venerdì 23 settembre 2016

LINGUA BIANCA



La lingua bianca è un fenomeno abbastanza diffuso, sia fra i bambini che fra le persone più anziane. Generalmente il problema lingua bianca consiste in una patina più o meno sottile che ricopre la lingua e che è costituita da cellule morte, residui alimentari, batteri ecc.

Le cause che sono alla base della lingua bianca sono numerose e decisamente diverse fra loro; sostanzialmente possiamo operare una distinzione fra cause non patologiche e cause patologiche.

Molto spesso i problemi che portano alla formazione della lingua bianca sono estremamente banali e, conseguentemente, facilmente risolvibili, altre volte alla base vi è un problema di maggiore serietà.

Una delle cause più comuni è sicuramente una cattiva igiene orale. Se la nostra igiene orale è scarsa o comunque viene eseguita in modo scorretto, la normale placca batterica non viene rimossa in modo adeguato e ciò può portare all’antiestetica formazione di una patina bianca sulla lingua.

Talvolta però la lingua bianca può essere dovuta proprio a un’igiene orale molto accurata; l’utilizzo infatti di collutori a base di perossido di idrogeno può avere come effetto la formazione di macchie bianche sulla lingua.

La secchezza delle fauci (più popolarmente bocca secca o, più raramente, xerostomia) può essere causa di lingua bianca perché quando il cavo orale è secco le cellule che di cui è composto si sfaldano più facilmente andando ad aumentare il deposito di cellule morte presenti sulla lingua. La bocca secca è un problema di natura iatrogena (è cioè legato all’assunzione di farmaci) e che è una condizione abbastanza comune nei forti fumatori.
Alcuni farmaci possono causare xerostomia ma anche alterazioni della flora batterica dell’organismo, fra cui anche quella intestinale e quella orale; una delle conseguenze di queste alterazioni è la formazione di una patina biancastra sulla superficie della lingua.
Altra causa di lingua bianca è un’alimentazione sbilanciata. Quando l’alimentazione non è equilibrata (ovvero quando siamo in presenza di iperalimentazione o al contrario di un regime eccessivamente restrittivo) si verificano squilibri della flora batterica; ciò ha, fra le diverse conseguenze, un deposito di un sottile strato mucoso che conferirà alla lingua un colore tendente al biancastro.

Anche lo stress può essere causa di lingua bianca; è infatti noto che quando un organismo è sotto stress, le ghiandole surrenali aumentano la produzioni di ormoni fra i quali vi è l’adrenalina; l’incremento dei livelli di adrenalina produce delle modificazioni nella composizione di sudore e saliva, ciò può favorire la comparsa di lingua bianca.

La comparsa di lingua bianca è un segno molto comune nei portatori di protesi dentali; essenzialmente il problema è legato al fatto che la presenza di protesi dentali causano un aumento della proliferazione batterica e, se l’igiene non è totalmente adeguata, si può verificare la comparsa di lingua biancastra.

La leucoplachia è una condizione patologica di una certa serietà nella quale è presente come segno la lingua bianca; con questo termine ci si riferisce a una lesione precancerosa spesso correlata al fumo e al consumo di alcolici; la leucoplachia è caratterizzata dalla presenza di placche biancastre (leucoplachia deriva dati termini greci leuco, bianco e plakos, placca) che possono interessare non soltanto la lingua, ma anche altre zone del cavo orale, in particolare le mucose interne di labbra e guance (può esservi addirittura il coinvolgimento delle mucose laringee e degli organi genitali, ma la leucoplachia orale è la forma maggiormente diffusa).

Spesso la lingua, oltre al colore biancastro, è caratterizzata da striature di colore rosso; la condizione in questione è spesso causa di sensazioni fastidiose all’interno della bocca e di un’alterazione del gusto.

La lingua bianca è anche uno dei vari segni che caratterizzano la scarlattina, nota anche come seconda malattia; nei soggetti affetti da scarlattina infatti la lingua diventa biancastra ed è punteggiata da diverse macchie di colore rosso (si parla di lingua a fragola bianca); tale quadro poi tende a mutare e in seguito si parlerà di lingua a fragola rossa. Occorreranno diversi giorni prima che la lingua torni ad assumere il suo normale aspetto.

