domenica 8 maggio 2016

IPERSONNIA



L'ipersonnia è una diagnosi che raggruppa numerosi disturbi del sonno caratterizzati da un'eccessiva sonnolenza diurna (ESD). Il paziente ipersonniaco non riesce a rimanere vigile per tutto l'arco della giornata, può infatti andare incontro a situazioni di sonno improvviso da cui non riesce ad esimersi (per esempio si può addormentare durante una conversazione, durante un pasto o addirittura mentre sta guidando), inoltre potrebbe avere parecchie difficoltà a svegliarsi al mattino. Queste appena citate sono le caratteristiche che accomunano tutte le ipersonnie, poi ogni sottotipo ha le proprie peculiarità addizionali. Lo specialista, dopo aver diagnosticato l'ipersonnia sulla base dell'ESD, deve procedere all'identificazione della causa specifica, poiché ogni tipologia necessita approcci terapeutici completamente diversi.

Anche se possono essere suddivise in primarie e secondarie l'international Classification of Sleep Disorders ha poi suddiviso in 3 forme tale disturbo: ricorrente, post-traumatico (dovuto a traumi cerebrali) e idiopatica inserita nel 1979 e scoperta da Bedric Roth.

La Narcolessia è un disturbo grave, invalidante, ma soprattutto cronico, permane per tutta la vita. Si caratterizza per la presenza di quattro sintomi cardine:
eccessiva sonnolenza diurna: impulso irrefrenabile all’addormentamento, attacchi di sonno improvvisi durante il giorno, specialmente mentre si compiono attività monotone (ad es. davanti la televisione, o a scuola)
in presenza di forti emozioni (positive o negative), si verifica una perdita delle forze fino a volte anche la caduta a terra (cataplessia)
sogni ad occhi aperti, allucinazioni visive (allucinazioni ipnagogiche) anche durante il giorno
pur essendo cosciente, il paziente sperimenta all’addormentamento e/o al risveglio, incapacità a muoversi, come se fosse paralizzato (paralisi in sonno).

Ipersonnia idiopatica, caratterizzata da un sonno notturno di buona qualità che può avere una durata normale (meno di 10 ore per notte) o eccessivamente lunga (più di 10 ore per notte) e, a dispetto di ciò, da una eccessiva sonnolenza diurna, che si concretizza in sonnellini diurni di durata eccessivamente lunga (più di una o due ore) e non ristoratori.
Ipersonnia-Bulimia Sindrome di Kleine-Levin. Condizione rara caratterizzata da attacchi ciclici di iperfagia seguiti da giorni in cui non si riesce a dormire, nel resto del tempo il sonno e le condizioni risultano normali, più frequente nei giovani.

L'ipersonnia secondaria può essere causata da disturbi della respirazione durante il sonno (Sindrome delle apnee notturne), disturbi focali del SNC, come nel caso di tumori cerebrali, altre cause sono meningite e disturbi sistemici.

Esistono poi altre sindromi dove si osserva tale disturbo come la sindrome delle gambe senza riposo, e la sindrome premestruale. ma anche l'encefalite limbica paraneoplastica.

La diffusione di tale disturbo è stata calcolata nel 5% della popolazione generale, altri studi non si allontanano da questa stima ponendo un range dal 4 al 6%.

Fra i sintomi e i segni clinici correlati ritroviamo, irritazione, allucinazioni, perdita di memoria, ansia, disorientamento, senso di fatica sia fisica che mentale.

L'ipersonnia può essere causata da un'eredità genetica, da un trauma cranico (nella forma post-traumatica), da diversi disordini psicologici quali la depressione e da eventi clinici come in caso di uremia e fibromialgia. L'ipersonnia può anche essere dovuta ad altri disordini come la narcolessia o la sindrome metabolica.

Nel caso dell’ipersonnia idiopatica l’esordio della malattia avviene di solito prima dei 25 anni (in genere tra i 15 e i 30 anni) e mostra una prevalenza pari a 4-15 individui su 10000. La Narcolessia ha una prevalenza pari a circa 1-2 casi ogni 1000 persone. A causa della scarsa conoscenza di questo disturbo, può passare a lungo inosservato o, specialmente in Italia rispetto agli altri paesi europei, può essere diagnosticato in ritardo. In ogni caso, rispetto all’età di esordio, si osserva un picco tra i 15 e i 25 anni.



Per entrambi i disturbi l’eziologia è a tutt’oggi sconosciuta. Nel caso della Narcolessia i sintomi lasciano pensare che possa essere presente una disregolazione del sonno REM, e recenti ricerche hanno evidenziato, nei pazienti affetti da questa patologia, una riduzione nel liquor spinale di un neuromediatore chiamato ipocretica/orexina.
Infine, a livello genetico, coloro che soffrono di questa malattia presentano comuni antigeni leucocitari (HLA).

