



Altre indagini diagnostiche, come il clisma opaco e la colonscopia, sono controindicate nella fase acuta della diverticolite a causa del rischio di perforazione.

La diagnosi differenziale comprende il cancro al colon, la malattia infiammatoria intestinale, la colite ischemica e la sindrome dell'intestino irritabile, nonché un certo numero di patologie urologiche e ginecologiche. Alcuni pazienti riferiscono sanguinamento al retto.

La maggior parte dei casi di semplice diverticolite, la malattia risponde alla terapia conservativa con il riposo intestinale e agli antibiotici. La terapia medica consiste nella somministrazione prolungata di un antibiotico associato ad un antispastico. Gli antibiotici più recenti in uso agiscono ad ampio raggio, contro un elevato numero dei circa 250 principali ceppi batterici noti in letteratura scientifica, per cui non si rende necessario un esame dell'intestino e delle feci per identificare il batterio e un antibiotico mirato. Meno consigliato è l'uso di FANS e corticosteroidi che possono facilitare una perforazione in prossimità del diverticolo. Nei casi più complicati, come ad esempio peritonite, ascessi, fistole, può essere necessario un intervento di resezione d'urgenza della sede interessata, con o senza anastomosi.

I malati possono essere sottoposti a una dieta a basso residuo. Questa dieta povera di fibre dà al colon tempo sufficiente per guarire senza essere sottoposto a troppi carichi di lavoro. Successivamente, i pazienti vengono indirizzati ad una dieta ricca di fibre.

L'intervento chirurgico per la diverticolite può essere a carattere elettivo o essere una scelta d'emergenza. L'intervento chirurgico deve essere eseguito a seconda di fattori esterni quali lo stadio della malattia, l'età del paziente e la sua condizione medica generale, come pure la gravità e la frequenza degli attacchi o se i sintomi persistono dopo un primo episodio acuto. Nella maggior parte dei casi, la decisione di effettuare l'intervento chirurgico viene presa quando i rischi della chirurgia sono inferiori a quelli risultanti dalle complicanze della condizione. La chirurgia elettiva può essere eseguita almeno sei settimane dopo la guarigione dalla diverticolite acuta.

La chirurgia di emergenza diviene necessaria per le persone il cui intestino presenta delle perforazioni. La perforazione intestinale comporta sempre un'infezione della cavità addominale. Durante l'intervento chirurgico di diverticolite, la sezione di perforazione viene rimossa e viene eseguita una colostomia. Ciò significa che il chirurgo crea un'apertura (stomia) tra l'intestino crasso e la superficie della pelle. La colostomia viene chiusa in circa 10 o 12 settimane, in un intervento chirurgico successivo, in cui le estremità tagliate dell'intestino si ricongiungono.

Il primo approccio chirurgico consiste nella resezione e nella anastomosi primaria. Questa prima fase di intervento viene eseguita su pazienti con buona vascolarizzazione e privi di tensioni intestinali. Il margine prossimale deve essere una zona del colon flessibile e senza ipertrofia o infiammazione. Il margine distale dovrebbe estendersi al terzo superiore del retto dove terminano le Taenia coli. Non tutti i diverticoli del colon devono essere rimossi, in quanto i diverticoli prossimali del colon discendente e del sigma difficilmente causano altri sintomi.

L'intervento chirurgico per diverticolite può essere fatto in due modi: attraverso una resezione intestinale primaria o attraverso una resezione intestinale con colostomia. Entrambe le resezioni intestinali possono essere eseguite in modo tradizionale o con la chirurgia laparoscopica. La resezione intestinale tradizionale è realizzata con un approccio chirurgico a cielo aperto, chiamato colectomia. Durante una colectomia, il paziente viene posto sotto anestesia generale. Il chirurgo farà un'incisione nella linea mediana inferiore dell'addome o una incisione trasversale inferiore. La sezione malata del crasso viene rimossa e successivamente le due estremità sane saranno cucite. Una colostomia implica la creazione di una temporanea apertura del colon sulla superficie della pelle dove sarà posto un sacchetto rimovibile per la raccolta delle feci.

Tuttavia, la maggior parte dei chirurghi preferisce l'intervento in laparoscopia, poiché il dolore è ridotto e il recupero del paziente è più veloce. La chirurgia laparoscopica è una procedura minimamente invasiva in cui vengono eseguite tre o quattro piccole incisioni nell'addome.

Il sanguinamento rettale provocato dai diverticoli è una complicazione rara, si ritiene che sia causato da un piccolo vaso sanguigno in un diverticolo che si indebolisce fino a scoppiare.  Quando i diverticoli sanguinano il paziente lo vede di norma nelle feci e nei sanitari in seguito a defecazione; il sanguinamento può essere abbondante e, nonostante si risolva spontaneamente senza richiedere trattamento, si consiglia comunque di valutare l’accaduto con il proprio medico. Spesso la colonscopia viene utilizzata per identificare il sito di sanguinamento e arrestare l’emorragia che non si cicatrizza spontaneamente. Se nonostante tutto l’emorragia non si ferma può essere necessario un intervento chirurgico per rimuovere le zone del colon coinvolte.