La lingua bianca può essere dovuta a candidosi orale, una micosi che è popolarmente conosciuta come mughetto.



Vi sono numerose altre patologie e condizioni che possono avere come sintomo la lingua bianca; fra queste si ricordano cirrosi epatica, la gastrite, l’epatite virale, il diabete mellito, la cattiva digestione e, in generale, le patologie che coinvolgono fegato e intestino e che sono all’origine di un malfunzionamento dell’apparato digerente.

Il lichen planus è una patologia infiammatoria a carattere cronico che interessa frequentemente la mucosa orale, anche se può manifestarsi a livello cutaneo e sugli organi genitali. Le manifestazioni a livello orale (lingua e mucose) sono variabili; spesso si tratta di lesioni multiple e bilaterali che hanno l’aspetto di strie reticolari o placche biancastre; talvolta queste lesioni sono associate a ulcere dolorose.

Il fenomeno della lingua bianca è spesso associato alla presenza di alito cattivo (alitosi), che si può risolvere risalendo alla radice del problema.

Un’altra causa che può concorrere al fenomeno della lingua bianca è lo stato di disidratazione che viene percepito dal paziente come persistente secchezza delle fauci. Quest’ultima alimenta naturalmente anche il problema dell’alito cattivo. Una volta esclusi gli altri fattori che potrebbero causare la lingua bianca, è comunque sufficiente bere almeno 1,5 litri di acqua al giorno per permettere alla lingua di recuperare il suo aspetto morbido e roseo.

Anche il tipo di alimentazione incide sull’aspetto della lingua: la patina bianca si manifesta quando la dieta è troppo ricca di lipidi (cibi grassi), zuccheri e latticini. Questi alimenti, più di altri, favoriscono la proliferazione dei batteri e peggiorano l’alitosi.

L’alitosi, assieme alla lingua bianca, è spesso provocata anche dal fumo, che causa una secchezza delle fauci a sua volta aggravata dalle sostanze chimiche contenute nelle sigarette. Per i fumatori, la lingua bianca può portare anche alla leucoplachia: in questi casi, la patina bianca si presenta a chiazze e può influire anche sul senso del gusto. Una condizione simile può predisporre al cancro del cavo orale e per questo si consigliano vivamente controlli mirati e molta attenzione alla prevenzione.

Eliminare la patina bianca sulla lingua è benefico per impedire al corpo di riassorbire le tossine che si sono accumulate in questo punto. Potrete provare ad utilizzare rimedi come il nettalingua e l'oil pulling anche ogni mattina per gestire il problema.

Il nettalingua è un piccolo e semplice strumento della tradizione ayurvedica che permette di rimuovere delicatamente la patina sulla lingua. È in acciaio inossidabile o in rame e lo potete trovare in erboristeria o nei negozi di prodotti naturali. Questo raschietto aiuta a rimuovere patina e tossine presenti sulla lingua in pochi secondi. Utilizzatelo al mattino prima di fare colazione e di lavarvi i denti. È importante eliminare le tossine prima che rientrino in circolo.

La pratica dell'oil pulling aiuta a rimuovere i batteri che nel corso della notte si vanno a depositare sulla lingua e sui denti. Il consiglio è di praticare l'oil pulling prima di lavarvi i denti o di usare il nettalingua. Si tratta di fare uno sciacquo profondo della bocca con un cucchiaino di olio di sesamo, olio di cocco o altro olio alimentare. Anche l'olio d'oliva va bene. L'utilizzo dell'olio aiuta a rimuovere le tossine.

Il succo di Aloe Vera può essere utile per il trattamento dei problemi del cavo orale grazie alle sue proprietà antinfiammatorie. Le sue proprietà antimicrobiche inoltre aiutano a contrastare i batteri che causano alito cattivo e patina bianca sulla lingua. Provate ad eseguire degli sciacqui con un cucchiaino di succo di Aloe Vera unito a mezzo bicchiere d'acqua ogni mattina.

