Il doping consiste in sintesi nell'assunzione (o abuso) di sostanze o medicinali proibiti con lo scopo di aumentare artificialmente il rendimento fisico e le prestazioni dell'atleta, soprattutto nelle competizioni. Il ricorso al doping avviene in vista o in occasione di una competizione agonistica ed è un'infrazione sia all'etica dello sport, sia a quella della scienza medica.
Sono due le possibili origini della parola “doping”. Una di queste è “dop”, bevanda alcolica usata come stimolante nelle danze cerimoniali del sud Africa. Un'altra è che il termine derivi dalla parola olandese “doops” (una salsa densa) che entrò nello slang americano per descrivere come i rapinatori drogassero le proprie vittime mescolando tabacco e semi del Datura stramonium, conosciuto come stramonio, che contiene una quantità di alcaloidi, causando sedazione, allucinazioni e smarrimento. Fino al 1889, la parola “dope” era usata relativamente alla preparazione di un prodotto viscoso e denso di oppio da fumare, e durante gli anni novanta si estese a qualsiasi droga narcotica-stupefacente. Nel 1890, “dope” veniva anche riferito alla preparazione di droghe designate a migliorare la prestazione delle corse dei cavalli.
I paesi dell'Europa dell'est (DDR in primis), hanno recitato il ruolo di precursori in questo campo, applicando il doping in maniera sistematica nel periodo che va dagli anni cinquanta agli anni ottanta soprattutto sugli atleti che partecipavano alle Olimpiadi. Poco si sapeva degli effetti collaterali dati dalle sostanze somministrate agli atleti, mentre evidenti erano i miglioramenti in termini di struttura fisica e risultati agonistici, specialmente per le atlete donne che venivano "trattate" con ormoni maschili. Ciò ha portato a gravi danni fisici e psicologici per molti atleti e c'è anche chi addirittura come la pesista Heidi Krieger è stata costretta, visti gli ormai enormi cambiamenti nel fisico, a diventare uomo.
Nonostante i controlli, l'uso di sostanze e terapie dopanti è diffuso non solo nello sport professionistico, ma anche in quello dilettantistico e perfino amatoriale. Attorno al fenomeno del doping c'è un giro d'affari che in Italia è stimato in circa 600 milioni di Euro.
Il C.I.O (Comitato Olimpico Internazionale) ha stilato un elenco di farmaci "proibiti",che viene tenuto costantemente aggiornato, i regolamenti sportivi vietano il doping, specificando strettamente le tipologie e le dosi dei farmaci consentiti, e mettono per iscritto l'obbligo per gli atleti di sottoporsi ai controlli antidoping, che si effettuano mediante l'analisi delle urine e in alcuni casi anche del sangue (controlli incrociati). Gli atleti che risultano positivi alle analisi (negli ultimi anni si preferisce l'espressione non negativi) vengono squalificati per un periodo più o meno lungo; nei casi di recidiva si può arrivare alla squalifica a vita. Il Comitato Olimpico Internazionale (CIO) ha un istituto con un'apposita agenzia, la WADA, che si occupa della lotta al doping. Negli ultimi anni in Italia e altri paesi il doping è diventato un reato, sotto la fattispecie della frode sportiva.
È del 14 dicembre 2000 la legge n. 376 "Disciplina della tutela sanitaria delle attività sportive e della lotta contro il doping" che consente un'individuazione più precisa del fenomeno doping e permette di colpire più efficacemente una pratica che in precedenza era sanzionabile solo sul piano sportivo. È punibile sia l'atleta che fa uso di sostanze dopanti, sia il medico che le prescrive o somministra, sia chi fa commercio dei farmaci vietati.
Il 23 ottobre 2007 viene approvata l'introduzione del passaporto biologico, un documento che registra il profilo personale (valori del sangue e delle urine) di ciascun ciclista.
Il decreto del 12 marzo 2009 ha approvato una lista delle sostanze considerate dopanti, suddivisa in cinque sezioni.
È in corso un dibattito sul significato della parola doping e sulle conseguenze che esso comporta: non tutti infatti concordano con la negatività del doping nella pratica sportiva. Vi è infatti chi sostiene che sarebbe più logico liberalizzare il doping in quanto troppo diffuso nella maggior parte degli sport agonistici e quindi fattore discriminante tra chi ne fa uso e può quindi vincere le gare e chi non ne fa uso relegato troppo spesso al ruolo di comprimario. Vi è infine un appunto riguardante la relatività del doping. Quelle sostanze che oggi non sono considerate dopanti in un futuro non molto lontano potrebbero essere considerate tali. Ciò creerebbe, secondo alcuni, diversità di trattamento tra gli atleti, di oggi e di domani. Spesso le sostanze vengono somministrate dagli allenatori stessi agli atleti che, inconsapevoli del danno che il doping provoca, accettano.