La diverticolite può essere causa d’infezione, che scompare dopo pochi giorni di trattamento con antibiotici. Se l’infezione peggiora si può formare un ascesso nella parete del colon, ossia  una raccolta di pus localizzato che può provocare gonfiore ed arrivare a distruggere il tessuto: se l’ascesso è piccolo e resta nella parete del colon in seguito a trattamento con antibiotici tende a scomparire, se non scompare può essere necessario drenare la zona con un catetere e un piccolo tubo immessi nell’ascesso attraverso la pelle. Questo trattamento richiede sedazione del paziente.

I diverticoli infetti possono sviluppare delle perforazioni, a volte con fuoriuscita di pus dal colon causa di un grande ascesso nella cavità addominale, situazione che viene chiamata peritonite. Una persona con la peritonite è estremamente debilitata e accusa nausea, vomito, febbre, grave flaccidità addominale. La situazione richiede un immediato intervento chirurgico per pulire la cavità addominale e rimuovere la parte danneggiata del colon. Senza trattamento, la peritonite può essere fatale.

Una fistola è una connessione anomala del tessuto tra due organi o tra un organo e la pelle. Quando i tessuti danneggiati entrano in contatto gli uni con gli altri durante l’infezione, alcune volte si ammalano ed il processo di successiva riparazione può formare una fistola. Quando la diverticolite è relazionata ad un’infezione, l’infezione si diffonde al di fuori del colon con la possibilità di infettare i tessuti vicini, di solito vescica, piccolo intestino e la pelle. Il tipo più comune di fistola si verifica tra la vescica e colon, questo tipo di fistola colpisce più spesso gli uomini rispetto alle donne e può trasformarsi in una grave infezione di lunga durata del tratto urinario. Il problema può essere risolto con un intervento chirurgico per rimuovere la fistola e la parte interessata del colon.

Le cicatrici causate da infezione possono portare ad un parziale o totale blocco intestinale chiamato ostruzione intestinale. Quando l’intestino è bloccato il colon non è più in grado di spostare il contenuto intestinale normalmente. Se l’intestino è completamente bloccato è necessario un intervento chirurgico di emergenza, mentre il blocco parziale non richiede di norma chirurgia.


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lunedì 16 maggio 2016

INIEZIONE LETALE



L'iniezione letale è uno strumento per l'esecuzione delle condanne a morte, utilizzato in vari stati moderni (tra cui gli Stati Uniti d'America) per eseguire la condanna capitale inflitta dalla giuria e formalizzata dal giudice al condannato. Fu introdotta per la prima volta negli stati statunitensi dell'Oklahoma e del Texas, e in quest'ultimo avvenne la prima esecuzione, nel 1982.

Dal 1996 l'iniezione letale è entrata anche nella costituzione della Repubblica Popolare Cinese e nel 1998 se ne è avuto il primo utilizzo: in questi due anni alcuni ricercatori cinesi hanno studiato il metodo più efficace per eseguirla e oggi molte delle condanne capitali sentenziate in Cina avvengono con questo sistema.

Tale metodo è adottato anche dal Guatemala e da Taiwan.

La procedura ed il metodo di esecuzione adottati negli ultimi anni assomigliano alla tecnica per realizzare un'anestesia generale. Al condannato vengono iniettate in sequenza tre differenti sostanze: prima una dose molto elevata di pentothal o pentobarbital (barbiturici molto potenti), seguita da una sostanza che rilassa i muscoli (derivata del curaro, generalmente il pancuronio, nome commerciale Pavulon) che paralizza il diaframma (in modo tale da impedire ai polmoni ogni movimento) e infine cloruro di potassio, che provoca l'arresto cardiaco. Al termine della procedura, il cuore può continuare a battere per un periodo che può variare dai 6 ai 15 minuti, dato che il condannato è dapprima messo in uno stato di incoscienza e poi viene ucciso lentamente prima per paralisi respiratoria e successivamente per paralisi cardiaca.

L'Ohio ha introdotto l'uso di un nuovo cocktail (pentothal per via endovenosa, midazolam e idromorfone in via intramuscolare), adottato poi da altri Stati, come la Florida. Nel Texas è invece ancora usato il vecchio protocollo. In seguito alla carenza di penthotal (dovuto al rifiuto delle aziende europee produttrici di fornirlo per questo utilizzo, e l'unica azienda statunitense ha smesso di produrlo) è stato adottato il pentobarbithal, usato anche per l'eutanasia animale. Nel 2014 è stato sperimentato il cocktail con solo midazolam e idromorfone per via endovenosa, che ha provocato problemi alla procedura e molta sofferenza al condannato.

