L'incidenza complessiva non si è modificata in misura significativa negli ultimi trent'anni. L'incidenza negli uomini è circa il doppio rispetto alle donne. Tuttavia, l'età media di insorgenza è aumentata dai 35 anni circa dell'era preantibiotica a > 50 anni. Oggi si assiste anche a un aumento dell'incidenza di endocardite del cuore destro, in associazione all'uso di stupefacenti EV e a procedimenti diagnostici e terapeutici che richiedono il cateterismo di vasi sanguigni. La cardiochirurgia e le altre tecniche invasive hanno portato a un'aumentata incidenza di endocardite in ambiente ospedaliero (10-15% in recenti casistiche).
L'endocardite è uno stato infiammatorio dell'endocardio, il tessuto che riveste le cavità interne e le valvole del cuore; in particolare, i tessuti endocardici maggiormente coinvolti nella malattia infettiva risultano essere le valvole cardiache.
L'incidenza della malattia risulta in continua crescita per quanto riguarda i neonati e i bambini (1 su 4.500, mentre è molto più bassa nei Paesi Bassi). Quando sono coinvolti i nascituri il rischio di mortalità è molto elevato.
Costituiscono fattori di rischio molte malattie cardiache e altre condizioni fra cui:
prolasso valvolare mitralico, soprattutto se associato a insufficienza della valvola (rigurgito di sangue dal ventricolo sinistro all'atrio sinistro).
Nell'anziano esiti di cardiopatia reumatica (7-18%), valvola aortica bicuspide, stenosi e calcificazioni valvolari degenerative.
Cardiopatie congenite, trilogia e tetralogia di Fallot, pervietà di setto atriale o ventricolare, stenosi della polmonare isolata, valvola aortica bicuspide.
Sindrome di Marfan, per predisposizione a prolasso e insufficienza mitralica.
Esiti di infarto del miocardio.
Nutrizione parenterale continua, catetere venoso centrale.
Tossicodipendenza, con maggiore manifestazione del cuore destro.
Pazienti portatori di protesi valvolari, soprattutto se diabetici e/o immunodepressi.
Si distinguono due macrocategorie eziologiche: cause infettive e cause non infettive. Queste ultime, più rare, si caratterizzano per emocoltura negativa e per la presenza di vegetazioni endocardiche sterili; tra queste, la più importante è sindrome di Libman-Sacks, estrinsecazione endocardica del lupus eritematoso sistemico. Nei soggetti anziani, affetti da carcinomi metastatici può presentarsi una "endocardite marantica", soprattutto in presenza di adenocarcinoma mucinoso o di sindrome di Trousseau. L'eziologia della endocarditi infettive varia in base all'età e alle condizioni predisponenti. I due generi batterici più frequenti sono lo Staphylococcus e lo Streptococcus. Tra i primi è di particolare importanza lo Staphylococcus aureus, molto spesso correlato a procedure invasive e in grado di infettare valvole native. Gli stafilococchi coagulasi negativi (come Staphylococcus epidermidis, Staphylococcus lugdunensis, Staphylococcus hominis) insorgono invece più frequentemente su valvole protesiche. Tra gli streptococchi assumono particolare importanza gli streptococchi di gruppo D (come Streptococcus bovis, Streptococcus galloliticus, presenti nel tratto gastrointestinale) e gli streptococchi viridanti (come Streptococcus mutans, Streptococcus oralis, Streptococcus salivarius, presenti nel cavo orale), entrambi genere in grado di infettare valvole native o protesiche. Occorre inoltre ricordare che un ampio gruppo di batteri possono provocare endocardite, tra questi:
Enterococcus faecalis
Pseudomonas aeruginosa, soprattutto nei tossicodipendenti
Enterobacteriaceae
Neisseria
Gruppo HACEK
Brucella
Yersinia
Listeria
Coxiella
Bacterioides
Acinetobacter
Corynebacterium
Deve essere altresì ricordato che un'endocardite infettiva può essere sostenuta da Candida albicans, soprattutto in soggetti immunocompromessi, sottoposti a intervento cardiochirurgico o in terapia endovenosa attraverso catetere venoso centrale.
In condizioni normali, il sistema immunitario riconosce e difende l'organismo dagli agenti infettivi, i quali - anche se riuscissero a raggiungere il cuore - risulterebbero innocui, attraversandolo senza causare un'infezione. Tuttavia, se le strutture cardiache sono danneggiate, come conseguenza di febbre reumatica, difetti congeniti o altre malattie, possono subire l'aggressione dei microrganismi. In queste condizioni, per i batteri penetrati nell'organismo attraverso il circolo sanguigno è più facile attecchire nel rivestimento interno del cuore, superando la normale risposta immunitaria alle infezioni. Quando si verifica la situazione ideale, gli agenti infettivi possono organizzarsi formando delle masse chiamate "vegetazioni" (lesioni caratteristiche dell'endocardite batterica) presso il sito di infezione, sia esso una valvola cardiaca o altre strutture del cuore, inclusi i dispositivi impiantati. Esiste il rischio che queste masse cellulari agiscano in modo simile a coaguli di sangue, bloccando l'apporto di sangue agli organi e inducendo insufficienza cardiaca o innescando un ictus. All'analisi al microscopio, queste vegetazioni evidenziano la presenza di microcolonie di microrganismi infettanti, incorporati in un reticolo di piastrine, fibrina e poche cellule infiammatorie.
