L'incremento degli esami radiologici è riconducibile essenzialmente ai progressi tecnologici che hanno messo a disposizione esami sempre più raffinati e precisi.
Tuttavia quando l'esame è indicato, anche se espone a una dose di radiazioni relativamente elevata, offre vantaggi che superano i rischi. Al contrario, l'esposizione non giustificata può comportare un inutile danno per il paziente. Eppure spesso i medici tendono a prescrivere un esame in più per tutelarsi da una mancata diagnosi: è quella che viene definita 'medicina difensiva'.
La quantità delle radiazioni alle quali viene esposto il paziente è varia in base all'esame cui viene sottoposto: una Tac del torace, ad esempio, equivale a effettuare 385 radiografie del torace. Anche nella vita quotidiana, tuttavia, siamo esposti alle radiazioni: ad esempio si stima che un volo aereo intercontinentale andata e ritorno dall’Europa all'America equivale ad eseguire 5 radiografie del torace.
Esistono due tipi di effetti prodotti dalle radiazioni. Da una parte vi è un effetto diretto che compare nella persona esposta ad una quantità di radiazioni al di sopra di una determinata soglia e che si manifesta con danno, ad esempio con un'ustione sulla pelle.
In questo caso la quantità di radiazioni è ben superiore a quella comunemente impiegata negli esami radiologici. Il secondo è il cosiddetto effetto stocastico: si tratta di un rischio statistico e significa che l'esposizione ad una certa dose aumenta di una certa percentuale le probabilità di comparsa di un tumore nella popolazione.
Occorre usare apparecchi con schermi di difesa efficaci e pellicole sensibilissime per utilizzare bassissime potenze di irradiazione.
Oggi sistemi tecnologici avanzati per questo scopo, ve ne sono molti e portano a diminuire anche del 75% l’intensità delle radiazioni emesse.
Inoltre bisogna schermare le parti del corpo che sono le più intaccabili dalle radiazioni e cioè tutte le ghiandole esistenti nel corpo umano. No, quindi alle radiazioni radiografiche senza una vera e certa indicazione clinica e senza criterio come purtroppo assistiamo spesso nel settore sanitario.
I rischi ed i costi delle radiografie sarebbero minori se i medici non richiedessero troppo spesso ed inutilmente, radiografie a scopo preventivo, salvo le ipotesi a grave rischio e se nel nostro paese fossimo adeguati alle norme CEE.
Se i medici imparassero ad usare le tecniche diagnostiche della Medicina Naturale tipo: l’Iridologia, il Mineralogramma, la Kinesiologia, l’Alitest, BEV, ecc., potrebbero fare a meno del 80% delle quantità di radiografie che invece, per ignoranza su una antica scienza, ordinano ai loro pazienti.
Il danno delle radiografie in età pediatrica c’è e può essere di natura genetica o somatica. Queste indicazioni sono state date in un convegno internazionale tenuto ad Ischia.
Un biologo denuncia che sono responsabili dell'aumento dei casi di cancro, in particolare quello al seno. "Per tutti gli anni Sessanta milioni di donne furono sottoposte a frequenti radiografie. L'uso eccessivo di raggi X, per la diagnosi o la terapia delle più svariate malattie, sarebbe la causa di un aumento nell'incidenza del tumore al seno: sia per quanto riguarda i casi verificatisi negli ultimi 30 anni, sia per quelli previsti nei prossimi anni. A denunciare le conseguenze dell'abuso di raggi X è John Gofman, biologo molecolare all'università della California.
L’ecografia 4D può essere pericolosa per la salute del feto.
Il Collegio nazionale di ginecologi e ostetrici francesi ha messo in allerta parlando di un vero e proprio scandalo in relazione alla diffusione di questa pratica. Gli esperti spiegano che le parti del corpo più a rischio sono gli occhi e il cervello del nascituro, esposti agli ultrasuoni emessi dal macchinario.
Per il momento non sono stati riscontrate prove evidenti di un collegamento tra l’emissione di certi ultrasuoni e lo sviluppo del feto ma si tratta di una tecnica recente, su cui molto è ancora in fase sperimentale, nonostante sia già boom negli Stati Uniti.
Intanto anche la Società internazionale degli ultrasuoni in ostetricia e ginecologia (Isuog) e la Federazione mondiale degli ultrasuoni in medicina e biologia (Wfumb), hanno espresso disapprovazione per l’uso di tecnologie 4D al di fuori di applicazioni prettamente mediche.
I pazienti in dialisi sarebbero soggetti ad un rischio di cancro in media di 1,5 volte superiore rispetto alle persone che non sono soggette a questa terapia.
L’aumento significativo della probabilità di ammalarsi di cancro durante la dialisi si spiegherebbe, secondo i medici, in modo assai semplice: molti pazienti devono sottoporsi, nel corso degli anni, a degli esami radiologici. Tuttavia sembra che, nell’esercizio della loro attività quotidiana, i radiologi non posseggano una tale lungimiranza.