Per questo la corte d'appello della California, seguita da altri Stati, ha decretato un divieto temporaneo di esecuzione, fino a che non ci si fosse accordati sulla nuova miscela da usare.

Alcuni esperti sostengono che l'iniezione letale sia "la più umana tra le condanne a morte", considerando che il periodo di sofferenza del condannato è ridotto al minimo. Spesso però non tutto va per il meglio: l'introduzione prolungata di droga per via endovenosa nei confronti del prigioniero può comportare la necessità di andare alla ricerca di una vena più profonda per via chirurgica; inoltre se il prigioniero entra in stato di shock e tende ad agitarsi il veleno può toccare un'arteria o una parte di tessuto muscolare e provocare dolore.

Altre complicazioni possono sorgere se le componenti letali non sono ben dosate o non si combinano tra loro nel tempo previsto: in questo caso la miscela si può inspessire, e ostruire le vene, rallentando il processo e causando un dolore immane al condannato. Anche l'anestetico deve compiere il proprio "lavoro" in fretta, o il prigioniero corre il rischio di essere ancora cosciente mentre soffoca o mentre i suoi polmoni si paralizzano. La dose letale di barbiturici viene ritenuta poco efficiente perché allunga i tempi (è usata principalmente nell'eutanasia umana e nel suicidio assistito), per cui vengono aggiunti altri veleni.

Una particolare attenzione è rivolta a coloro che devono eseguire l'iniezione letale. I giuristi americani si sono posti la domanda "Chi potrebbe sopportare il peso di aver ucciso qualcuno nonostante gli sia conferita questa competenza dall'ordinamento giuridico?" Gli Stati Uniti hanno risolto in modo molto pratico la questione. Durante il procedimento di esecuzione tre boia sceglieranno una delle tre siringhe, ma solo una ha un contenuto letale. La pratica richiama quella in cui, nelle fucilazioni, uno o più membri del plotone ha il fucile a salve, e nessuno è certo che il colpo letale sia partito dal proprio fucile.




Tristemente celebre è l’esecuzione di Clayton Darrell Lockett, il 29 aprile 2014. Lockett, cui fu somministrato proprio il midazolam, cominciò a dimenarsi, urlare, parlare. A un certo punto, in preda alle convulsioni, cercò anche di alzarsi e liberarsi dai lacci che lo tenevano fissato al tavolo dell’esecuzione. Fu dichiarato morto 43 minuti dopo l’iniezione. Il suo caso non è isolato. In Ohio e in Arizona altri condannati hanno avuto convulsioni e si sono pesantemente lamentati prima di morire.

I testimoni dietro il vetro vedono un uomo o una donna immobili, apparentemente privi di coscienza, con espressione serena. Quello che non vedono è il grido muto sotto la pelle.
Anestesisti e veterinari, chiamati ogni giorni a trovare tecniche per "mettere a dormire" animali, come si dice pudicamente, hanno studiato per conto del tribunale il "cocktail" che in 31 Stati viene iniettato per uccidere e la conclusione eloquente, secondo il New York Times che ha condotto l´inchiesta, è questa: l´Ordine americano dei Veterinari ha già proibito l´impiego del "bromuro di curaro" sugli animali. Il Tennessee ha messo fuorilegge dal 2001 l´uso del "Pavulon", del liquido iniettato per mascherare il tormento provocato dagli altri due, il "sodio thiopental", un barbiturico chirurgico ad azione rapidissima che induce il sonno e il "cloruro di potassio", che blocca il cuore e completa il lavoro del boia.
Basterebbe largamente il cloruro di potassio per fare il lavoro, ma i dolori sarebbero spaventosi, lo spettacolo sgradevole per i pubblico. La fine sarebbe inguardabile e la sensibilità dell´elettorato forcaiolo potrebbe esserne scossa, come lo fu quando un condannato sulla sedia elettrica in Florida, Jesse Tafero, impiegò 24 minuti per morire, vomitando fiamme dalla testa.

