domenica 1 maggio 2016

SINDROME DI REYE



La Sindrome di Reye è una malattia acuta, dall'esito potenzialmente letale, che colpisce quasi esclusivamente i bambini. È caratterizzata da manifestazioni patologiche che riguardano prevalentemente il cervello e il fegato, con encefalopatia acuta e steatosi epatica, che insorgono rapidamente nel corso di un'infezione virale, spesso dopo l'assunzione di farmaci a base di acido acetilsalicilico.

A tutt'oggi non si conosce esattamente la causa, né il meccanismo patogenetico della sindrome; è stata ipotizzata un'alterazione del metabolismo dei mitocondri, che sarebbe favorita da infezioni virali e da alcuni farmaci in soggetti geneticamente predisposti. Sebbene sia stata associata con la somministrazione di aspirina ai bambini affetti da infezioni virali, può insorgere anche indipendentemente dall'assunzione del farmaco. La malattia è caratterizzata dall'insorgenza di steatosi epatica con minimi segni di infiammazione e grave encefalopatia con edema cerebrale. Il fegato tende in questi casi ad aumentare di dimensioni e consistenza; si osservano inoltre alterazioni nella morfologia dei reni. In genere non è presente ittero.

Una diagnosi precoce è fondamentale per la sopravvivenza; la terapia di supporto può favorire la guarigione in molti bambini colpiti, mentre in altri casi la malattia può avere esito fatale o comportare la permanenza di gravi danni al sistema nervoso centrale.

Fra le principali manifestazioni della sindrome vi sono episodi di vomito ripetuto, che possono condurre a disidratazione; a questo proposito è controverso l'uso degli antiemetici, che secondo alcuni autori potrebbero mascherare i sintomi o addirittura giocare un ruolo nella patogenesi della malattia. In circa la metà dei casi è presente epatomegalia, mentre l'ittero è piuttosto raro; fra i segni legati alla compromissione del sistema nervoso vi è la letargia, talvolta seguita da convulsioni o paralisi. L'assenza di febbre può aiutare nella diagnosi differenziale con altre cause infettive di compromissione del sistema nervoso centrale.

A tutt'oggi il preciso meccanismo patogenetico che porta alla sindrome di Reye non è conosciuto. Molto probabilmente la manifestazione della malattia a seguito di assunzione di acido acetilsalicilico dipende dalla competizione che le porzioni acetilate di quest'ultimo instaurano con i substrati della 3-idrossiacil-CoA deidrogenasi. Si preferisce perciò utilizzare farmaci alternativi, quali l'ibuprofene. Questa condizione è definita "sindrome" (complesso di segni e sintomi) piuttosto che "malattia" in quanto la diagnosi può essere posta solo sulla base delle manifestazioni cliniche.



Molti studi epidemiologici hanno dimostrato una correlazione tra l'assunzione di farmaci a base di acido acetilsalicilico, come l'Aspirina, nella terapia sintomatica di infezioni virali e la comparsa della sindrome. Tuttavia, in nessun modello animale la somministrazione del farmaco provoca la sindrome. Solo in uno studio è stato osservato che l'acido acetilsalicilico è correlato ad un maggiore rischio di sindrome di Reye, ma l'argomento è controverso. Le gravi manifestazioni della sindrome di Reye sarebbero il risultato del danno dei mitocondri, almeno nel fegato. L'acido acetilsalicilico può provocare o aggravare il danno mitocondriale in molti modi. L'aumentato rischio di sindrome di Reye in bambini e adolescenti è uno dei motivi per cui questo principio attivo non è raccomandato durante questa fascia di età. Nessuna ricerca ha chiarito definitivamente la causa della sindrome di Reye; l'associazione con l'aspirina è stata dimostrata solo da studi epidemiologici. Il numero dei casi diagnosticati di sindrome di Reye ha subito una drastica riduzione negli anni ottanta del ventesimo secolo, quando i test genetici per i difetti congeniti del metabolismo sono diventati disponibili nei Paesi sviluppati. Uno studio retrospettivo su 49 pazienti sopravvissuti alla sindrome di Reye ha evidenziato che la maggior parte di questi era affetta da disordini metabolici di vario tipo. Il Centers for Disease Control and Prevention (CDC) statunitense, la American Academy of Pediatrics (AAP), la U.S. Surgeon General e la Food and Drug Administration (FDA) raccomandano di evitare la somministrazione di acido acetilsalicilico a persone di età inferiore a 19 anni durante episodi febbrili. Per questo motivo negli Stati Uniti è consigliato il parere esplicito del medico o del farmacista prima dell'acquisto di qualunque sostanza contenente tale principio attivo. Nel Regno Unito il parere del locale organo competente, la Committee on Safety of Medicines, è che i farmaci contenenti salicilato non vengano somministrati fino all'età di 16 anni, a meno che non siano specificamente indicati per la terapia della malattia di Kawasaki o come antiaggreganti nella prevenzione delle trombosi.