Se l'endocardite è trascurata, l'infiammazione può danneggiare o distruggere i tessuti endocardici o le valvole cardiache e portare a complicazioni pericolose per la vita. Se si dispone di un difetto cardiaco, particolari procedure mediche possono creare una batteriemia transitoria potenzialmente responsabile di endocardite: tonsillectomia, adenoidectomia, chirurgia intestinale e respiratoria, cistoscopia, broncoscopia, colonscopia ecc. Il rischio di endocardite esiste anche quando il paziente si sottopone ad alcune procedure dentistiche.
Lavarsi i denti, masticare il cibo e altre attività che interessano il cavo orale possono permettere ai batteri di entrare nel flusso sanguigno. Il rischio aumenta se i denti e gengive sono in cattive condizioni, poiché possono rappresentare le porte di ingresso per i batteri.
I microrganismi possono diffondere dal sito di un'infezione pre-esistente (esempio: gengivale o cutanea) al sangue, e da qui al cuore. I batteri possono anche derivare da una malattia a trasmissione sessuale, come la clamidia o la gonorrea. Anche certi disturbi intestinali possono dare l'opportunità ai batteri di entrare nel flusso sanguigno. Qualsiasi atto medico che prevede il posizionamento di uno strumento all'interno del corpo comporta un piccolo rischio di introdurre batteri nel flusso sanguigno (esempio: interventi al tratto intestinale, genitale, urinario o asportazione delle tonsille o delle adenoidi). Lo stesso discorso vale anche per alcune procedure odontoiatriche che possono causare sanguinamento (avulsioni, impianto).
I batteri possono entrare nell'organismo attraverso un catetere, un tubo sottile che viene utilizzato per svuotare la vescica (se vescicale), per la perfusione di una soluzione medicamentosa o per il drenaggio di liquidi. Anche il laparoscopio è uno strumento che potenzialmente può associarsi ad infezione (è un piccolo tubo flessibile che ha una sorgente di luce ed una telecamera ad una estremità, utilizzato per diagnosticare e trattare una vasta gamma di condizioni cliniche). I batteri che possono causare endocardite possono anche accedere al flusso sanguigno attraverso gli aghi utilizzati per un tatuaggio o un piercing. Le siringhe contaminate rappresentano una potenziale fonte di infezione per le persone che fanno uso di droghe per via endovenosa.
I consumatori abituali di eroina o metamfetamine presentano un rischio tre volte più elevato di sviluppare endocardite rispetto alla popolazione generale. Questa condizione è determinata soprattutto da iniezioni ripetute e dall'utilizzo di aghi non sterili, spesso contaminati con i batteri che possono causare endocardite.
L'endocardite causata da un'infezione fungina è più rara e di solito è associata ad un quadro clinico più grave.
Il rischio di endocardite fungina aumenta, in caso di:
Intervento chirurgico;
Catetere venoso centrale, che consiste in un tubicino collegato ad una vena del collo, inguine o torace, utilizzato per fornire medicinali e/o fluidi a persone gravemente malate;
Sistema immunitario indebolito, come risultato di una condizione immunosoppressiva (come l'HIV) o come effetto collaterale ad alcuni tipi di trattamento, come la chemioterapia.
Molti sono i sintomi e i segni clinici che si riscontrano nelle persone affette da questa patologia:
Febbre, anemia (talora piastrinopenia), sudorazione, sensazione di brivido;
Anoressia, astenia, artralgie (40% dei casi), splenomegalia (30% dei casi), emboli settici (30% dei casi) in cute, palato e congiuntive, con segni caratteristici come noduli periungueali di Osler, macchie cutanee a fiamma di Janeway, lesioni retiniche di Roth, leucocitosi. Possono inoltre manifestarsi infarti embolici renali, glomerulonefrite focale o diffusa e altre patologie da immunocomplessi.
La diagnosi si pone con almeno due su tre dei criteri maggiori:
Ecocardiogramma - che presenta vegetazioni valvolari
Coltura positiva per stafilococchi o streptococchi
Presenze di un soffio cardiaco generato da valvulopatia endocarditica.
La diagnosi si può porre anche con uno solo dei criteri maggiori (ECOcardio, coltura positiva, nuovo soffio cardiaco) e almeno tre tra le varie manifestazioni minori.
Il trattamento da seguire per tale malattia è molto studiato in letteratura ma rimane ancora controverso, preferendo un intervento chirurgico di resezione e sostituzione valvolare.
Le complicanze più severe derivano dalla formazione di coaguli ematici sulle superfici danneggiate. Questi coaguli, successivamente, si rompono ed entrano nella circolazione come emboli, rappresentando potenziali cause di ictus, infarto miocardico e insufficienza renale.
Se non trattata, l'endocardite batterica può anche indurre:
Insufficienza cardiaca;
Disfunzione valvolare;
Ascessi cardiaci;
Estensione dell'infezione (formazione di ascessi in altre parti del corpo, come cervello, reni, milza o fegato);
Embolie sistemiche.
Se l'endocardite batterica progredisce e non è adeguatamente trattata, di solito è fatale.
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