mercoledì 20 aprile 2016

INFEZIONI DA SOSTANZE TOSSICHE




La dipendenza fisica porta alla necessità di un uso continuativo dello stesso oppiaceo o di una sostanza simile per prevenire l'astinenza. La sospensione del farmaco o la somministrazione di un antagonista porta alla comparsa di una caratteristica sindrome da astinenza autolimitante.

La tolleranza e la dipendenza fisica dagli oppiacei (naturali o di sintesi) si sviluppano rapidamente; dosi terapeutiche assunte regolarmente per 2-3 giorni possono portare a un certo grado di tolleranza e dipendenza e alla sospensione della sostanza; il consumatore può presentare sintomi da astinenza lieve, che passano quasi inavvertiti o sono descritti come casi di influenza. I pazienti con dolore cronico che necessitano di un uso a lungo termine non vanno etichettati come tossicomani, sebbene anche essi possano avere problemi di tolleranza e dipendenza fisica.

Gli oppiacei inducono tolleranza crociata, quindi i tossicodipendenti possono sostituirne uno con un altro. Le persone che hanno sviluppato una tolleranza possono presentare scarsi segni dell'uso di droga, e possono avere un funzionamento normale nelle proprie attività usuali, ma il problema di procurarsi la droga é sempre presente. La tolleranza ai vari effetti spesso si sviluppa in modo irregolare. Gli eroinomani possono diventare largamente tolleranti agli effetti euforizzanti o letali della droga, ma continuare ad avere miosi pupillare e stipsi.

Le infezioni virali a trasmissione parenterale costituiscono un importante capitolo della patologia di chi assume sostanze stupefacenti per via iniettiva. I risultati di uno studio americano evidenziano come i tossicodipendenti acquisiscano, in tempi relativamente brevi, numerose infezioni virali. 
L’infezione da HCV viene in genere contratta nei primi anni dopo l’inizio della tossicodipendenza e raggiunge prevalenze superiori all’80%. Simile è anche la probabilità di acquisizione dell’infezione da HBV. La circolazione dell’HIV è, in genere, più lenta, mentre l’HTLV rimane a livelli di bassa endemia.
Tra gli agenti virali, l’HIV rimane una causa importante di morbidità e mortalità nei tossicodipendenti. Occorre però sottolineare che l’epidemiologia è andata progressivamente mutando, in Italia così come in altri paesi europei, e che la tossicodipendenza non rappresenta più la principale modalità di trasmissione dell’infezione. I dati del COA (Centro Operativo AIDS dell’Istituto Superiore di Sanità) evidenziano infatti come la distribuzione di nuovi casi in Italia sia andata progressivamente diminuendo tra i tossicodipendenti, mentre è salita la modalità di trasmissione per via sessuale. L’infezione da HIV, di fatto, è risultata essere la principale causa di morte fra i tossicodipendenti negli anni ’90 in Italia, scavalcando l’overdose, che lo era stata sino ad allora. Il principale canale di diffusione era lo scambio di siringhe e/o aghi contaminati. La velocità di circolazione virale in assenza di interventi può essere molto elevata, come osservato in diverse città del globo, e può verificarsi un’ampia variabilità geografica anche in aree contigue. Il cambio dei comportamenti correlati alle pratiche assuntive ha determinato un rapido declino del tasso di incidenza di infezione da HIV nei tossicodipendenti. In Italia e Spagna il calo è stato di circa il 50% a metà anni ’80, 30% all’inizio degli anni ’90, e circa 15% a fine secolo.
I consumatori di cocaina mostrano un aumentato rischio di contrarre malattie infettive quali l’HIV ed epatiti virali. Ciò deriva dal fatto che aumenta la possibilità di adottare comportamenti a rischio in seguito al consumo della sostanza. La ricerca, infatti, ha mostrato che l’intossicazione e la dipendenza da cocaina possono compromettere la capacità di giudizio e di decision making e quindi potenzialmente condurre a comportamenti quali scambiare le siringhe, avere rapporti sessuali promiscui, commercializzare il sesso con la droga, ecc. Molti studi, infatti, mostrano che tra i consumatori di droghe, coloro che non si iniettano la sostanza contraggono il virus HIV tanto quanto quelli che non la iniettano. Ciò evidenzia ulteriormente l’importante ruolo ricoperto della via sessuale quale via di trasmissione dell’HIV nella popolazione.