Gli scienziati hanno tenuto sotto osservazione un gruppo di 106 pazienti in dialisi per tre anni ed hanno calcolato l’esposizione d’irradiazione sulla base dei dati salvati nei files dell’ospedale.
La tomografia computerizzata è stata impiegata 248 volte, nella maggior parte dei casi i radiologi cercavano le cause di complicazioni neurologiche, emorragiche o respiratorie.
Complessivamente gli esami radiologici sono stati, nell’intervallo di tempo considerato, 1300, il che significa, da un punto di vista statistico, che ogni paziente in dialisi è stato sottoposto ad esame radiologico 4,3 volte.
Circa il 76% della quantità di radiazione derivava dalle analisi svolte con la tomografia computerizzata (TC), mentre le analisi radiologiche tradizionali hanno contribuito per il 19%. Solo 22 dei 106 pazienti sono stati esposti a dosi inferiori a 22 millisievert, mentre per oltre un terzo dei pazienti la quantità di radiazione complessiva risultava troppo elevata e superava abbondantemente i 50 millisievert. Il 16% dei pazienti era stato esposto a 100 millisievert all’anno, una dose che viene associata ad un rischio alto di mortalità a causa del cancro. Ciò in quanto i medici hanno calcolato il cumulo di esposizione ad irradiazione rifacendosi a valori statistici consolidati sulla base delle analisi svolte sui sopravvissuti alla bomba atomica di Hiroshima. Lì si è riscontrato che il cumulo di radiazioni di 100 millisievert all’anno nasconde un rischio enorme.
I medici David Pickens e Martin Sandler dell’americana Vanderbilt School of Medicine ritengono che il problema stia nella facilità con cui si ricorre all’esame radiologico nei pazienti in dialisi. “Vi sono procedimenti che vengono impiegati troppo spesso in quanto possono dare una grande quantità di informazioni al medico in poco tempo”, ecco la critica a TC & Co. che viene fatta in un loro articolo sul giornale.
Per l’American Society of Nephrology (ASN) i risultati provenienti dall’Italia costituiscono un valido indizio per un uso diverso delle analisi radiologiche nell’esercizio medico quotidiano, tuttavia, anche senza l’irradiazione dovuta alla radiologia, i malati di malattia renali rimangono particolarmente esposti al problema. Ciò in quanto, secondo la co-autrice Andreana de Mauri. vi sarebbero dei meccanismi finora sconosciuti che provocano l’insorgenza del cancro. Il trapianto di reni determina un rischio 5 volte superiore di cancro, nessuno però è in grado di spiegarne il motivo. Un’esposizione troppo alta alle radiazioni aumenta ulteriormente questo trend.
Il Bundesamt per la protezione dalle irradiazioni mette in guarda dalla TC.
Ma gli italiani non sono soli in questa critica al ricorso troppo facile a procedimenti particolarmente gravosi per il paziente. Nel Luglio 2010, in Germania, anche il Bundesamt für Strahlenschutz (BfS) ammoniva che “in Germania si ricorre troppo spesso all’esame radiologico rispetto al contesto internazionale” e che “ciò riguarda in particolar modo la tomografia computerizzata, il cui uso è aumentato particolarmente. Lo scopo è di ridurre l’esposizio a radiazioni al minimo necessario”.
Il BfS ha pubblicato nell’Agosto 2003 dei parametri di riferimento diagnostici che sono stati poi corretti e resi attuali più avanti. Il nuovo parametro di riferimento diagnostico tedesco per un esame radiologico del bacino è oggi diminuito del 40% rispetto al vecchio valore. Il Clou: il rischio derivato dall’irradiazione diminuisce della medesima percentuale. Si mostra così “un nuovo trend di riduzione del carico di radiazioni nelle singole analisi mediche”. Un ulteriore novità consiste inoltre nell’introduzione di parametri di 4 TC su pazienti bambini.
Dall’altra parte dell’Oceano, Edward Mc Gaffigan, Alto Commissario per il controllo del nucleare, ha dichiarato che è «disgustato dalla cultura che imperversa nella comunità medica e che spinge verso un utilizzo sempre più esasperato degli esami basati sull’imaging». Che vuol dire Tac, risonanza, Pet, raggi x.
Da noi gli ultimi a lanciare l’allarme contro l’abuso di esami sono stati proprio i radiologi durante il loro congresso. I loro dati disegnano un mondo in cui i conti non sempre tornano. Soprattutto se si mettono a confronto le cifre degli esami, i risultati degli esami e l’alto numero delle volte che questi vengono ripetuti a distanza ravvicinata. Un mix che fa lievitare la spesa sanitaria, porta fuori strada la diagnostica ufficiale e, come si preoccupa l’Organizzazione mondiale della sanità, espone i pazienti ad un eccesso di radiazioni.