Il doping non è un fenomeno recente, fin dall'antichità si è fatto ricorso a sostanze e pratiche per cercare di migliorare una prestazione sportiva; già nelle Olimpiadi del 668 AC viene riportato l'uso di sostanze eccitanti (quali funghi allucinogeni). Galeno (130-200 DC) descrive nei suoi scritti le sostanze che gli atleti romani assumevano per migliorare la loro prestazione. Se nelle civiltà antiche si faceva ricorso a funghi, piante e bevande stimolanti, con lo sviluppo della farmacologia e dell'industria farmaceutica si assiste nel XIX secolo ad una diffusione di sostanze quali alcool, stricnina, caffeina, oppio, nitroglicerina e trimetil (sostanza alla quale si deve la prima morte conosciuta per doping, quella del ciclista Linton nel 1886).
I regolamenti sportivi vietano il doping, regolamentando strettamente le tipologie e le dosi dei farmaci consentiti, e prescrivono l'obbligo per gli atleti di sottoporsi ai controlli antidoping, che si effettuano mediante l'analisi delle urine e in taluni casi anche del sangue. Gli atleti che risultano positivi alle analisi vengono squalificati per un periodo più o meno lungo; nei casi di recidiva si può arrivare alla squalifica a vita.
Il Comitato Olimpico Internazionale (CIO) e le federazioni sportive nazionali collaborarono nel 1998 per fondare l'Agenzia Mondiale Anti-Doping, un organismo che congiunto al CIO finanzia e collabora con le nazioni impegnate a sviluppare dei programmi per il rilevamento e il controllo del doping atletico. L'Agenzia Mondiale Anti-Doping svolge i suoi compiti compilando e aggiornando costantemente un elenco delle sostanze e dei metodi che sono incompatibili con gli ideali dello sport e che dovrebbero essere vietati nella competizione atletica. E' anche responsabile dello sviluppo e della convalida di nuovi, e scientificamente validi, test di individuazione, nonché dell'attuazione di programmi internazionali efficaci, nelle competizioni ufficiali e non ufficiali, per lo screening degli atleti. In aggiunta a questo sforzo internazionale, un certo numero di paesi, inclusi gli Stati Uniti, hanno formato agenzie nazionali anti-doping, organizzate in modo simile alla WADA, con il compito di monitorare e controllare il doping sportivo a livello nazionale; le stesse agenzie istituiscono programmi di ricerca per sviluppare test ancora più efficaci per individuare le sostanze e le metodiche proibite. Nelle agenzie degli Stati Uniti, questo sforzo nazionale per l'anti-doping è coordinato dall'Agenzia Anti-Doping degli Stati Uniti. La WADA ha attuato il suo programma sul controllo delle droghe nello sport mediante l'emissione e il continuo aggiornamento del Codice Mondiale Anti-doping, che comprende un elenco delle sostanze e dei metodi vietati.
E' noto come il rendimento sportivo possa essere implementato dall'utilizzo di alcuni farmaci, ad esempio gli ormoni steroidei e i composti stimolanti il sistema nervoso centrale (amfetamine, cocaina, efedrina, metilefedrina), così come dall'alterazione dei parametri ematochimici normali. Gli ormoni steroidei provocano infatti una ipertrofia muscolare con riduzione delle masse adipose, aumento della forza e della capacità di recupero dallo sforzo, mentre le anfetamine e gli altri stimolanti del sistema nervoso centrale migliorano la prontezza di riflessi e la concentrazione. L'alterazione dei parametri ematochimici, in particolare l'aumento dell'ematocrito (la percentuale di elementi corpuscolati presente nel sangue: globuli rossi, globuli bianchi e piastrine) ha come risultato l'aumento dell'apporto di ossigeno ai tessuti, quindi una maggiore resistenza allo sforzo. Tuttavia accanto agli effetti positivi sono ben noti effetti negativi di ciascuna di queste situazioni, in particolare l'assunzione di ormoni steroidei risulta nella perdita delle proprietà meccaniche ed elastiche del connettivo (tendini) con facilità di rottura, nell' aumento della facilità alla formazione di trombi, dunque del rischio di infarto, di complicazioni cardiovascolari. Le anfetamine, invece, possono provocare ipertensione, aritmie cardiache, crisi convulsive, vomito, dolore addominale, emorragie cerebrali, psicosi, dipendenza e morte; mascherando la fatica fisica possono indurre a sforzi eccessivi con conseguenti danni ai tendini, muscoli ed articolazioni.
