martedì 22 settembre 2015

CEFALEA



Nel corso di un anno, il 90% degli individui soffre almeno una volta di mal di testa. Tra quelli che si recano al pronto soccorso, circa l'1% ha un grave problema di fondo.

Secondo un’indagine ad hoc condotta da Gfk Eurisko nel gennaio 2014, per 19 milioni di italiani il mal di testa è semplicemente “mal di testa”, un disturbo gestibile e sopportabile, mentre sono circa 4 milioni che dichiarano di soffrire di un mal di testa forte, distinto dal precedente, percepito come insopportabile.

Le cefalee primarie rappresentano oltre il 90% di tutti i mal di testa, e tra questi, la cefalea episodica di tipo tensivo è la più comune.

Si stima che le donne siano tre volte più inclini a soffrire di cefalea rispetto agli uomini. Inoltre, la prevalenza di questo particolare tipo di mal di testa sembra variare a seconda della specifica area del mondo in cui si vive. Tuttavia, l'emicrania appare essere provata dal 12% al 18% della popolazione.

Si ritiene che la cefalea a grappolo interessi meno dello 0,5% della popolazione, anche se la sua prevalenza è difficile da stimare, poiché è spesso scambiata per una patologia sinusale. Tuttavia, secondo i dati esistenti, cefalea a grappolo hanno maggiori probabilità di verificarsi in uomini che donne, dato che la condizione tende a colpire 5 a 8 volte più uomini.

La classificazione maggiormente utilizzata è la International Classification of Headache Disorders (ICHD), definita dalla International Headache Society (IHS) che ha pubblicato la seconda edizione nel 2004. Tale classificazione è accettata anche dall'OMS.

Esistono altri sistemi di classificazione e uno dei primi tentativi è stato pubblicato nel 1951. Il National Institutes of Health ha sviluppato un proprio sistema nel 1962.

L'International Classification of Headache Disorders (ICHD) è una classificazione gerarchica della cefalea pubblicata dalla International Headache Society. Essa contiene criteri diagnostici operativi per le cefalee. La prima versione della classificazione, l'ICHD-1, è stata pubblicata nel 1988. La versione corrente, l'ICHD-2, è invece del 2004.

La classificazione utilizza codici numerici. Il livello superiore comprende 14 gruppi di mal di testa. I primi quattro di questi sono classificati come cefalee primarie, i gruppi dal 5 al 12 come cefalee secondarie, le nevralgie craniche, i dolori facciali di origine centrale e gli altri mal di testa sono inserite negli ultimi due gruppi.

La classificazione ICHD-2 definisce l'emicrania, la cefalea di tipo tensivo, la cefalea a grappolo e le cefalee trigeminali come i principali tipi di cefalee primarie. Inoltre, secondo la stessa classificazione, la cefalea lancinante, la cefalea causata da tosse e la cefalea coitale (che avviene in seguito ad un rapporto sessuale) vengono classificate come cefalee primarie. La cefalea cronica, la cefalea ipnica e la cefalea a rombo i tuono sono anch'esse considerate come cefalee primarie.

Il cervello non è sensibile al dolore, poiché manca di recettori per percepirlo. Tuttavia, diverse zone della testa e del collo hanno nocicettori, e possono quindi sentire il dolore. Questi includono le arterie extracraniche, le grandi vene, i nervi cranici e spinali, i muscoli della testa e del collo e delle meningi.

Poiché ogni tipo di cefalea necessita di una sua terapia specifica, una terapia efficace non deve prescindere dal corretto inquadramento diagnostico, che segua una classificazione condivisa. La 2a edizione della classificazione della Società Internazionale per le Cefalee costituisce oggi il riferimento principale per un approccio razionale in cui sono elaborati e condensati molti anni di ricerca scientifica.

Vengono distinte le cefalee primarie (emicrania, cefalea muscolo-tensiva, cefalea a grappolo) e le cefalee secondarie (secondarie a patologie cerebrali, craniali, internistiche o psichiatriche, oltre a quelle derivanti da abuso di farmaci, ad es. analgesici), infine le nevralgie craniali, tra cui la nevralgia del trigemino.