E dunque i detenuti in attesa della chiamata possono soltanto sperare che su di loro la triplice iniezione abbia effetti rapidi e non provochi reazioni di shock, che a loro sia risparmiato il calvario che la ricerca medica, condotta dalla facoltà della Yale University, da un anestesista della Columbia University e dalla professoressa Deborah Denno, della Fordham University, ha scoperto.
«L´uso del curaro per paralizzare i muscoli è inutile e può essere di una crudeltà demenziale» ha concluso il dr. Mark Heat, della Columbia, «la sola giustificazione per il suo impiego è quella di risparmiare ai testimoni dell´esecuzione lo spettacolo rivoltante della morte». L´inventore del metodo dell´iniezione, il dottor Staney Deutsch, continua a difendere la propria formula e a sostenere che «la morte per iniezione triplice è un sistema rapido e piacevole per far perdere conoscenza al condannato», ma l´inchiesta provocata dal ricorso del signor Rahman ha detto ben altro.
Ha raccontato la storia di come morì Raymond Landry in Texas, nel 1988, quando il boia dovette frugargli dentro per 45 minuti con l´ago schizzando liquido ovunque e provocando soltanto una paralisi parziale, perché le sue vene erano state rese troppo fragili da anni di aghi ipodermici per la droga.
Ha ricordato la fine di Steve McCoy, sempre in Texas, che ebbe una reazione talmente violenta al "Pavulon" che riuscì a divincolarsi dalle cinghie di gomma, rovesciando la barella. Tre testimoni svennero per l´orrore. 



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domenica 8 maggio 2016

INSONNIA



L'insonnia è un disturbo del sonno caratterizzato dall'incapacità di dormire nonostante l'organismo ne avesse il reale bisogno fisiologico. Il tutto associato a un cattivo funzionamento durante il giorno, con sintomi quali stanchezza, irritabilità, difficoltà di concentrazione, difficoltà di memorizzazione e una marcata perdita di interesse nello svolgimento delle attività quotidiane; con un conseguente impatto psicologico.

Coloro che soffrono di insonnia lamentano di non essere in grado di prendere sonno, o solo per pochi minuti, agitandosi nel letto durante la notte. Se l'insonnia dovesse prolungarsi per più di alcune notti di seguito può divenire "cronica" e causare un debito di sonno che è estremamente nocivo per la salute dell'insonne.

L'insonnia altera il naturale ciclo del sonno, che può risultare difficile da restaurare. Alcuni insonni cercano di dormire nel pomeriggio o durante la sera, con il risultato di ritrovarsi molto vigili all'ora di dormire, aggravando l'insonnia. Spesso, inconsapevolmente, si spinge il corpo fino al limite, al punto tale che la privazione del sonno provochi gravi problemi fisici e mentali.

Sotto il profilo sintomatico, è possibile distinguere tre tipi di insonnia: "insonnia iniziale", "insonnia intermittente o lacunare", "insonnia terminale".

Sotto il profilo diagnostico, l'insonnia può essere classificata come transiente, acuta o cronica.

L'insonnia transiente dura meno di una settimana, e può essere causata da altri disordini, cambi di ambiente, depressione o stress. Le sue conseguenze - sonnolenza e ridotte abilità psicomotorie - sono simili a quella della semplice privazione del sonno;
l'insonnia acuta è l'impossibilità di dormire in modo soddisfacente per meno di un mese;
l'insonnia cronica dura più di un mese, e può essere disordine primario o causato da altre patologie. I suoi effetti dipendono dalle cause che la inducono, e possono includere affaticamento muscolare, allucinazioni, affaticamento mentale e doppia visione.
Con la forma ostruttiva dell'apnea durante il sonno alcuni muscoli dell'apparato respiratorio perdono il loro tono e collassano. I malati di Sindrome delle apnee ostruttive nel sonno (OSAS) spesso non ricordano quanto avviene, ma lamentano un'eccessiva sonnolenza diurna. L'apnea centrale avviene quando il sistema nervoso centrale interrompe lo stimolo a respirare, allora l'individuo è costretto a svegliarsi per ricominciare a respirare.

Questa forma di apnea è spesso collegata a condizioni cerebrovascolari, collasso cardio-circolatorio e invecchiamento precoce. L'apnea notturna a lungo andare può danneggiare il cervello che, trovandosi spesso senza ossigeno, si trova a dover affrontare la morte per asfissia delle cellule cerebrali: nonostante non sia una patologia di estremo pericolo, questo disturbo va affrontato con il parere del medico, che deve monitorare tramite appositi strumenti, il livello di ossigenazione del sangue del paziente affetto da questa sindrome, onde scongiurare eventuali peggioramenti.

Sindrome della gamba irrequieta e Movimenti periodici dell'arto - I sintomi di RLS e PLM sono spesso descritti come un formicolìo o un brivido avvertito alle gambe che creano un forte necessità di muoverle. L'individuo si muove continuamente nel letto nel tentativo di alleviare questa sgradita sensazione, causando veglia e di conseguenza mancanza di sonno. Fortunatamente le terapie per questi disordini sono efficaci in oltre il 90% dei casi. È un disturbo psichiatrico che va trattato.