La sindrome di Reye colpisce quasi esclusivamente i bambini. Sono stati riportati pochi casi di adulti colpiti, e in questi casi generalmente non sono stati riscontrati danni permanenti al fegato o al sistema nervoso. A differenza di quanto accade nel Regno Unito, negli Stati Uniti la sorveglianza epidemiologica per sindrome di Reye riguarda i pazienti fino a 18 anni di età. Nel 1980, dopo che il CDC aveva iniziato ad allertare medici e genitori sull'associazione tra sindrome di Reye e uso di salicilati in bambini affetti da varicella o da sindromi di tipo influenzale, l'incidenza di sindrome di Reye negli USA cominciò a diminuire. Questa riduzione nell'incidenza della malattia avvenne prima che la FDA apponesse la nuova indicazione di rischio sul foglietto illustrativo dell'Aspirina nel 1986. Negli Stati Uniti, tra il 1980 e il 1997, il numero di casi segnalati di sindrome di Reye si è ridotto da 555 casi nel 1980 a circa 2 casi per anno fino al 1994. In questo periodo il 93% dei casi per cui erano disponibili i dati demografici riguardava pazienti caucasici e la mediana dell'età era 6 anni. Nel 93% dei casi si era verificata un'infezione virale nelle tre settimane precedenti l'insorgenza della sindrome. Nel periodo 1991-1994, il tasso annuale di ospedalizzazione per sindrome di Reye negli Stati Uniti era stimato fra 0.2 e 1.1 per milione di popolazione nella fascia di età inferiore ai 18 anni. Negli anni 80 uno studio caso-controllo condotto nel Regno Unito dimostrò l'associazione fra sindrome di Reye ed esposizione all'acido acetilsalicilico.

Si può far diagnosi di sindrome di Reye basandosi sull'anamnesi di precedenti influenze e la presenza di sintomi come vomito persistente, innalzamento del GPT sierico con bilirubina normale a patto che si escludano attraverso i dovuti esami patologie infettive quali meningite o encefalite. Quasi tutti i casi di sindrome di Reye presentano alte concentrazioni sieriche di alcuni enzimi epatici come il GPT.

La sindrome di Reye designa un quadro patologico grave, tipicamente infantile, che consiste essenzialmente in un processo flogistico epatico e cerebrale scatenato dall'assunzione di acido acetilsalicilico (il principio attivo dell'aspirina). Non a caso, sempre più spesso si tende a raccomandare di evitare la somministrazione di medicinali contenenti salicilati ai bambini al di sotto dei 12 anni, salvo diversa indicazione del medico.
La sindrome di Reye è una malattia potenzialmente fatale, responsabile del progressivo deperimento di alcuni importantissimi organi, fino a causare ipoglicemia, encefalopatia, infiammazione epatica, coma e morte. Solo la diagnosi precoce della sindrome sembra possa salvare la vita al bambino che ne è affetto.