Nella pratica clinica, l'emicrania con le sue varianti è la cefalea più frequente di cui soffrono le persone che cercano l'attenzione del neurologo specializzato. L'emicrania spesso non è riconosciuta, e anche se riconosciuta come tale, spesso non è trattata seguendo semplici, ma in genere efficaci, principi terapeutici. L'elemento più importante per un corretto inquadramento diagnostico di tutte le cefalee è una precisa analisi dei sintomi riferiti (ad es. frequenza della cefalea, localizzazione esatta del dolore, durata, tipo, presenza di altri segni clinici associati come ad es. nausea oppure lacrimazione) e delle circostanze in cui si manifestano. Importante poi assicurarsi tramite la visita neurologica che lo stato clinico-neurologico sia (come quasi sempre avviene) normale. Esami diagnostici strumentali sono spesso rinunciabili, può essere utile (con un sospetto concreto) una TAC o risonanza magnetica cerebrale per escludere cause intracraniali secondarie.

L'emicrania si manifesta nel 10-15% della popolazione; sono colpite più donne che uomini. Interessa un 5% dei bambini, ma generalmente inizia dopo la pubertà, per avere la massima incidenza tra i 35 e i 45 anni. È spesso ereditaria in quanto viene ereditata la suscettibilità ad avere crisi di emicrania che poi si manifestano spesso quando entrano in gioco uno o più dei fattori scatenanti. L'emicrania può essere considerata un fenomeno neurobiologico complesso, legato ad alterazioni transitorie del funzionamento delle cellule nervose senza che siano presenti alterazioni strutturali grossolane del sistema nervoso. Le basi neurofisiologiche dell'emicrania sono ancora oggi poco conosciute; sono comunque coinvolti neurotrasmettitori come la serotonina e proteine della membrana neuronale come la cosiddetta pompa del sodio e del potassio e altri canali ionici della membrana cellulare.

Si conosce una serie di fattori scatenanti che facilitano lo sviluppo di un attacco emicranico (ormoni estrogeni, nel periodo delle mestruazioni oppure se somministrati come anticoncezionali o come terapia sostitutiva dopo la menopausa; alcoolici, in particolare il vino rosso; alcuni cibi, come formaggi stagionati, cioccolato e noci; rilassamento dopo stress sostenuto; rilassamento dopo sforzi fisici sostenuti; digiuno; intolleranza al glutine). Il ruolo dei cibi spesso non è comunque determinante e oggi ridimensionato (sembra anche che ad esempio un eccessivo consumo di cioccolato sia più un sintomo premonitore che una causa delle crisi acute di emicrania). Il fumo, anche di poche sigarette, oppure il fumo passivo è invece un importante fattore scatenante in chi è predisposto ad avere emicrania.

I sintomi dell'emicrania in quasi tutti i casi sono molto caratteristici e da soli permettono la diagnosi. Possono talvolta essere preceduti da sintomi premonitori come cambiamenti dell'umore (euforia, iperattività, irritabilità), aumento dell'appetito in particolare per i dolci, o sete. Circa il 10% dei pazienti soffre di cosiddette 'aure' come disturbi visivi (oscuramento di un campo visivo, linee scintillanti) o disturbi della sensibilità con formicolii; raramente possono manifestarsi sintomi neurologici più importanti, come difficoltà del linguaggio, debolezza muscolare, vertigini e difficoltà della coordinazione motoria (sintomi neurologici focali si manifestano in particolare nella cosiddetta emicrania basilare e sono causati da un interessamento del tronco cerebrale irrorato dall'arteria basilare). Il dolore è pulsante e spesso (ma non sempre) localizzato in un lato della testa ('emi-crania'), è aggravato da attività fisica e accompagnato da un senso di stanchezza, ipersensibilità alla luce e ai rumori, nausea e vomito. Non raramente il dolore è cervicale (la maggior parte delle cosiddette 'cervicali' episodiche sono in realtà crisi di emicrania acuta con una localizzazione cervicale del dolore).