La curcuma per le sue proprietà antibatteriche è considerata utile per proteggere il cavo orale e la lingua dalle infezioni. Uno dei rimedi naturali da applicare in caso di patina bianca sulla lingua suggerisce di fare due volte al giorno sciacqui e gargarismi con un bicchiere d'acqua a cui aggiungere mezzo cucchiaino di curcuma in polvere.

Anche il bicarbonato di sodio è considerato un rimedio utile per la salute della lingua e del cavo orale. Il consiglio è di strofinare delicatamente la lingua con lo spazzolino da denti dopo averlo cosparso con un pochino di bicarbonato e di fare degli sciacqui con acqua e bicarbonato due volte al giorno (sciogliete mezzo cucchiaino di bicarbonato in un bicchiere di acqua tiepida).



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domenica 18 settembre 2016

CALCOLI RENALI



I calcoli renali sono dei depositi di consistenza dura che si formano per precipitazione dei sali minerali contenuti nelle urine (calcio, ossalato, fosfati ed acido urico). La formazione di un calcolo è favorita dall'aumento della concentrazione di questi elettroliti o dalla riduzione del liquido che li tiene in soluzione (scarso volume di urine).
Quando i sali si aggregano tra loro formano dapprima cristalli, quindi microcalcoli ed infine calcoli che possono raggiungere le dimensioni di una pallina da golf. Proprio a causa della loro forma e composizione chimica i calcoli renali possono muoversi dalla sede di origine e andare ad ostacolare il flusso dell'urina. Tale ostacolo, oltre a causare un dolore spesso intenso, favorisce lo sviluppo di infezioni urinarie e, se persiste per lunghi periodi, aumenta le possibilità di danno ai reni, fino a sviluppare una insufficienza renale progressiva.
Normalmente le urine contengono sostanze che impediscono la formazione di calcoli, ma non sempre tali composti sono presenti in quantità adeguate o svolgono efficacemente la loro funzione. Oggi se ne conoscono due categorie: macromolecolari (di natura proteica) e micromolecolari come il citrato o il magnesio. Anche i mucopolissaccaridi, grazie alle loro proprietà colloidali  favoriscono il mantenimento in soluzione dei sali allontanando la formazione di calcoli renali.

Per dare dolore, il calcolo renale deve ostruire il passaggio dell'urina (si parla in questo caso di colica renale). L'ostruzione può avvenire all'interno dello stesso rene o più facilmente nel passaggio tra l'organo emuntore e l'uretere (piccolo canale che collega il rene alla vescica).
Fortunatamente non tutti i calcoli si muovono e non è detto che chi ha un calcolo debba aspettarsi una colica. Anche se alcune persone non avvertono alcun sintomo la maggioranza dei pazienti affetti da questo tipo di calcolosi lamenta alcuni disturbi premonitori come bruciore e stimolo frequente di urinare.
Alcune coliche sono molto dolorose, mentre in altri casi il dolore è blando e sfumato. Ciò dipende non tanto dalle dimensioni del calcolo quanto dalla formazione anatomica del rene, dalla soglia di sensibilità al dolore e da molti altri fattori che possono accentuare o ridurre la sintomatologia dolorosa.
Generalmente la colica renale causa comunque un dolore intenso ed improvviso che compare al fianco, solitamente da un solo lato, costringendo il paziente a piegarsi su se stesso e a chiedere con insistenza l'aiuto degli astanti. Tale dolore può procedere a fasi alterne diminuendo di intensità per un attimo, per poi peggiorare rapidamente. Successivamente il dolore tende ad irradiarsi anteriormente e a scendere in basso verso l'inguine; qualche volta le coliche si associano a dolore testicolare o al grande labbro nella femmina.
Quando il calcolo si muove scendendo nell'uretere ed avvicinandosi alla vescica possono comparire ulteriori sintomi come il bisogno frequente di urinare ed il bruciore; a tutti questi segni possono associarsi altri disturbi come la nausea, il vomito e la presenza di urine torbide, a volte con sangue e di cattivo odore. Altre volte vi è una incapacità totale di emettere urine.

