lunedì 27 giugno 2016

LA LEGIONELLA



Il nome “legionella” ha origine da un famoso convegno di legionari, ex combattenti della guerra del Vietnam, tenutosi al Bellevue-Stratforf Hotel di Philadelphia nell'estate del 1976: in quell'anno, 221 Legionnaires - tra i 4.000 presenti - furono colpiti da una strana infiammazione polmonare e, per 34 di questi, l'esito fu fatale. Di primo acchito, vennero accusati i Russi dell'ipotetico attacco biologico, ma l'anno successivo si scoprirono i reali motivi che causarono la malattia: nell'impianto di areazione dell'albergo, si individuò un nuovo battere, chiamato successivamente Legionella pneumophila proprio in ricordo del tragico evento.

La legionella è un genere di batteri gram-negativi aerobi di cui sono state identificate più di 50 specie, suddivise in 71 sierotipi. Quella più pericolosa, a cui sono stati collegati circa il 90% dei casi di legionellosi, è L. pneumophila.

Le legionelle sono presenti negli ambienti acquatici naturali e artificiali: si riscontrano nelle sorgenti, comprese quelle termali, nei fiumi, laghi, vapori, terreni. Da questi ambienti esse risalgono a quelli artificiali come le condotte cittadine e gli impianti idrici degli edifici, come i serbatoi, le tubature, le fontane e le piscine (sono state rilevate anche in fanghi di fiume o torrente, o argilla per manufatti in terracotta).

Le condizioni più favorevoli alla proliferazione sono:
condizioni di stagnazione;
presenza di incrostazioni e sedimenti;
biofilm;
presenza di amebe.
I batteri, inoltre, possono sopravvivere con una temperatura dell'acqua compresa tra i 5,7 e i 55 °C, mentre hanno il massimo sviluppo con una temperatura dell'acqua compresa tra i 25 e i 42 °C. Da evidenziare la loro capacità di sopravvivenza in ambienti sia acidi, sia alcalini, sopportando valori di pH compresi tra 5,5 e 8,1.

L'uomo contrae l'infezione attraverso aerosol, cioè quando inala acqua in piccole goccioline (1-5 micron) contaminata da una sufficiente quantità di batteri; quando questa entra a contatto con i polmoni di soggetti a rischio, insorge l'infezione polmonare. Finora non è stata dimostrata la trasmissione interumana diretta. L'infezione da legionella può dare luogo a due distinti quadri clinici: la febbre di Pontiac e la legionellosi. La febbre di Pontiac ha un periodo di incubazione di 24-48 ore e si risolve in 2-5 giorni. È accompagnata da malessere generale e cefalee seguiti da febbre. La legionellosi ha un periodo di incubazione medio di 5-6 giorni ed è molto più grave: oltre a malessere, cefalee e tosse, possono essere presenti sintomi gastrointestinali, neurologici e cardiaci e complicanze varie; nei casi più gravi può addirittura essere letale. Una polmonite da legionella non si distingue da altre forme atipiche o batteriche di polmonite, ma è riconoscibile dalle modalità di coinvolgimento degli organi extrapolmonari. I principali fattori di rischio che favoriscono l'acquisizione della legionellosi sono:
età avanzata
il fumo
immunodeficienza
sesso maschile
patologie cronico-degenerative
In Italia sono stati registrati mediamente qualche centinaio di casi di legionellosi ogni anno ma si ritiene che tale numero sia in realtà sottostimato, anche perché a volte la malattia non viene diagnosticata. La malattia è letale nel 5-15% dei casi.