Gli attacchi possono durare da poche ore fino a vari giorni e possono essere molto disabilitanti. In genere comportano l'interruzione delle normali attività quotidiane. I sintomi sono completamente reversibili, solo in rari casi possono formarsi piccole lesioni cerebrali per un disturbo della circolazione sanguigna; le persone che soffrono di emicrania, inoltre, hanno un rischio leggermente maggiore di sviluppare un ictus cerebrale. Nel diagnosticare l'emicrania è importante escludere altri tipi di cefalea, come la cefalea muscolo-tensiva, la cefalea a grappolo e la nevralgia del trigemino, che richiedono terapie differenti dalla terapia dell'emicrania. Inoltre, bisogna escludere altre cause di cefalea acuta come emorragie cerebrali o subaracnoidali, oppure trombosi dei seni venosi cerebrali, che possono essere pericolose se non trattate adeguatamente.



È frequente nella pratica quotidiana che un'emicrania prima solo episodica sia complicata da una cefalea cronica di rimbalzo indotta dall'uso troppo frequente di analgesici e triptani. I triptani sono particolarmente pericolosi in questo senso per il loro rapido effetto che induce ad un loro uso ripetitivo e alla fine spesso plurisettimanale e perfino quotidiano. In questo caso è necessario la sospensione completa degli analgesici o dei triptani usati, coprendo il dolore con farmaci di natura differente o usando sedativi e anche cortisonici nella prima fase della 'disintossicazione'. Spesso sono sufficienti pochi giorni per superare la cefalea di rimbalzo, ma è importante prevenire le ricadute, anche tramite un'adeguata profilassi dell'emicrania se indicata.

Oltre alla farmacoterapia dell'attacco acuto è importante la prevenzione dell'emicrania. In primo luogo, è necessario eliminare, se presenti, i fattori scatenanti, tra cui soprattutto il fumo. È inoltre importante che la persona realizzi quali siano situazioni particolarmente stressanti per evitarle. In questo contesto possono essere utili determinate tecniche di rilassamento e biofeedback. Se queste misure non portano ad una sostanziale riduzione degli attacchi, o se gli attacchi avvengono più di 4 volte al mese e sono gravi e protratti oppure accompagnati da deficit neurologici, è indicata la farmacoterapia profilattica. Esistono vari farmaci con dimostrata attività profilattica, la cui efficacia deve essere provata a dosaggi idonei e per periodi sufficientemente lunghi prima che uno di essi venga sostituito con un altro. Nella farmacoprofilassi si usano i beta-bloccanti, che bloccano i ricettori dell'adrenalina che intermedia le reazioni di stress: metoprololo, propranololo; antagonisti del ricettore dell’angiotensina come il candesartan; calcio-antagonisti, che influenzano l'attività della muscolatura vascolare come la flunarizina; sostanze che stabilizzano le proprietà elettriche delle membrane delle cellule nervose come gli anticonvulsivi: acido valproico e topiramato; antidepressivi triciclici che modificano l'attività di vari neurotrasmettitori come l'amitriptilina. Sono di scarsa efficacia invece gli antidepressivi SSRI come fluoxetina, paroxetina, sertralina o citalopram). La terapia profilattica deve essere seguita per un periodo di almeno alcuni mesi, durante il quale è importante valutare i possibili effetti collaterali nel singolo paziente. Inoltre, non essendo possibile prevedere esattamente quale farmaco e quale dosaggio siano più efficaci per il singolo paziente, è necessario un adeguamento individuale di questa terapia. E’ infine importante evitare il più possibile prescrizioni di farmaci multipli di cui alla fine non si comprende quale parte sia effettivamente di beneficio. L’obiettivo di una buona profilassi è ridurre o eliminare gli attacchi di emicrania con un dosaggio basso e ben tollerato possibilmente di un singolo farmaco. La contemporanea somministrazione di magnesio (dosaggio minimo di 300 mg al giorno), riboflavina (Vitamina B2) e coenzima Q10 può permettere di usare dosaggio bassi di farmaci. Non raramente magnesio e riboflavina da soli sono efficienti e non c’é bisogno di aggiungere farmaci.

La prognosi dell'emicrania è buona, in quanto essa dimostra una tendenza spontanea alla remissione dopo i 50 anni. Il futuro della ricerca sta nella migliore caratterizzazione dei meccanismi molecolari e fisiologici che scatenano l'attacco acuto, per scoprire farmaci potenti che interferiscano direttamente con questi meccanismi. Anche la ricerca genetica contribuirà a definire i fattori genetici presenti, ma ancora solo parzialmente sconosciuti, e offrirà eventualmente ulteriori possibilità di intervento terapeutico.

