La felicità nel corso della vita segue un percorso a U, scende dopo i 20, arriva al punto minimo ai 40, e poi risale nei decenni seguenti, per riassestarsi su toni positivi.
La cosiddetta “crisi dei 40 anni” affligge la maggior parte delle donne ed anche molti uomini. Nel caso femminile, essa si somma al fatto di dover affrontare la menopausa e i sintomi fisici e psicologici che questa comporta.
Rappresenta il momento in cui bisogna analizzare ciò che si è fatto fino a quel momento e considerare le questioni ancora irrisolte. Senza dubbio, ci sono casi in cui l’idea del pensionamento è già presente nella testa della persona (anche se, nella maggior parte dei paesi occidentali, l’età pensionabile non arriva prima dei 60 anni).
Gli esperti sostengono che esistono due tipi di crisi collegate all’età: quella evolutiva e quella circostanziale. La prima riguarda gli anni che si hanno e i cambiamenti biologici; la seconda è legata ai cambiamenti dell’ambiente circostante che hanno ripercussioni anche a livello personale. La crisi dei quarant’anni fa parte del primo gruppo.
L’arrivo ai quarant’anni può essere accompagnato da un quadro di depressione e ansia, soprattutto a causa delle pressioni sociali e familiari.
Ci sono vari fattori che provocano la crisi di mezza età, ma i più frequenti sono: l’insicurezza, un’eccessiva responsabilità, una quotidianità sempre uguale, i conflitti con il partner, gli errori commessi in passato, la noia, la mancanza di obiettivi chiari, ecc.
Senza dubbio, uno dei segni più evidenti della crisi dei 40 anni è la necessità di tornare ad essere giovani, di avere di nuovo vent’anni, o anche meno. Questo sentimento porta a cercare nuove esperienze, a fare cose prima non fatte per varie ragioni, a vestirsi come adolescenti, a frequentare locali o discoteche, ecc.
Questo nuovo atteggiamento nei confronti della vita può trasformarsi in un meraviglioso risveglio, in una forte motivazione che ci allontana dalla noia della routine e ci arricchisce la vita. Tuttavia, può anche provocare una grande nostalgia che ci blocca e ci spinge a vivere una sorta di letargo mentale ed emotivo, facendoci dimenticare che, in realtà, ci sono ancora moltissime cose da poter fare.
Studiosi di psicologia sociale dell’università di Melbourne (Australia), in collaborazione con gli specialisti della London School of Economics and Political Science dell’università di Warwick (Gran Bretagna) hanno analizzato un largo campione di persone, di nazionalità australiana, britannica e tedesca. Migliaia di dati e di questionari che verificavano lo stato di soddisfazione personale e di felicità globale della persona in momenti diversi delle loro vite: a 35,45, 55 anni e così via. Lo studio teneva conto anche dello status sociale dei rispondenti, verificandone titolo di studio, tipo di lavoro, stipendio, condizioni familiari, salute. I risultati sono stati poi pubblicati dall’IZA (Institut zur Zukunft der Arbeit), l’ente tedesco degli studi sul lavoro.
Nonostante la crisi di mezza età sia sempre stata attribuita all’arrivo dei 50 anni, quest’ultimo studio sposta invece l’attenzione sui primi 40 anni di vita. Secondo i risultati raccolti, tra i 40 e i 42 anni si raggiunge il nadir della crisi di mezza età, il punto più basso di non ritorno della propria insoddisfazione personale o dell’assenza di motivi per essere felici. Questo punto più basso è preceduto da anni difficili in discesa, e seguito però da decenni - dai 40 ai 70 - in cui la felicità media tende a innalzarsi di nuovo verso livelli ottimali, che si raggiungerebbero appunto a 70 anni.
Ovviamente la curva a U potrà cambiare di persona in persona, a seconda delle scelte di vita e del momento personale in corso: vale per esempio, spiegano gli studiosi, per quelle famiglie che si trovano a 40 anni alle prese con figli adolescenti, o che ancora non hanno avuto figli (se questo è uno dei loro obiettivi). Vale anche per quelle coppie che sono insieme già da molti anni e iniziano a sentire la monotonia del rapporto, così come per chi vive un’esperienza professionale giunta a un punto di non ritorno, che per chi ha iniziato a lavorare prima dei 30 coincide abbastanza con la fascia tra i 40 e i 45 anni di età, crisi economica permettendo.
Sul concetto di mezza età comunque gli studiosi hanno sempre lavorato, cercando di spiegarne i confini e le modalità, e spostando di volta in volta l’ago a seconda del tema affrontato. L’Economist per esempio, solo un paio di anni fa, decretava che a 46 anni l’uomo raggiungesse il picco di felicità, mentre uno studio inglese affermava che la mezza età non arrivasse prima dei 55 anni. Nemmeno un anno prima però, in America la mezza età veniva fissata intorno ai 35 anni. Tutti concordi comunque nelle diverse ricerche a segnare, negli anni tra i 40 e i 50, un momento di crisi fisica e mentale: uno studio inglese del 2012 avvertiva che a 45 anni il cervello entrava in crisi e cominciava così il suo declino cognitivo; altri puntavano il dito su tematiche più psicologiche e sul temibile «periodo dei bilanci», legati in ogni caso a una certa vulnerabilità esistenziale.
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