L’alimentazione svolge un ruolo di primaria importanza nella prevenzione dei calcoli renali. E’ fondamentale bere quanti più liquidi è possibile, soprattutto acqua, per arrivare a produrre almeno due litri di urina nell’arco di 24 ore.
Specialmente in passato si raccomandava ai pazienti affetti dal disturbo di non assumere troppi latticini o prodotti caseari ad alto contenuto di calcio. In realtà questi cibi non sono responsabili dei calcoli; più che altre si dovrebbe fare attenzione agli integratori di calcio o agli alimenti arricchiti con vitamina D.
Si dovrebbe cercare di ridurre l’uso del sale da cucina e il consumo di carni conservate, oltre che di certi tipi di pesce. E’ importante un’adeguata assunzione di cibi ricchi di fibre.

La cura per i calcoli renali, quando si presentano le coliche, si basa sull’uso di farmaci antispastici e analgesici per alleviare il dolore. Per favorire l’eliminazione del calcolo, si ricorre al metodo che viene chiamato “colpo d’acqua”: il soggetto deve bere rapidamente un litro di acqua, per scatenare una spinta urinaria che ne faciliti l’espulsione. Quest’ultima avviene nell’80% dei casi, se il calcolo ha un diametro inferiore ai 4 millimetri.
Altre volte è necessario l’intervento del medico, che, attraverso delle onde d’urto o per mezzo di una sonda, frantuma i cristalli, che poi possono venire espulsi più facilmente. Il trattamento chirurgico di solito può essere considerato l’ultimo passo, dopo che altre tecniche non hanno funzionato.

A volte si può rimediare al dolore immergendosi in una vasca colma d’acqua molto calda. Il calore è in grado di esercitare un effetto vasodilatatorio, favorendo il rilassamento della muscolatura.
Come ha dimostrato uno studio portato avanti dall’Istituto di ricerche farmacologiche Mario Negri di Bergamo, una spremuta di limone potrebbe rivelarsi efficace nella prevenzione del problema.
Per facilitare l’espulsione del calcolo, potrebbe essere utile il ricorso ad alcune piante, che hanno un’azione diuretica: betulla, tarassaco, verga d’oro, gramigna.



I calcoli renali e le coliche, uno dei disturbi urologici più dolorosi, affliggono la specie umana da millenni, addirittura i ricercatori hanno trovato tracce di calcoli renali in una mummia egizia risalente a 7.000 anni fa.

Sfortunatamente i calcoli renali sono uno dei disturbi più comuni delle vie urinarie, ogni anno si registrano negli Stati Uniti circa 3 milioni di visite mediche e più di mezzo milione di persone si reca al pronto soccorso per complicanze come le coliche renali.

La maggior parte dei calcoli viene espulsa dal corpo senza che sia necessario alcun intervento medico, ma quelli che provocano sintomi di lunga durata o altre complicazioni possono essere curati usando varie tecniche, che per la maggior parte non comportano alcun intervento chirurgico.

Recenti scoperte scientifiche ci hanno permesso di capire meglio i diversi fattori che provocano la comparsa dei calcoli e quindi di ideare terapie migliori per prevenirli.

Per le donne la maggiore insorgenza si registra intorno ai cinquant’anni.

I calcoli renali possono contenere diverse combinazioni di sostanze chimiche, il tipo più comune contiene calcio, combinato con l’ossalato oppure con il fosfato. Queste sostanze chimiche fanno parte della dieta normale e vanno a costruire parti importanti dell’organismo, come le ossa e i muscoli.

Un tipo meno comune è quello causato da un’infezione delle vie urinarie, in questo caso si parla di calcoli di struvite od infettivi. Un altro tipo, quelli da acido urico, è ancora meno frequente, mentre i calcoli di cistina sono rari.

La cistinuria e l’iperossaluria sono altri due rari disordini metabolici che spesso provocano la formazione di calcoli renali.