I mezzi terapeutici attualmente disponibili permettono comunque già oggi una soddisfacente gestione dell'emicrania nella maggior parte dei casi se impiegati in modo razionale e da mano esperta.

È dagli inizi degli anni ‘60 che Federigo Sicuteri, farmacologo e clinico italiano, evidenzia variazioni nei livelli di serotonina sia prima che durante gli attacchi di cefalea. Quindi definisce la patogenesi serotoninica di questa patologia. Risultati successivi hanno corroborato questa impostazione consentendo l’evoluzione di numerosi serotonergici nella terapia della cefalea.
Nel 1974 Federigo Sicuteri propone la teoria serotoninica dell’emicrania, dopo averne rilevato il ruolo nelle cefalee ed aver dimostrato la potenza dei farmaci serotoninergici (Oliver Sacks). Nel proseguire le ricerche e l’osservazione dei dati clinici, è risultato evidente come il sistema, guidato dalla serotonina, fosse connesso ad altri sistemi quali il sistema ad acetilcolina e il sistema degli aminoacidi eccitatori.

Recentemente è stato ipotizzato che il sintomo cefalea sia dovuto al malfunzionamento di una proteina Gi (inibitrice) presente sulla membrana di tutte le cellule dell'organismo, la cui funzione sarebbe quella di selezionare le informazioni dirette al cervello. Un suo malfunzionamento permetterebbe quindi l'arrivo di stimoli in grado di scatenare le crisi cefalalgiche. Il cattivo funzionamento di questa proteina sarebbe ascrivibile ad un difetto genetico, il che giustificherebbe la predilezione della sintomatologia per determinati nuclei familiari e aprirebbe le porte a trattamenti genici mirati. È stato messo a punto un kit per la ricerca di questa proteina Gi nei leucociti. Ipoteticamente possibile anche un intervento a livello dell'adenilciclasi, enzima che, a causa dell'alterazione della proteina, si accumulerebbe in abbondanza nelle cellule, generando grandi quantità di cAMP responsabile dell'avvio della crisi dolorosa.

L'American College of Emergency Physicians ha prodotto delle linee guida sulla valutazione e sulla gestione dei pazienti adulti che hanno un mal di testa non traumatico di insorgenza acuta.

Mentre, statisticamente, i mal di testa hanno più probabilità di essere classificati come primari (non gravi e auto-limitanti), alcune specifiche sindromi di cefalea secondaria possono richiedere un trattamento specifico o possono essere segnali di allarme di altre gravi patologie. Effettuare una differenziazione tra cefalee primarie e secondarie può risultare difficile.

Quando si presentano ricorrenti e inspiegabili mal di testa è consigliabile tenere una sorta di "diario" dove segnare il tipo di dolore, i sintomi associati e i fattori aggravanti. Ciò potrebbe rivelarsi utile per determinare una causa specifica della cefalea, quale l'associazione con l'assunzione di determinati farmaci o di certi alimenti o delle mestruazioni.
Quando il mal di testa non rientra chiaramente in una delle cefalee primarie riconosciuti o quando sono presenti sintomi o segni atipici è giustificato il ricorso ad ulteriori indagini. La tomografia computerizzata (TC) senza mezzo di contrasto è consigliata se vi sono nuovi problemi neurologici, come una diminuzione del livello di coscienza, una debolezza unilaterale, se il dolore è di insorgenza improvvisa e grave o se la persona che ne soffre è sieropositiva. Anche una età superiore ai 50 anni può giustificare la prescrizione di una TAC.

Due studi distinti effettuati nel 2007 hanno dimostrato che la stimolazione del cervello tramite elettrodi impiantati sembrava in grado di contribuire all'alleviamento del dolore nella cefalea a grappolo.

L'agopuntura è stata trovata per essere utile nel mal di testa cronico sia di tipo tensivo che dell'emicrania. Alcune ricerche, tuttavia, hanno suggerito che i risultati di tale pratica possano essere dovuti all'effetto placebo.