Al contrario dell'insonnia la sonnolenza diurna può rimanere a lungo non riconosciuta ed ignorata anche dai genitori. I disturbi correlati alla sonnolenza vengono infatti frequentemente attribuiti ad altri fattori (problemi comportamentali, pigrizia, ecc..) e spesso la diagnosi avviene solo dopo l'ingresso a scuola, per disturbi di apprendimento o perchè il bambino si addormenta in classe.
L’eccessiva sonnolenza diurna inoltre si presenta in modo molto diverso nel bambino rispetto all’adulto. Tra i sintomi più comuni infatti troviamo: iperattività, irritabilità, problemi attentivi, aggressività, disturbi dell’apprendimento, attacchi improvvisi di sonno, frequenti sonnellini, cadute di concentrazione, distraibilità, linguaggio rallentato e ritardo di crescita. Nel caso della Narcolessia, quello che porta maggiormente i genitori a chiedere un consulto medico, sono, più che la sonnolenza, gli episodi di caduta del tono muscolare (cataplessia). In età evolutiva è stata osservata un’interessante relazione tra esordio della Narcolessia in età scolare e pubertà precoce.

La diagnosi avviene principalmente tramite l’utilizzo di tecniche strumentali come la Polisonnografia notturna e un test diurno che consiste in sonnellini programmati a cadenza regolare ogni due ore (test delle latenze multiple in sonno).

Rispetto alla Narcolessia, non è allo stato attuale presente un trattamento che sia in grado di risolvere il disturbo, ma sono presenti tutta una serie di accorgimenti comportamentali e di farmaci che aiutano a tenere i sintomi sotto controllo.
Per la sonnolenza, i farmaci più utilizzati sono il metilfenidato e il modafinil, che aiutano a mantenere elevato il livello di vigilanza. Per gli altri sintomi (cataplessia, allucinazioni ipnagogiche e paralisi del sonno), si usano gli antidepressivi triciclici e, di recente, sta dimostrandosi efficace l’utilizzo della viloxazina, che tra le altre cose, oltre ad aiutare a tenere sotto controllo la cataplessia, aumenta il livello di vigilanza.
Il solo trattamento farmacologico non determina però una remissione dei sintomi, ma è opportuno associarvi un approccio comportamentale.
Infatti, bisogna istruire il paziente (nel caso dei bambini il genitore) su alcuni accorgimenti da adottare per contrastare il problema. Tra i più efficaci ricordiamo:
Fare riposini di 15-20 minuti ogni due ore circa
Assumere sostante stimolanti come caffè, tè e coca cola
Prima di svolgere attività potenzialmente "pericolose”, come, ad esempio, mettersi alla guida dell’auto, ricordarsi di fare un riposino, anche solo di 15 minuti.
E’ molto importante inoltre far prendere coscienza al paziente della natura cronica e invalidante del disturbo, al fine rendere evidente l’importanza del trattamento farmacologico/comportamentale.
Altro aspetto fondamentale è dato dal supporto psicologico ai pazienti affetti da questa malattia. Infatti la sintomatologia stessa, nell’adulto così come nel bambino, porta ad una riduzione dell’autostima, ad una chiusura sociale (la paura di addormentarsi in pubblico determina la tendenza all’isolamento), con conseguente possibilità di sviluppare disturbi dell’umore.
Pertanto è fondamentale, anche al fine di rendere maggiormente efficace la terapia farmacologica scelta, associare un supporto psicologico/psicoterapeutico

In ogni caso, il dormire troppo è correlato a disturbi fisici e mentali.
Coloro che stanno coricati a letto per più di otto o nove ore al giorno possono andare incontro a diversi problemi di salute. A emicrania e a dolori muscolari e di schiena per esempio, nonché a un aumento del proprio peso corporeo indipendentemente da quanto mangiano e a un incremento del rischio di diabete e depressione. <<In un sonno prolungato può incorrere chi ha un’ipersonnia cosiddetta idiopatica, vale a dire chi pur non essendo depresso dorme tante ore di notte e di giorno, restando tuttavia stanco: il suo riposo non è infatti ristoratore>>, dice Michele Terzaghi, del Centro di Medicina del Sonno dell’Istituto Neurologico Mondino di Pavia. 

A dare fluttuazioni della vigilanza è anche la narcolessia, un disturbo che induce ripetuti sonnellini diurni indipendentemente dalle ore di sonno dormite, spesso associati a perdita del tono muscolare e accompagnati da allucinazioni visive o uditive. Dietro a questo quadro clinico sembra esserci un deficit di ipocretina, l’ormone secreto dal nostro cervello con  lo scopo di tenerci svegli. Una sua produzione insufficiente mette a soqquadro tutti gli altri neurotrasmettitori che influenzano il riposo notturno: l’acetilcolina che fa scattare il sonno REM aumenta, la noradrenalina e l’adrenalina che stimolano la veglia si abbassano e la serotonina che favorisce il sonno profondo non-REM diminuisce. E’ infatti il sonno REM a emergere all’improvviso durante il giorno e a far cadere addormentati i narcolettici nel bel mezzo delle loro attività quotidiane. Anche il loro riposo notturno non è ristoratore: appena toccano le lenzuola sprofondano nel sonno ma, se ad addormentarsi impiegano pochissimo, nel corso della notte si svegliano più volte. Di questo sonno abbondante ma frammentato da sogni angosciosi, da scatti alle gambe e ripetuti risvegli, il loro organismo ne risente: chi è narcolettico può andare incontro a disturbi dell’umore e a sovrappeso e può essere più esposto di altri al diabete e alle disfunzioni sessuali.