Nella cistinuria, viene eliminata troppa cistina (un aminoacido che non si dissolve nell’urina) e questo provoca la formazione di calcoli costituiti appunto da cistina.
Nei pazienti affetti da iperossaluria l’organismo produce troppo ossalato (un sale). Se le urine contengono una maggiore quantità di ossalato insolubile i cristalli si depositano e formano i calcoli.
L’ipercalciuria è una malattia ereditaria e rappresenta la causa principale del problema in più della metà dei pazienti. Il calcio viene assorbito dagli alimenti in quantità maggiore del dovuto e quindi passa nell’urina. L’elevato livello di calcio nell’urina provoca la formazione di cristalli di ossalato di calcio o fosfato di calcio nei reni, oppure in altre zone dell’apparato escretore.

Tra le altre cause della formazione di calcoli troviamo l’iperuricosuria, un disturbo del metabolismo dell’acido urico, la gotta, l’assunzione eccessiva di vitamina D, le ostruzioni e le infezioni delle vie urinarie. Alcuni diuretici e antiacidi a base di calcio possono far aumentare il rischio di formazione di calcoli renali perché accrescono la quantità di calcio presente nell’urina.

I calcoli di ossalato di calcio possono comparire anche nelle persone affette da infiammazioni croniche dell’intestino o che si sono sottoposte a un’operazione di bypass intestinale od intervento di stomia. I calcoli di struvite si possono formare nei pazienti che hanno sofferto in passato di infezioni delle vie urinarie. Anche le persone che assumono l’inibitore delle proteasi indinavir, un farmaco usato per curare l’infezione da HIV, possono essere maggiormente a rischio per quanto riguarda i calcoli renali.

Spesso i calcoli silenti, cioè quelli che non provocano sintomi evidenti come la colica renale, possono essere individuati da una radiografia, durante un esame di routine. Se i calcoli sono piccoli nella maggior parte dei casi verranno espulsi senza creare problemi, spesso invece i calcoli renali vengono individuati da una radiografia o da un’ecografia, richiesta dal paziente che lamenta presenza di sangue nelle urine od un dolore improvviso. Queste immagini diagnostiche forniscono al medico informazioni importanti sulla dimensione e sulla posizione del calcolo, mentre gli esami del sangue e delle urine possono permettere di individuare qualsiasi sostanza anomala che potrebbe favorire la formazione del calcolo.

Il medico può decidere di esaminare le vie urinarie usando uno speciale esame chiamato tomografia computerizzata oppure un pielogramma intravenoso (IVP). I risultati di questi esami aiuteranno a decidere qual è la terapia più adatta.

Per fortuna di solito non è necessario ricorrere all’intervento chirurgico, perchè la maggior parte dei calcoli renali vengono espulsi naturalmente se si beve molta acqua (due o tre litri al giorno), che facilità il movimento del calcolo. Spesso il paziente può restare a casa durante questa terapia, bevendo molti liquidi ed assumendo farmaci analgesici se necessario. Il medico di solito chiede al paziente di conservare il calcolo, una volta espulso, per ulteriori analisi di laboratorio (per raccoglierlo si può usare una tazza o un colino).

Chi soffre di alti livelli di acido urico dovrebbe mangiare meno carne, pesce e pollame; questi alimenti sono responsabili di un aumento della quantità di acido urico nell’urina.

Per prevenire i calcoli di cistina il paziente dovrebbe bere ogni giorno abbastanza acqua da diluire la concentrazione urinaria della cistina, ma questo processo non è né semplice né lineare. Potrebbe essere necessario bere circa quattro litri d’acqua nelle 24 ore, e circa un terzo di questa quantità dovrebbe essere bevuto durante la notte.