Sono circa 40-50 milioni le prestazioni radiologiche che ogni anno si effettuano in Italia. Quasi una per ogni abitante, bambini compresi. Sono stati proprio i radiologi ad avviare un’indagine firmata dalla Società italiana di radiologia medica, l’Associazione italiana di neuroradiologia e il Sindacato nazionale dei radiologi. I risultati preliminari si basano sulle rilevazioni in sei regioni e province autonome (Marche, Toscana, Sicilia, provincia di Trento, di Bolzano e della Valle d’Aosta). Un altro dato troppo alto, dicono gli esperti, rispetto alla popolazione: in dodici mesi, tra ambulatori e Asl, sono stati richiesti 8 milioni di prestazioni radiologiche.
Il 75% dei cinquanta milioni di esami che si contano ogni anno in Italia, per i camici bianchi sono da considerarsi appropriati. Gli altri, complici la tendenza dilagante della medicina difensiva e la non correttezza delle richieste, potrebbero essere evitati.
Un esame su quattro, dunque, sarebbe superfluo. L’8% della spesa sanitaria si deve proprio a queste indagini.
La Lombardia è stata una delle poche regioni che ha condotto un’indagine sugli esami specialistici: otto su dieci sono risultati inutili. Nel periodo 2001-2006 le richieste per la risonanza magnetica sono raddoppiate. «E’ esponenziale la crescita della domanda di esami - commenta Roberto Lagalla, presidente della Società italiana di radiologia medica - Esami per i quali si utilizzano radiazioni ionizzanti e non ionizzanti. E’ praticamente impossibile fornire una tempestiva risposta ad una simile mole di richieste. Questo, nonostante gli sforzi di adeguamento delle risorse umane, delle tecnologie e dei modelli organizzativi».
Le conseguenze, oltre alla crescita incontrollata delle uscite: l’allungamento delle liste d’attesa, l’innalzamento del rischio di errore diagnostico e il possibile incremento della dose radiante ai pazienti. Un rapporto dell’Istituto superiore di sanità mostra un’Italia, come al solito, a tripla o doppia velocità: le donne del Sud si sottopongono ad una media di 6,2 esami radiologici durante la gestazione, quelle del Centro 5,5 e quelle del Nord 4,9.
Secondo uno studio condotto da Diana Miglioretti, del Group Health Research Institute e dell'Università di Davis, in California, a partire dai dati di sette sistemi sanitari degli Stati Uniti, l'uso di della tomografia computerizzata delle pelvi, del torace o della colonna nei bambini al di sotto dei 14 anni è più che raddoppiato nel decennio tra il 1996 e il 2005: «L'aumento dell'uso di Tc in pediatria, combinato con l'ampia variabilità nella dose di radiazioni ha fatto sì che molti bambini ricevessero esami ad alte dosi» si legge nello studio. Analizzando i sottogruppi di età, Miglioretti e colleghi hanno scoperto che la fascia di età più esposta a pericoli è quella compresa tra 5 e 14 anni, nei quali la frequenza d'uso della tomografia è triplicata, salvo poi assestarsi tra il 2006 e il 2007 e iniziare dopo di allora a declinare lentamente. Nella fascia di bimbi con meno di 5 anni l'aumento è stato appena meno drammatico – il dato è infatti circa raddoppiato nel decennio – ma l'effetto stimato in termini di aumento di rischio per un tumore solido risulta più alto (con una preferenza per le femmine rispetto ai maschi). Una differenza è stata anche osservata in funzione della sede: la tomografia di addome e pelvi o della colonna è risultata associata a un rischio più significativo rispetto ad altre sedi.
In cifre, Miglioretti e colleghi hanno stimato che per le femmine si manifesterà un tumore solido indotto dalle radiazioni ogni 300-390 tonografie di addome/pelvi, ogni 330-480 tomografie del torace e ogni 270-800 tomografie della colonna, con gran parte della variabilità legata all'età della bambina al momento dell'esame. Il rischio potenziale di leucemia è risultato più alto per le tomografie della testa nei bimbi di meno di 5 anni di età, con un tasso pari a 1,9 casi ogni 10.000 tomografie.
Complessivamente, i 4 milioni di esami compiuti ogni anno in età pediatrica negli Usa comporterebbero 4.870 futuri tumori, per quasi metà (43%) prevenibili – secondo gli autori – intervenendo sul 25% di esami con dosaggi più alti per riportarli in linea con la mediana attuale. In assenza di stime affidabili sull'entità dei benefici per la salute di queste tomografie, e sulla loro eventuale sostituibilità con esami meno pericolosi, i ricercatori invitano a centellinarle, limitandone l'uso ai casi in cui la prospettiva di un beneficio è provata.
Allo stesso invito è improntato anche l'editoriale cofirmato da Alan Schroeder, del Santa Clara Valley Medical Center di San Jose, in California, e Rita Redberg, editor della rivista Jama Internal Medicine: «Questo richiede una modifica della nostra cultura che renda più accettabile una diagnosi in assenza di immagini di conferma, e l'approccio dell'attesa vigile, e combatta la mentalità del “facciamo un altro esame che male non fa”. L'incertezza può essere destabilizzante, ma è un prezzo modesto da pagare per proteggere noi stessi e i nostri figli da migliaia di tumori prevenibili».
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