Phase Shift Disorder avviene quando l'orologio biologico di una persona non obbedisce al normale ciclo del sonno notturno e veglia diurna. Spesso avviene in soggetti che effettuano regolarmente viaggi lungo diversi fusi orari, poiché il sorgere e tramontare del sole non coincide più col concetto interiore del soggetto, ed è riscontrabile in soggetti che lavorano essenzialmente di notte.
La parasonnia include un numero di disordini di sveglia improvvisa che includono incubi, sonnambulismo, comportamento violento durante il sonno e disturbi della fase R.E.M., nel quale una persona muove il proprio corpo per assecondare ciò che sta sognando. Queste condizioni, eccetto il sonnambulismo, possono essere curate con successo attraverso interventi medici o di uno specialista del sonno.
Disturbo psicosomatico per eccellenza è la meteoropatia, che si manifesta sia con la depressione che con l'ansia. Pare legato alla concentrazione di ioni negativi e positivi nell'atmosfera, specialmente prima di un temporale. I soggetti che riescono ad avvertire tale cambiamento di concentrazione atmosferica di cariche elettriche si sottostima siano almeno il 20 % della popolazione (1 uomo su 5). Alternativamente potrebbe dipendere da una variazione di pressione atmosferica. Oppure potrebbe essere una combinazione delle cause già citate. Esistono aree dell'ipotalamo, del mesencefalo, dell'ippocampo e del sistema limbico sensibili sia ai campi magnetici, che ai campi elettrici, nonché alla pressione atmosferica. Geneticamente, alcuni soggetti possono aver un numero di questi neuroni maggiore, oppure più ricco di connessioni sinaptiche, tali da rendere l'intero sistema nervoso autonomo maggiormente sensibile alle variazioni atmosferiche.

Il sintomo tipico di chi non sopporta il cambio di stagione autunnale è quello di svegliarsi con un senso di stanchezza e incapacità ad affrontare la giornata. Nel dettaglio, generalmente, i meteoropatici soffrono di una specie di sonnolenza e di torpore dai caratteri simili ad una narcosi improvvise quando il tempo atmosferico volge al peggioramento (bassa pressione). Viceversa, tendono all'ipereccitabilità ed all'insonnia quando il tempo atmosferico volge al miglioramento (alta pressione). L'influenza del tempo atmosferico sulle cellule nervose ed i suoi neurotrasmettitori potrebbe quindi essere intesa come stimolo esterno dato da temperatura, umidità, pressione, luce, ecc; che in un certo modo influenzano il metabolismo dei neurotrasmettitori. Lo sbilanciamento di queste sostanze chimiche è anche alla base dei sintomi legati al momento depressivo, quali mal di testa, fatica ed insonnia, per citare i più comuni.

L'apnea notturna può essere causa di insonnia. Una visita medica aiuterà nella diagnosi o cura dell'apnea notturna, una risposta definitiva si può ottenere da un esame presso i laboratori del sonno.
Allergie latenti, quale quella ai latticini, possono produrre disturbi del sonno. Altri sintomi possono essere molto leggeri come il naso chiuso. Un nutrizionista può creare una dieta adatta insieme ad ulteriori consigli.
Chi soffre di insonnia dovrebbe evitare del tutto il consumo di caffeina. Essa è spesso causa di insonnia, a causa degli effetti eccitanti sul sistema nervoso periferico, nonché di quelli sul sistema cardiocircolatorio. La caffeina è presente in tè, caffè, yerba mate (Ilex paraguariensis), guaranà, cacao, noce di cola (quindi tutte le bevande a base di cola come Pepsi Cola, Coca-Cola, Virgin Cola ecc.) ed infine è presente perlopiù come sostanza aggiunta nei cosiddetti energy-drink, nelle barrette di cioccolato ed altri dolciumi.

Molto spesso l'insonnia è causata semplicemente da rumori notturni che impediscono al soggetto di prendere sonno, e se non si provvede in tempo a rimediare, l'insonnia potrebbe cronicizzarsi, causando tutti gli effetti negativi della privazione di sonno.

Altre forme di insonnia possono invece essere legate a patologie psicologiche (l'insonnia è caratteristica nelle persone affette da disturbo bipolare o psiconevrosi depressiva) oppure fisiche. L'insonnia può difatti essere un sintomo di iper-tiroidismo, e colpisce talvolta chi ha nevralgie, chi soffre di dolori artritici, i soggetti asmatici, i sofferenti di cuore, i soggetti con disturbi gastrici. Nei neonati si associa ai disturbi digestivi, nei bambini talvolta ai vermi intestinali e negli anziani ad una iniziale arteriosclerosi cerebrale.

Inoltre una rara condizione genetica causata da un prione conduce ad una forma mortale di insonnia chiamata insonnia familiare fatale. Tale sindrome è simile al morbo di Creutzfeldt-Jakob, cioè alla malattia indotta dall'ingestione di carni di bovini affetti dal morbo della mucca pazza.

Sebbene non esiste una soluzione univoca per l'insonnia, esiste un grande numero di possibili rimedi, alcuni dei quali derivanti da tradizioni popolari antiche, altri frutto delle moderne ricerche farmacologiche o psichiatriche.