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domenica 11 settembre 2016

IL DALTONISMO



I daltonismo (nome scientifico: discromatopsia) è un’anomalia nella percezione del colore. Il disturbo più comune consiste nella difficoltà di distinguere il rosso dal verde. Più rari sono la tritanopia, cioè l’incapacità di vedere il blu, e l’acromatopia, o cecità ai colori. I colori vengono percepiti da cellule specializzate della retina, chiamate coni: ce ne sono tre diversi tipi, sensibili rispettivamente alla luce blu, verde, e rosso-gialla. Quando uno o più tipi di coni sono difettosi, la percezione del colore è alterata.

Benché venga generalmente considerata una disabilità, in alcune situazioni il daltonismo può rivelarsi vantaggioso; un cacciatore daltonico, ad esempio, può riuscire a distinguere meglio una preda mimetizzata su uno sfondo caotico.

Fu il chimico inglese John Dalton a dare, nel 1794, una descrizione scientifica del daltonismo, pubblicando l'articolo intitolato "Extraordinary facts relating to the vision of colours" ("Fatti straordinari legati alla visione dei colori"), dopo essersi reso conto della propria cecità cromatica.

Il tipo di daltonismo di cui Dalton era affetto oggi prende il nome di deuteranopia, cioè insensibilità al colore verde. Altre forme di daltonismo sono la protanopia (per il colore rosso) e la tritanopia (per il colore blu).

Il daltonismo ha una diffusione significativa, benché la sua incidenza vari molto all'interno di diversi gruppi umani. Comunità isolate, con un patrimonio genetico relativamente ristretto, a volte presentano un'alta proporzione di individui affetti da cecità ai colori, anche dei tipi più rari. Alcuni esempi sono l'Australia, in cui si stima che il 4% della popolazione abbia una qualche carenza nella percezione del colore, le regioni rurali della Finlandia e alcune isole della Grecia.

Esistono diversi tipi di daltonismo. I più diffusi sono dovuti ad alterazioni ereditarie dei fotorecettori, i coni, ma è anche possibile diventare daltonici in seguito a un danneggiamento della retina, del nervo ottico o di determinate aree della corteccia cerebrale. Tale daltonismo è spesso diverso da quello di origine genetica; ad esempio, può manifestarsi solo in una parte del campo visivo. Alcune forme di daltonismo acquisito sono reversibili. Alcune forme temporanee di daltonismo affliggono raramente chi soffre di emicrania.



Il daltonismo genetico è normalmente dovuto a un allele recessivo posto sul cromosoma X. La mappatura del genoma umano ha peraltro dimostrato che il daltonismo può essere indotto da una mutazione in 58 geni diversi, divisi tra 19 cromosomi.

Questo tipo di daltonismo colpisce circa il 5-8% degli uomini, ma meno dell'1% delle donne. La maggior probabilità degli uomini di esprimere un fenotipo recessivo legato al cromosoma X è dovuta al fatto che i maschi hanno un solo cromosoma X, mentre le donne ne hanno due; se le donne ereditano un cromosoma X normale oltre a quello mutato, non mostreranno la mutazione, mentre gli uomini non hanno cromosomi X "di scorta" che contrastino il cromosoma X mutato. Se il 5% delle varianti di un gene sono difettose, la probabilità che una copia singola sia difettosa è del 5%, ma la probabilità che entrambe siano difettose è (5% × 5%) = (0,05 × 0,05) = 0,0025, ovvero 0,25%.

Non sono ancora note cure per tutte le forme di daltonismo, ma è stato elaborato un software apposito dedicato a coloro che soffrono di daltonismo e anche delle lenti correttive per daltonici. Alcuni tipi di daltonismo sono suscettibili di miglioramento mediante operazioni chirurgiche. Sono inoltre state sviluppate anche delle applicazioni per smartphone che permettono di simulare e di correggere la visione discromatica. Tali strumenti non sono comunque risolutivi del problema.

La diagnosi viene eseguita mediante un esame cromatico del riconoscimento dei colori. Spesso vengono utilizzate le tavole di Ishihara (tavole numeriche disegnate per eseguire un test rapido nel riconoscimento dei colori) oppure, per approfondire maggiormente, si può effettuare il test di Farnsworth, che consiste nel mettere nella corretta successione tonale una serie di colori. Infine, sono stati elaborati dei software (ad esempio applicazioni per dispositivi elettronici come telefoni cellulari o tablet) che possono, in prima battuta, consentire di rilevare eventuali difetti nella percezione cromatica. 