Ad oggi, non è ancora stata identificata la causa precisa responsabile della sindrome di Reye; ciò che è certo, è che la suddetta sindrome è pesantemente influenzata dalla somministrazione di specialità medicinali a base di acido acetilsalicilico (e derivati) ai bambini al di sotto dei 12 anni. Ad ogni modo, la medesima condizione morbosa è stata diagnosticata anche in alcuni bambini che non hanno assunto questi principi attivi.
Dalle evidenze cliniche emergono risultati interessanti: sembra che la sindrome di Reye si manifesti nei bambini a cui viene somministrato acido acetilsalicilico per la cura dell'influenza, delle infezioni a carico delle vie respiratorie (es. raffreddore) o per la cura della varicella: il principio attivo, a contatto con le tossine del virus, pare potenziare la propria attività terapeutica, creando un danno esagerato.
Ancora, la sindrome è stata spesso diagnosticata nei bambini affetti da disordini dell'ossidazione degli acidi grassi (malattie ereditarie del metabolismo - fortunatamente rare - in cui l'organismo non è in grado di smaltire gli acidi grassi a causa di un deficit enzimatico).
Ancora, sembra che l'esposizione cronica ad erbicidi, insetticidi e ad altre sostanze tossiche possa, in qualche modo, favorire la sindrome di Reye, nonostante il meccanismo patologico innescato rimanga tuttora oggetto di studio.

Dalle recenti statistiche mediche, si osserva che la sindrome di Reye tende a comparire 3-5 giorni dopo la somministrazione di acido acetilsalicilico a bambini al di sotto dei 12 anni, affetti da influenza, raffreddore o varicella. In genere, nei bambini di età inferiore ai 2 anni, la sindrome di Reye esordisce con dissenteria e aumento della frequenza cardiaca; nei bambini più grandi, i sintomi più ricorrenti sono la sonnolenza ed il vomito continuo. A questi sintomi iniziali, se ne aggiungono altri, quali allucinazioni, alterazione dell'umore, calo della concentrazione, confusione mentale, debolezza, irritabilità e sonnolenza marcata. Anche dalle analisi del sangue si evince che qualcosa non va: i livelli glicemici si riducono pesantemente (ipoglicemia),  a differenza della quota di ammoniaca nel sangue, che aumenta esageratamente oltre i 300mg/dl (iperammoniemia). Talvolta, è osservabile anche un'epatomegalia (ingrossamento del fegato), associata a convulsioni, encefalopatia, epilessia, perdita di coscienza, fino a giungere al coma e al decesso.

Nella maggior parte dei casi, i pazienti affetti da sindrome di Reye vengono ospedalizzati e tenuti sotto stretta osservazione medica; i pazienti più gravi vengono indirizzati verso il reparto di terapia intensiva. L'obiettivo del trattamento volto alla cura della sindrome di Reye prevede di ridurre l'infiammazione generale degli organi interni e di impedire eventuali danni, soprattutto a livello epatico e cerebrale.
Il più delle volte, il bambino viene reidratato con liquidi per via endovenosa a base di glucosio ed elettroliti: ricordiamo, infatti, che l'ipoglicemia è un sintomo caratteristico della sindrome di Reye.
Per la prevenzione delle emorragie, è possibile procedere con un trattamento con la vitamina K associato ad un'integrazione di plasma e piastrine. Anche i farmaci diuretici sono utilizzati in terapia nel contesto della sindrome di Reye per diminuire la pressione intracranica, favorendo l'emissione di liquidi con le urine. Ancora, per allontanare il patogeno, è possibile somministrare antibiotici (esclusivamente in caso di accertata coinfezione batterica). Per favorire l'eliminazione di sostanze tossiche/dannose dall'organismo, risulta molto utile la somministrazione di lassativi ad azione lubrificante/emolliente.
Quando la sindrome di Reye coinvolge le vie bronchiali, provocando serie difficoltà respiratorie, è pensabile avvalersi dell'ausilio di un tubo endotracheale.


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