Alcuni rimedi tradizionali per l'insonnia includono delle semplici norme di "igiene del sonno" quali:

Dal punto di vista psicologico, è necessario considerare la notte come un periodo di riposo, dove la giornata finisce. In molti insonni questa concezione viene meno, e la notte è vista come un momento negativo, e questo aggrava il problema iniziale, causando l'innescarsi di un circolo vizioso pericoloso per la salute dell' insonne.
Mantenere un orario regolare del ciclo sonno-veglia: svegliarsi presto al mattino, evitando di dormire durante il giorno ed andare a letto in un orario consono e regolare, evitando attività stimolanti nelle ore serali.



Fare esercizio fisico durante il giorno, eccetto nelle ore serali.
Mangiare regolarmente a pranzo ma fare una cena leggera tre ore prima di addormentarsi.
Rilassarsi prima di andare a dormire, per esempio con un bagno caldo.
Assicurarsi che l'ambiente in cui si dorme sia idoneo al riposo. Alcune persone sono molto sensibili alla luce, altre ai rumori. La camera da letto dovrebbe essere al buio e silenziosa, e ben aerata.
Non usare il letto per altre attività oltre al sonno. Ad esempio scrivere o guardare la televisione al letto durante il giorno diminuiscono l'associazione letto-sonno. Paradossalmente leggere un libro la sera appena coricati, prepara la mente al giusto equilibrio che concilia il sonno.
Evitare di guardare le sveglie, eventualmente coprendone il display. Ciò evita calcoli mentali sulla quantità di sonno perduta sino a quel momento e sulla quantità di sonno rimasta prima del suono della sveglia. Accettare che la quantità di sonno può essere ottenuta solo dormendo e non mentre si aspetta di dormire può essere benefico.
Evitare l'utilizzo di dispositivi elettronici nelle ore precedenti al sonno poiché la luce blu da questi emessi inibisce la produzione di melatonina, un fondamentale regolatore del sonno.

In soggetti che soffrono di insonnia non correlabile ad alcun disturbo organico o neurologico specifico, la mancanza di sonno è sintomo di un problema emotivo non trattato: se una persona è infelice del proprio stile di vita, o sta rimandando problemi la cui soluzione è inderogabile, ciò può determinare disturbi del sonno. Alcuni soggetti vedono l'insonnia scomparire grazie a semplici attività sociali, altri trovano un trattamento valido nella psicoterapia, andando ad affrontare quelle cause di stress, ansia o depressione che provocano tale disturbo, anche senza l'ausilio di farmaci ipnotici.

Nella tradizione Buddhista, ai sofferenti di insonnia o di incubi viene suggerita la pratica della meditazione di consapevolezza (Satipatthana) o di gentilezza (Metta). La pratica di essere amorevoli e ben disposti nei confronti di ogni essere può avere un effetto lenitivo e calmante nella mente e nel corpo. Nella Metta Sutta, il Budda afferma che addormentarsi facilmente è uno degli undici benefici di tale forma di meditazione. Nella medicina popolare cinese i medici hanno curato l'insonnia per migliaia di anni. Un approccio tipico può essere l'agopuntura, una dieta e un'analisi dello stile di vita, l'erboristeria o altre tecniche, con lo scopo di ribilanciare le energie del corpo per risolvere il problema in maniera delicata.

Alcuni rimedi tradizionali si dimostrano alcune volte sufficienti ad interrompere il ciclo di insonnia, evitando l'utilizzo di sedativi o sonniferi. Un possibile rimedio naturale per l'insonnia è il latte tiepido, da bere prima di andare a dormire. Il latte contiene alti livelli di triptofano, un sedativo naturale. Molti insonni si servono di sedativi di origine erboristica, quali: valeriana, camomilla, lavanda, luppolo, passiflora, escolzia, biancospino, fiori d'arancio e di tiglio.

Nella medicina popolare cinese i medici hanno curato l'insonnia per migliaia di anni. Un approccio tipico può essere l'agopuntura, una dieta e un'analisi dello stile di vita, l'erboristeria o altre tecniche, con lo scopo di ribilanciare le energie del corpo per risolvere il problema in maniera delicata.

Studi medici recenti hanno confermato l'utilità dell'ormone melatonina nel ripristino di un sonno regolare nelle sue fasi. In Italia esso non è considerato propriamente un farmaco, bensì un integratore, in quanto la sostanza è già prodotta dall'epifisi nel nostro organismo, proprio per regolare il ritmo sonno-veglia. Allo stato attuale degli studi sulla sostanza non sono stati rilevati effetti collaterali o da overdose, presenti in gran parte dei farmaci ansiolitici, anche in seguito a somministrazioni nell'ordine delle migliaia di volte la dose ottimale. In particolare, la melatonina non provoca lo stordimento e il calo di attenzione al risveglio, tipici di altre categorie di farmaci, inoltre alcuni studi hanno dimostrato che il sonno che si ottiene dopo somministrazione di melatonina è molto simile come caratteristiche fisiologiche a quello che si registra in condizioni di normalità.