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venerdì 2 settembre 2016

LA SUPPOSTA


Le supposte sono preparazioni farmaceutiche solide, generalmente di forma ogivale, che sono destinate all’introduzione in cavità naturali quali l’ano (supposte rettali, più semplicemente supposte), l’uretra (supposte uretrali, più note come candelette) e la vagina (supposte vaginali, meglio conosciute come ovuli vaginali).

La supposta è costituita da un componente di base (storicamente burro di cacao, oggi miscele di gliceridi), e da uno o più principi attivi disciolti o dispersi nella base. Gli eccipienti base per la preparazione di supposte devono trovarsi allo stato solido ed essere sufficientemente rigidi per l'introduzione nell'ampolla rettale a temperatura ambiente e fondere alla temperatura corporea. In particolare si possono avere basi lipofile (formate da miscele di gliceridi) o idrosolubili (a base di PEG).

Altri eccipienti che possono essere aggiunti nella formulazione di supposte comprendono adsorbenti, tensioattivi, lubrificanti, conservanti antimicrobici e coloranti.

Le supposte possono essere preparate con due metodi diversi: a freddo (per compressione) o a caldo (per fusione). Il metodo per compressione era usato tra Otto e Novecento e si basava sull'ottenimento per via meccanica di cilindri di sostanza successivamente suddivisi in pezzi di uguale lunghezza e modellati a cono. Il procedimento per fusione è quello oggi più usato, sia su scala magistrale sia industriale, e si basa sulla colata di una massa fusa in appositi stampi.

Nelle supposte con azione farmacologica lo scioglimento della sostanza di base o eccipiente consente il rilascio del medicamento che può avere azione locale (ad esempio utilizzando sostanze vasocostrittrici nel trattamento delle emorroidi) oppure essere rapidamente assorbito dalla mucosa rettale riccamente vascolarizzate dalle vene emorroidarie ed essere introdotto nella circolazione sanguigna generale arrivando agli organi bersaglio. Supposte di questo tipo devono essere assunte a seguito della defecazione, per evitare che possano essere evacuate prima del completo assorbimento del farmaco.
Nel caso di supposte senza azione farmacologica (abitualmente a base di glicerina) lo scioglimento genera una lubrificazione del retto finalizzata a facilitare l'evacuazione.



Il principio attivo che compone le supposte viene scelto in funzione del disturbo a cui si desidera porre rimedio; il farmaco viene sempre formulato in associazione ad eccipienti, utili per contenere il principio attivo, favorirne la fusione a contatto con il calore del corpo, e forgiare la supposta.
La particolarità delle supposte risiede proprio nella peculiare composizione solida: introdotta nell'organismo (nel retto, nella vagina o nell'uretra) sottoforma solida, la supposta si dissolve rapidamente e, successivamente, viene assorbita per merito dei vasi sanguigni.
Alcune supposte sono formulate con una base oleaginosa, come il burro di cacao, nel quale il principio attivo viene dissolto; altri suppositori - specie quelli ad uso vaginale ed uretrale - sono costituiti da glicole propilenico, un eccipiente idrosolubile.
Esistono anche le cosiddette supposte liquide, in cui la somministrazione del farmaco (generalmente un lassativo) viene effettuata tramite una siringa apposita, direttamente nel retto.

Le supposte vaginali comprendono una serie di preparazioni farmacologiche ad uso prettamente ginecologico: tra i suppositori vaginali, ricordiamo: ovuli vaginali, compresse vaginali e creme da applicare internamente tramite apposita cannula. Anche questa categoria di farmaci può esercitare il proprio effetto terapeutico a livello locale e sistemico: alcune supposte vaginali sono formulate con un miscuglio di lattobacilli, utili per assicurare l'equilibrio della flora batterica vaginale; altre sono composte da antibiotici (per esempio, per debellare le infezioni batteriche, sostenute da Trichomonas vaginalis, Mycoplasma hominis, Neisseria gonorrhoeae, ecc.), antifungini (per la cura delle infezioni da Candida albicans) ed antivirali (per trattare le infezioni da virus, come quelle sostenute da Herpes simplex).