Le installazioni che producono acqua nebulizzata, come gli impianti di condizionamento, le reti di ricircolo acqua calda negli impianti idrico-sanitari, costituiscono dei siti favorevoli per la diffusione del batterio. Considerato che l'intervallo di proliferazione del batterio va dai 15 °C a 50 °C (fino a 22 °C il batterio esiste ma è inattivo), esistono delle zone critiche negli impianti idrosanitari: all'interno delle tubazioni, specialmente se obsolete e con depositi all'interno, o anche in tratti chiusi, nei serbatoi di accumulo, nei bollitori, nei soffioni della doccia e nei terminali di distribuzione; anche i sistemi idrici di emergenza, come le docce di decontaminazione, le stazioni di lavaggio per gli occhi e i sistemi sprinkler antincendio possono essere luogo di proliferazione. La legionella è stata rilevata anche in vasche e piscine per idromassaggio. Questi impianti usano acqua calda (in genere tra 32 e 40 °C) e iniettano getti di acqua o aria a grande velocità: i batteri possono essere rilasciati nell'aria dalle bolle che risalgono o con un fine aerosol. Alcuni casi di legionellosi sono stati associati alla presenza di fontane decorative in cui acqua viene spruzzata in aria o fatta ricadere su una base. Le fontane che funzionano a intermittenza presentano un rischio più elevato di contaminazione. Gli altri impianti dove il rischio legionella è elevato sono le torri di raffreddamento a circuito aperto e a circuito chiuso, laddove nelle vicinanze ci sia la presenza di canalizzazioni di ripresa o aspirazione d'aria. Da considerare anche gli impianti di condizionamento dell'aria, come gli umidificatori/raffrescatori a pacco bagnato, i nebulizzatori, i sistemi a spruzzamento, il raffreddamento adiabatico. Un'ulteriore fonte di rischio sono gli accumulatori, normalmente presenti negli impianti solari per la produzione di ACS (acqua calda sanitaria), la cui temperatura normale di esercizio si aggira attorno ai 50 °C. La nebulizzazione avviene nei miscelatori di erogazione presenti all'interno della casa, ad esempio quelli della doccia o del bagno. In alternativa è possibile utilizzare una Fresh Water Unit che non consente un contatto diretto tra acqua accumulata e quella utilizzata. Da tenere presente, infine, è che, nel febbraio 2012, The Lancet ha riportato il caso di un'anziana, deceduta nell'ospedale Morgagni-Pierantoni di Forlì, la quale aveva contratto la legionellosi attraverso l'apparecchio di nebulizzazione di un dentista.