Infine si deve tenere presente che soggetti psiconevrotici, per i quali l'insonnia è un sintomo, possono invece essere curati mediante tranquillanti, che non sono dei sonniferi e, a differenza di questi, devono essere assunti non solo prima di coricarsi ma nel corso della giornata.

Esistono diverse categorie di psicofarmaci che, a causa del loro forte effetto tranquillante, vengono somministrati per la cura sintomatica dell'insonnia, specialmente nei casi più gravi.

I barbiturici erano largamente usati per insonnia e stati d'ansia fino agli anni settanta, quando furono sostituiti dalle benzoziazepine. Attualmente sono caduti quasi completamente in disuso anche per via dei gravi effetti collaterali e della notevole pericolosità potenziale, come ad esempio l'intossicazione da barbiturici. Essendo forti depressori del sistema nervoso centrale, possono dare luogo a una depressione cardiorespiratoria con coma e morte se assunti in forti dosi (spesso è sufficiente un dosaggio 6-7 volte maggiore rispetto alla dose ipnotica). I suicidi da barbiturico erano (e in parte sono tuttora) assai frequenti.
I farmaci ipnotici più comunemente prescritti per l'insonnia oggigiorno sono le benzodiazepine, degli ansiolitici, che in genere non inducono una depressione respiratoria tale da uccidere, neppure se assunti in dosi massicce. Queste includono farmaci come il Diazepam (presente in Italia sotto diversi nomi, tra i quali Valium e Noan), il Lorazepam (venduto in Italia col nome Tavor), il Bromazepam (Lexotan), l'Alprazolam (Xanax), il Delorazepam (En), il Nitrazepam (Mogadon), il Flunitrazepam (Roipnol) e il Clonazepam (Rivotril), quest'ultimo vendibile senza prescizione medica in quanto è usato anche come antiepilettico oltre che come ansiolitico.

Le benzodiazepine, col tempo inducono tolleranza (cioè la perdita di risposta da parte del corpo nei confronti del farmaco), dipendenza e possono provocare un peggioramento generale dei sintomi in caso di brusca sospensione. Spesso alle benzodiazepine viene associato un antidepressivo, perlopiù SSRI o SNRI.

Spesso si ritiene che i neurolettici, in quanto tranquillanti, possono essere utili per l'insonnia, ma in realtà possono anche peggiorare il disturbo di base in quanto bloccano i recettori della dopamina, e come risaputo, essa è coinvolta nei processi del sonno.

Negli anni novanta sono stati introdotti nel mercato farmaceutico i cosiddetti Farmaci Z, (chiamati anche ipnotici non-benzodiazepinici) tra cui Zolpidem, con il nome commerciale di Stilnox, della classe delle imidazopiridine, e Zopiclone, della classe dei ciclopirroloni. Anche con questi ultimi si sono registrati casi di assuefazione e dipendenza. I farmaci Z, nel caso in cui un paziente ha assunto già benzodiazepine, a causa della saturazione dei recettori gabaergici, posso dare un effetto avverso rispetto a quello desiderato.

Di più recente arrivo sul mercato farmaceutico le pirazolopirimidine che sembra possano essere utilizzate per lunghi periodi di tempo, nella cura di insonnia cronica. Uno studio presentato a Londra durante il recente Congresso Europeo di Neuropsicofarmacologia ha dimostrato che ad esempio lo Zaleplon continua ad essere efficace anche dopo un certo periodo di tempo senza dare sintomi d'astinenza alla sospensione del farmaco. Tuttavia il suo utilizzo è limitato dalla carenza di prove scientifiche a suo favore.

L'insonnia cronica è un disturbo purtroppo molto comune ma che può diventare mortale. Una ricerca durata oltre 40 anni, dimostra che l'insonnia cronica è associata a più alti livelli di infiammazione nel sangue. Quest'ultima è a sua volta responsabile della maggior parte delle malattie croniche (patologie cardiache, diabete, demenza, cancro e depressione).

A rilevare l'associazione tra l'insonnia persistente, le infiammazione e la mortalità è stato il team dell'Arizona Respiratory Center guidato dal dott. Sairam Parthasarathy e dal dott. Stefano Guerra.

Gli scienziati hanno preso in esame gli esiti di uno studio sulla respirazione del Tucson Epidemiological Study of Airway Obstructive Disease, che ha avuto inizio nel 1972 e ha seguito i partecipanti per decenni. I dati hanno mostrato che l'insonnia cronica è associata a livelli più elevati di infiammazione nel sangue e a un aumento del 58 per cento del rischio di morte.