Un unico tipo di trattamento non è comunque solitamente sufficiente per i malati cronici che possono sperimentare una moltitudine di modi per gestire la condizione.

Tuttavia vi sono due tipi di trattamento per le emicranie croniche, ovvero il trattamento acuto abortivo e il trattamento preventivo. Mentre il primo è finalizzato ad alleviare immediatamente i sintomi, il preventivo si focalizza sul controllo delle cefalee croniche. Per questo motivo, il trattamento acuto è comunemente ed efficacemente utilizzato nel trattamento dell'emicrania e il trattamento preventivo consiste nell'approccio usuale nella gestione delle cefalee croniche. L'obiettivo primario del trattamento preventivo è di ridurre la frequenza, la gravità e la durata del mal di testa. Questo tipo di trattamento comporta l'assunzione di farmaci su base giornaliera per almeno 3 mesi e in alcuni casi, per oltre 6 mesi. Il farmaco utilizzato nel trattamento preventivo è normalmente scelto sulla base delle altre condizioni che il paziente presenta. Generalmente, nel trattamento preventivo, l'assunzione del farmaco inizia al dosaggio minimo aumentandolo gradualmente fino a quando il dolore non viene alleviato o fino all'eventuale comparsa degli effetti collaterali.

Ad oggi, solo l'amitriptilina, la fluoxetina, il gabapentin, la tizanidina, il topiramato e la tossina botulinica di tipo A (BoNTA) sono ritenuti essere validi trattamenti di profilassi per la cefalea cronica quotidiana, in studi di confronto controllati randomizzati, in doppio cieco e controllati con placebo. Il ricorso ad antiepilettici può essere utilizzato come trattamento preventivo della cefalea cronica quotidiana e comprende la prescrizione del valproato.

I bambini possono soffrire gli stessi tipi di mal di testa che affliggono gli adulti, anche se i sintomi da loro provati possono variare. Alcuni tipi cefalea riscontrabili nell'età giovanile sono: mal di testa da tensione, emicrania, cefalea cronica quotidiana, cefalea a grappolo e mal di testa del seno. Un apparecchio dentale e un copricapo ortodontico sono noti, a causa della costante pressione posta sulla zona della mascella, per causare occasionali o frequenti mal di testa negli adolescenti. Il 20% degli adulti che lamentano mal di testa riferiscono che hanno iniziato a soffrirne prima dei 10 anni, mentre il 50% prima dei 20 anni. L'incidenza dei mal di testa nei bambini e negli adolescenti è molto comune. Uno studio ha riportato che il 56% dei ragazzi e il 74% delle ragazze tra i 12 ei 17 anni di età aveva indicato di aver sperimentato una forma di mal di testa entro il mese precedente.

Le cause del mal di testa nei bambini possono comprendere un fattore o una combinazione di essi. Alcuni dei fattori più comuni sono la predisposizione (riscontrabile soprattutto nei casi di emicrania), trauma cranico da cadute accidentali, malattie e infezioni (come la sinusite, il raffreddore comune e l'influenza), fattori ambientali, fattori emotivi come stress, ansia e depressione, assunzione di particolari cibi e bevande, di caffeina o alimenti additivi. Inoltre, l'eccesso di attività fisica, di esposizione al sole o l'insonnia possono essere trigger specifici dell'emicrania.

Sebbene la maggior parte dei casi di mal di testa nei bambini siano considerati benigni, quando sono accompagnati da altri sintomi come ad esempio difficoltà di linguaggio, debolezza muscolare o perdita della visione, una più grave causa di fondo può essere sospettata. Gravi cause che devono essere valutate possono essere: idrocefalo, meningite, encefalite, ascesso, emorragie, tumori, coaguli di sangue o trauma cranico. In questi casi, la valutazione diagnostica può richiedere l'esecuzione di indagini strumentali quali la tomografia computerizzata o la risonanza magnetica per ricercare possibili patologie strutturali del sistema nervoso centrale.

Alcune misure possono aiutare a prevenire il mal di testa nei bambini. Alcune di esse possono essere quelle di bere molta acqua durante il giorno, evitando la caffeina, dormire a sufficienza e in modo regolare, mangiare pasti equilibrati e ridurre lo stress e l'eccesso di attività.







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