Le supposte uretrali sono indicate per trattare i disturbi maschili, tra tutti la disfunzione erettile e l'impotenza; negli Stati Uniti, il nome commerciale di questi particolari suppositori è MUSE, acronimo di Medical Urethral System for Erection. Queste particolari formulazioni farmacologiche sono dispositivi transuretrali componibili, in cui il farmaco viene introdotto nell'uretra tramite l'apposito applicatore "a pistone".

A differenza dei farmaci somministrati per uso orale, le supposte da assumere per via rettale non provocano irritazione gastrica, dal momento che non passano attraverso lo stomaco.
Altro vantaggio importante, che differenzia le supposte rettali dalle compresse orali, riguarda gli enzimi: i farmaci che sarebbero inattivati dagli enzimi gastrici rimangono tali quando applicati per via rettale.
In caso di vomito, anche dopo aver assunto una supposta rettale, non si presenta il problema caratteristico dei farmaci orali: come sappiamo, quando sopraggiunge prima che il principio attivo sia stato completamente assorbito dall'organismo, il vomito può compromettere l'efficacia del farmaco. Per le supposte rettali, questo problema non sussiste.
Le supposte sono particolarmente indicate a seguito di interventi chirurgici gastrointestinali, così come nei bambini e negli anziani che faticano a deglutire medicinali per bocca.

Nonostante la mucosa rettale sia piuttosto ricca di vasi sanguigni, la supposta viene posta a contatto con un'area di assorbimento marcatamente ridotta rispetto a quella intestinale; di conseguenza, l'assorbimento del farmaco per via rettale è ridotto se raffrontato a quello dei medicinali assunti per via orale. Inoltre, l'assorbimento del farmaco formulato sottoforma di supposte, così come la sua disponibilità, non è costante né tantomeno prevedibile: in funzione del punto in cui il principio attivo giunge, può essere assorbito dal plesso emorroidario inferiore, oppure dal tratto medio o superiore: per questo motivo, il farmaco può passare o meno attraverso il fegato.
La zona in cui la supposta rettale esercita la propria azione è soggetta ad irritazione; non a caso, molte supposte sono formulate con principi attivi lassativi, che favoriscono l'evacuazione esercitando una blanda irritazione della mucosa anale.
Da non sottovalutare un altro importante elemento: i batteri che colonizzano l'ano e il retto possono talvolta inattivare parte del principio attivo, riducendo, quindi, l'attività del farmaco.

Per ottenere il massimo dell'efficacia terapeutica, l'inserimento corretto della supposta risulta importantissimo.
Nel caso la supposta fosse morbida, si consiglia di porla in frigorifero per alcuni minuti, oppure di lasciarla in acqua fredda (prima di aprire la confezione) per dare modo agli eccipienti di solidificare la supposta.
Rimuovere l'involucro di rivestimento.
Eventualmente, tagliare la supposta con un panno morbido (in base alla posologia prescritta dal medico).
Se necessario, indossare un guanto in lattice.
Si consiglia di lubrificare la parte alta della supposta, per facilitare il suo inserimento nel retto.
Sdraiarsi su un fianco, con la gamba che poggia a terra distesa, l'altra leggermente piegata in avanti, verso l'addome.
Sollevare un gluteo ed inserire la supposta nel retto, affinché oltrepassi lo sfintere muscolare anale.
Si consiglia di mantenere la posizione sdraiata su un fianco per pochi minuti, per evitare che la supposta venga espulsa.
Lavarsi accuratamente le mani.



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NON FARTI RUBARE IL TEMPO
 I TUOI SOGNI DIVENTANO REALTA'
 OGNI DESIDERIO SARA' REALIZZATO 
IL TUO FUTURO E' ADESSO .
 MUNDIMAGO
http://www.mundimago.org/
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