I ricercatori hanno scoperto che, a differenza dell'insonnia intermittente (chi soffre questo tipo di insonnia ha un sonno leggero per tutta la notte), quella cronica e persistente che durava per almeno sei anni era associata alla mortalità. Hanno inoltre scoperto che maggiori livelli di infiammazione (misurati da un biomarker nel sangue chiamato proteina C-reattiva) e un aumento di infiammazione in tali biomarcatori erano associati all'insonnia persistente e alla morte.

“Una maggiore comprensione dell'associazione tra di insonnia persistente e morte dovrebbe aiutare nel trattamento della popolazione a rischio”, ha detto Parthasarathy, autore principale dello studio. “Abbiamo scoperto che i partecipanti con insonnia persistente avevano un aumento del rischio di morire per problemi al cuore e ai polmoni” indipendente da altri fattori come sesso ed età.

La ricerca basata sui biomarcatori potrebbe potenzialmente far progredire la precisione scientifica nel prevedere gli esiti clinici futuri in pazienti con l'insonnia.

Un problema che colpisce un numero molto elevato di persone nel mondo, anche tra i bambini, che ancora non ha una vera e propria cura, anche se piccole accortezze possono aiutare, come l'alimentazione e alcuni rimedi naturali.

Il sonno è stato a lungo un grande mistero per la scienza e ancora oggi sono molti i quesiti in cerca di risposte. Sappiamo che dormire è fondamentale per la nostra salute e, per i più piccoli, per il corretto sviluppo fisico e neurologico. I disturbi del sonno hanno una stretta correlazione con molte patologie e hanno quindi delle conseguenze di natura medico-sanitaria ma anche sociali, come incidenti stradali, sul lavoro, diminuita produttività.

A volte, la mancanza di sonno ci rende più instabili emotivamente e con la tendenza a reagire eccessivamente a situazioni, commenti, frasi che altrimenti avremmo considerato innocue. Uno studio del Tel Aviv Medical Center e dell’Università di Haifa ha scoperto il meccanismo alla base di questa perdita di neutralità, che dipende da un’immediata e accesa risposta dell’amigdala, area cerebrale che generalmente si attiva in condizioni emotivamente coinvolgenti, come se fosse compromessa l’abilità di distinguere cosa è importante da cosa non lo è.

Utilizzando la risonanza magnetica funzionale fMRI e l’elettroencefalogramma EEG, i ricercatori hanno infatti visto nei soggetti attivazioni cerebrali anche di fronte ad immagini emotivamente neutre, come se il nostro cervello diventasse incapace di ignorare tali stimoli ininfluenti, perdendo il controllo cognitivo sulle emozioni. Sottoposti a così tanti stimoli, gli insonni diventano più instabili emotivamente con le note conseguenze sullo stress e il benessere sul lavoro e nella vita quotidiana.
 
Si sa che i lavoratori su turni sono maggiormente vulnerabili, tra le altre malattie, anche alla depressione e che anche gli insonni sono maggiormente a rischio. Ma in che modo le alterazioni del sonno incidono sul nostro umore?  La scoperta dell’Università di San Francisco del legame biologico tra due fenomeni strettamente connessi, sonno e depressione, in particolare una forma di depressione che colpisce in alcuni periodi dell’anno, la SAD disturbo affettivo stagionale, di cui soffre il 10% delle popolazioni delle alte latitudini. Si tratterebbe di un gene – PER3 - che fungerebbe da intersezione molecolare tra il nostro umore e l’orologio interno, l’orologio circadiano, che stabilisce i ritmi di sonno e veglia. I ricercatori hanno visto che alterazioni del gene erano comuni a soggetti che soffrivano di depressione stagionale e a soggetti con insonnia e che i topi geneticamente modificati con le due mutazioni incriminate sviluppavano SAD e disturbi del sonno.
 
Si chiama «Beauty sleep» (sonno di bellezza) la giusta quantità di sonno che ci rende belli e freschi al risveglio. Eppure non è solo una faccenda estetica. Numerosi studi mostrano che la carenza di sonno è associata a disturbi di memoria ad ogni età. Ma il sonno è un alleato prezioso contro l’invecchiamento. Numerosi studi epidemiologici indicano che il 50% degli anziani può soffrire di disturbi del sonno: quanto dormire possa diventare più difficile con il passare degli anni, il sonno è un fattore di protezione contro il fisiologico decadimento cognitivo dovuto all’età. Lo dimostrano numerosi studi condotti con la risonanza magnetica funzionale dai quali emerge che dormire almeno sette ore per notte riduce l’atrofia cerebrale in aree chiave per il ragionamento e la memoria. Anche se non è ancora del tutto chiaro in che modo ciò avvenga, l’evidenza mostra che il sonno è cruciale per numerosi meccanismi fisiologici, dalla riparazione cellulare al consolidamento delle memorie.



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