Le strategie per combattere la proliferazione della legionella nascono innanzitutto dalla prevenzione da effettuarsi in sede di progetto e da una gestione/manutenzione adeguata al rischio e professionale. Il Rischio Legionella è contemplato nel Testo Unico sulla Salute e Sicurezza sul Lavoro, (Elenco degli agenti biologici I), inoltre sono state pubblicate Linee-guida per la prevenzione e il controllo della legionellosi, negli impianti idrico sanitari e negli impianti di climatizzazione, approvate dalla Conferenza Permanente Stato/Regioni, essendo la salute e sicurezza materia concorrente. Una corretta progettazione, installazione e manutenzione è descritta nella norma tecnica UNI 9182. Per quanto riguarda gli impianti idrici, si raccomanda di:
evitare tubazioni con terminali ciechi o senza circolazione;
evitare formazione di ristagni;
evitare lunghezze eccessive di tubazioni;
evitare contatti tra acqua e aria o accumuli in serbatoi non sigillati;
prevedere una periodica e facile pulizia;
scegliere con cura i materiali (è stato rilevato che le tubazioni di rame riducono la proliferazione della legionella);
evitare la scelta impiantistica di torri evaporative in favore di soluzioni alternative, come i sistemi water spray system, pozzi geotermici;
prevenire la formazione di biofilm e incrostazioni.
I trattamenti da effettuare, tenuto conto che bisogna rimuovere le cause, cioè i biofilm e le incrostazioni, una volta constatata la proliferazione vanno valutati caso per caso; in genere i più comuni sono:
Trattamento termico, in cui si mantiene l'acqua a una temperatura superiore ai 60 °C, condizione in cui si inattiva la legionella;
Shock termico: si eleva la temperatura dell'acqua, generalmente per mezzo di scambiatori di calore, fino a 70-80 °C per almeno 30 minuti al giorno per tre giorni, fino ai rubinetti;
Iperclorazione continua: si introduce cloro nell'impianto sotto forma di ipoclorito di calcio o di sodio, fino a che la concentrazione residua del disinfettante sia compresa tra 1 e 3 mg/l;
Iperclorazione shock: si mantiene una concentrazione di 50 mg/l per un'ora oppure 20 mg/l per due ore;
Biossido di cloro: consente una disinfezione continua, con valori modesti di cloro residuo, mantenendo la potabilità dell'acqua, rimuove il biofilm (habitat naturale della legionella) e costituisce un'azione molto prolungata sia nel tempo sia nella distanza dal punto di iniezione; i valori consigliati sono di 0,2-0,4 mg/l; non produce sottoprodotti (tipo i THM), viene prodotto in loco con appositi generatori con capacità di produzione adeguate all'impianto da disinfettare; con le concentrazioni sopra dette non produce aggressioni alle tubazioni;
monoclorammina: le monoclorammine sono più stabili del cloro libero, hanno un maggior potere residuo, non danno origine a trialometani e penetrano meglio nel biofilm. Dosaggi ottimali per l'eradicazione della legionella sono 2–3 mg/l;
Raggi ultravioletti: la luce UV (254 nm), generata da speciali lampade, uccide i batteri;
Ionizzazione rame-argento: si producono ioni generati elettroliticamente fino a una concentrazione di 0,02-0,08 mg/l di Ag e 0,2-0,08 mg/l di Cu;
Colloidi rame-argento: a differenza della ionizzazione, molto instabile, si utilizzano nano particelle ognuna delle quali ha oltre 6 milioni di ioni in superficie, che sono i veri biocidi;
Perossido di idrogeno e argento: si sfrutta l'azione battericida e sinergica tra l'argento e una soluzione concentrata di perossido di idrogeno (acqua ossigenata).
Ozono: L'attività germicida dell'ozono si fonda sulla elevata capacità di ossidante diretto; grazie a questa qualità, tutte le strutture macromolecolari delle cellule (muffe, batteri acetici, eterolattici, lieviti apiculari, ecc.) vengono profondamente alterate e inattivate;
Filtri terminali: applicati direttamente al punto di prelievo, formano una barriera meccanica (0,2 µm) al batterio ma devono essere sostituiti con una certa periodicità. Solitamente vengono applicati in abbinata al biossido di cloro, nei punti ad altissimo rischio (docce per grandi ustionati, docce per neonatologia, ecc.).
Tutti i trattamenti sopra descritti sono più o meno utili e funzionanti, ma tutti concordano che il massimo risultato si ottiene con l'eliminazione del biofilm. Sulla base della normativa esistente, il rischio legionella deve essere contenuto nel Documento di Valutazione dei Rischi che ogni Datore di Lavoro ha l'obbligo di redigere.

Se in natura è raro imbattersi in concentrazioni sufficientemente elevate da causare un possibile contagio, quando il batterio riesce a colonizzare serbatoi artificiali (per esempio per la distribuzione di acqua potabile) la proliferazione rende più probabile la manifestazione della malattia nell’uomo. Per questo motivo molto spesso i casi rilevati sono inquadrati in piccole comunità, servite da un unico serbatoio o da tubature comuni (alberghi, ospedali, navi da crociera, …).

In passato si riteneva che gli impianti di raffreddamento fossero la causa più frequente di contagio, ma in realtà negli ultimi anni questa ipotesi ha perso parte della sua importanza, in particolare da quanto si è scoperto che la colonizzazione poteva avvenire negli impianti dell’acqua potabile.

In alcuni casi possono sorgere complicazioni extrapolmonari, a causa della diffusione del batterio a partire dalla porta d’ingresso (polmoni).

Le segnalazioni più comuni riguardano il cuore (miocardite, pericardite, …), ma ad essere colpiti possono essere anche linfonodi, milza, fegati e reni.





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