La cocaina agisce inibendo il reuptake della dopamina a livello delle sinapsi; come effetti collaterali può causare aritmie cardiache, infarto del miocardio, ipertensione o ipotensione, ansia, depressione, attacchi di panico, aggressività, irritabilità, psicosi tossiche, tremori, convulsioni, alterazione dei riflessi, mancata coordinazione motoria, paralisi muscolare, respirazione irregolare, dipendenza e morte.
Le modificazioni dell'ematocrito, in particolare l'aumento dello stesso, possono esitare nella formazione di trombi intravascolari, con necrosi tessutale massiva ed embolia. Per gli sport di durata negli anni Settanta era stata introdotta, nello sci di fondo e nel ciclismo, l'autoemotrasfusione. Obiettivo di tale metodica era proprio l'aumento della massa eritrocitaria, quindi del trasporto di ossigeno verso i muscoli. Questo razionale era alla base della prima forma di doping di tipo biotecnologico. Qualche anno più tardi,l'ormone stimolante la produzione di globuli rossi, l'eritropoietina (EPO), fu isolato dall'urina umana e successivamente ne venne determinata la composizione aminoacidica, quindi identificato il gene, clonato e transfettato in cellule ovariche di cavia. Nel 1985 l'eritropoietina umana ricombinante entrava in commercio. Si apriva una nuova era per la cura delle malattie del sangue da carenza di eritrociti. Allo stesso tempo, però, la somministrazione di EPO, che mima gli effetti di un intenso allenamento in quota, diventava in breve una pratica generalizzata nella corsa e nello sci di fondo, ma soprattutto nel ciclismo, disciplina che ha infine consegnato la sostanza al clamore della cronaca nei Tour de France corsi nel 1998 e nel '99.
Nella seconda metà degli anni '80, un'altra sostanza endocrina conquistava il gigantesco mercato dello sport: l'ormone della crescita (GH). La diffusione dell'uso del GH si è accompagnata ad un notevole incremento di farmaci e supplementi alimentari che stimolano la produzione ed il rilascio dello stesso, come certi aminoacidi, i beta-bloccanti, la clonidina (un farmaco antipsicotico di ultima generazione), la levodopa e la vasopressina. Il GH era considerato un valido sostituto e coadiuvante degli steroidi anabolizzanti, in quanto anch'esso stimola l'aumento della massa corporea e possiede azione anabolizzante; in aggiunta, il GH aumenta la mobilizzazione dei lipidi dai tessuti adiposi e ne accresce l'ossidazione come fonte di energia, risparmiando il glicogeno muscolare. Sebbene diversi studi abbiano smentito i presunti effetti ergogenici del GH sugli atleti, quest'ormone divenne ben presto un elemento essenziale nella preparazione di molti atleti di punta, soprattutto per il fatto che non esisteva un test in grado di rilevarne l'assunzione (dai giochi olimpici di Atene del 2004 è stato introdotto un test in grado di rilevarlo tramite l'analisi di un campione di sangue).
L'ormone della crescita veniva estratto dall'ipofisi dei cadaveri; per questo, fra i soggetti trattati vi furono casi di malattia di Creutzfeldt-Jakob (una delle forme umane di encefalopatia causata dai prioni) pertanto il GH umano venne ritirato dal mercato nel 1985. L'anno successivo le ricerche biotecnologiche portavano alla produzione del GH umano ricombinante, il cui uso nello sport non è esploso come gli steroidi a causa degli alti costi e della difficoltà di acquistarlo allo stato puro.
Più recentemente, un altro prodotto della ricerca biotecnologica con potenti effetti anabolizzanti ha iniziato la conquista del mercato del doping: l'IGF-1 (insulin-like Growth Factor). L'IGF-1 è un peptide analogo alla proinsulina usato nella terapia di alcune forme di nanismo e nella cura del diabete resistente all'insulina.
Una delle maggiori sfide per i laboratori antidoping è proprio quella di riconoscere gli effetti dell'utilizzo di questi peptidi ricombinanti con test antidoping specifici.
A complicare lo scenario si sono aggiunti i recenti progressi nel campo della terapia genica, ad esempio l'evidenza di un aumento della performance muscolare in modelli animali dopo modificazioni geniche.
Il timore che la manipolazione genetica e le tecniche di terapia genica vengano applicate per cercare di migliorare la performance sportiva, ha portato la WADA ad inserire il doping genetico nella lista dei metodi proibiti. Per doping genetico si intende "l'uso non terapeutico di cellule, geni, elementi genici o della modulazione dell'espressione genica, che possa aumentare la performance sportiva".
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