Chi deve rispettare i turni di lavoro di solito dorme di più nei giorni di pausa. <<Ciò può ripianare un deficit di sonno accumulato con i turni, ma restare più a lungo a letto con l’imperativo di dover dormire per recuperare può paradossalmente essere causa d’insonnia, perché da un lato il soggetto tende con il tempo a perdere il proprio ritmo sonno-veglia, e dall’altro si può instaurare un circolo vizioso, quello di stare sdraiati a letto con l’ansia di non riuscire ad addormentarsi>>, dice Michele Terzaghi. 

Anche i depressi passano molte ore coricati, ma tendono a restare per buona parte del tempo in condizioni di veglia. Il profilo del loro sonno è alterato: si addormentano non appena adagiano la testa sul cuscino per poi destarsi all’alba in largo anticipo sull’ora in cui sono soliti iniziare la giornata. Dopo l’addormentamento il loro riposo notturno non resta infatti a lungo nella fase di sonno profondo, come è di norma. Esce dopo pochi minuti da questo stadio per passare quasi subito nel sonno REM che si allunga a dismisura. 

Chi ha la rara sindrome di Kleine Levin – circa cinque persone su un milione – deve invece fare i conti con vere e proprie crisi d’ipersonnia che possono far dormire per intere giornate e che esordiscono in età infantile o nell’adolescenza, si presentano in media due volte all’anno per circa 15 anni. <<Oltre a perdere il ritmo sonno-veglia, questi soggetti manifestano anche depressione, disinibizione dei controlli che causa spesso ipersessualità, iperfagia e linguaggio e comportamenti inappropriati nonché confusione mentale e aggressività>>, aggiunge Michele Terzaghi. 

La sindrome di Kleine Levin costituisce un modello di studio per altre malattie psichiatriche: poche malattie hanno infatti la caratteristica di cambiare repentinamente la condizione del soggetto colpito che passa da un comportamento altamente disturbato a uno stato normale. Tra l’altro alcuni suoi sintomi, quali disinibizione, disturbo dell’umore e ipersonnia seguita da 24-48 ore d’insonnia e logorrea, assomigliano a quelli osservati nel disordine bipolare. Altri sintomi ancora, come allucinazioni, delusioni o derealizzazione, sono simili a quelli riscontrati negli episodi acuti di psicosi. Come fanno allora i medici a capire nelle ipersonnie a quale disturbo può corrispondere precisamente un sonno sbilanciato verso l’eccesso? <<Durante le visite poniamo ai soggetti ipersonni precise domande>>, dice Michele Terzaghi. <<Chiediamo per esempio loro le modalità di esordio dell’ipersonnia, le sue caratteristiche, quante ore erano soliti dormire durante i periodi di benessere,  cerchiamo di stabilire il tono dell’umore, indaghiamo con attenzione tutti sintomi, le terapie in atto e ci facciamo aiutare da specifici test: a volte la causa del loro sonno eccessivo non emerge dal colloquio e neppure da un esame obiettivo ma da indagini psicologiche strutturate o da approfondimenti neurofisiologici mirati>>. 

Il trattamento rispecchia l’eterogeneità delle patologie che possono essere alla base dell’ipersonnia. Infatti, se alla base dell’ipersonnia c’è la depressione, si prescrivono farmaci antidepressivi, preferenzialmente attivanti, ovvero che incentivano la voglia di fare, e/o un supporto di tipo psicoterapeutico. Se si fa diagnosi di narcolessia, si scelgono farmaci promuoventi la veglia, tra i quali l’ultimo arrivato è il sodio oxibato che si prende di notte e aumenta il sonno lento ristoratore. Se si riconosce un’ipersonnia idiopatica, si ricorre per lo più agli antidepressivi attivanti per risolverla. I rari casi di sindrome di Kleine Levin a tutt’oggi si curano con vari farmaci, molecole promuoventi la veglia, rimedi stabilizzanti l’umore, benzodiazepine e neurolettici per tenere sotto controllo l’iperfagia, l’ipersessualità e i disturbi comportamentali. Se il paziente assume farmaci con potere sedativo si razionalizza la terapia cercando alternative valide ma con minore capacità di indurre sonnolenza.






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