Le infezioni della cute e dei tessuti molli costituiscono in assoluto la causa più frequente di ospedalizzazione dei tossicodipendenti per via parenterale. Tra i tipi di infezione vanno ricordate soprattutto le celluliti e la fascite necrotizzante, più comune nei tossicodipendenti e gravata da elevata mortalità.
Sono diversi gli agenti batterici in grado di provocare infezioni sistemiche nei tossicodipendenti. Lo streptococco beta-emolitico di gruppo A, ad esempio, frequentemente colonizza le superfici cutanee, ed è una delle cause più frequenti di setticemia. Batteriemia, infezioni delle vie respiratorie e del tratto genito urinario sono condizioni abituali tra chi fa uso di sostanze stupefacenti, e gli agenti eziologici più comunemente isolati sono Staphylococcus aureus e Staphylococcus epidermidis, seguiti da Pseudomonas. Una tipica sindrome febbrile del tossicodipendente è la cosiddetta cotton fever, malattia a decorso benigno, identificata nel 1975 in pazienti usi ad utilizzare cotone per filtrare l’eroina. Studi successivi ne hanno rivelato l’eziopatogenesi, che risulta riconducibile a endotossine prodotte da batteri gram-negativi, tra i quali Enterobacter agglomerans ed Eikenella corrodens.
Il tetano è stato descritto fra i tossicodipendenti negli USA negli anni ’50 e ’60. Attualmente si verifica sporadicamente ed è associato all’iniezione sottocutanea accidentale (skin popping o”fuorivena”).
Anche le polmoniti sono altrettanto comuni. Il polmone è infatti danneggiato da insulti infettivi, e non, nell’utilizzatore di sostanze. La tossicodipendenza di per sé, a causa della azione diretta di alcune sostanze d’abuso, principalmente assunte tramite inalazione, e la compromissione immunitaria dovuta all’infezione da HIV, aumentano il rischio di polmoniti batteriche. Tra gli agenti eziologici vi sono i più comuni agenti responsabili di infezioni polmonari comunitarie (pneumococchi ed emofili), con un aumentata incidenza di infezioni stafilococcihe e da Gram-negativi. Tra le patologie toraciche inusuali merita menzione, per le particolari modalità con cui viene provocato, il piopneumotorace. presenza simultanea nel cavo pleurico di aria ed essudato purulento. Infatti, l’iniezione nella fossa sopraclavicolare nel tentativo di raggiungere le vene giugulari, sottoclaveari e brachiocefaliche (pocket shot) può rendersi responsabile di ascessi, celluliti e talora, appunto, di piopneumotorace.
La tubercolosi (Mycobacterium tuberculosis) rappresenta nel tossicodipendente un’altra causa importante di malattia. La diffusione e la trasmissione del bacillo tubercolare sono in rapido aumento, sia in Europa, sia negli Stati Uniti. Anche prima della diffusione di HIV, la tubercolosi era considerata una patologia a maggiore incidenza tra i tossicodipendenti, e venivano segnalate le difficoltà di trattamento dovute alla limitata aderenza alle terapie. La maggior incidenza nei tossicodipendenti rispetto alle altre categorie a rischio, anche fra i soggetti con infezione da HIV, suggerisce una più elevata prevalenza di infezione latente. Tale assunto è confermato dal riscontro di percentuali di positività alla reazione tubercolinica nettamente maggiori rispetto alla popolazione generale, nonostante l’immunodepressione indotta da HIV sia in grado di ridurre o abolire la risposta cutanea alla tubercolina. è tuttavia probabile che, a differenza della maggior parte delle infezioni nei tossicodipendenti, la maggior incidenza di tubercolosi non sia direttamente associata all’uso della droga né alle modalità di assunzione o agli strumenti utilizzati per la sua preparazione, quanto piuttosto alle condizioni sociodemografiche e un più basso livello economico.
Un’altra grave patologia infettiva associata alla tossicodipendenza è l’endocardite batterica. La sua incidenza è stimata tra il 15 e i 20 casi per 1000 assuntori di sostanze stupefacenti per via endovenosa per anno. Descritte in associazione all’abuso endovenoso di sostanze stupefacenti già alla fine degli anni ’30, le endocarditi rappresentavano in alcune casistiche negli USA, nell’era pre-HIV, la seconda causa di ricovero ospedaliero dei tossicodipendenti dopo l’intossicazione acuta, e una fra le più frequenti cause di morte. In altre casistiche più recenti, le infezioni cardiovascolari rappresentavano una causa frequente di ricovero per patologie infettive comunitarie in tossicodipendenti, precedute peraltro da quelle riguardanti la cute, i tessuti molli e le vie respiratorie. La scarsa igiene nell’atto iniettivo fa si che un ruolo predominante nel causare infezioni endocardiche sia assunto dai batteri della flora cutanea. Caratteristicamente le endocarditi nel tossicodipendente sono più frequentemente sostenute da Staphylococcus aureus, ed interessano le sezioni destre del cuore (tricuspide). Rappresentano inoltre una causa comune di batteriemia (sino al 40% in alcune casistiche). In 2/3 dei casi si verificano su valvole precedentemente sane. Classicamente il paziente presenta sintomi da 1-2 settimane, ed in particolare febbre; sono spesso presenti segni d’infezioni in altre sedi (2/3 dei casi) ed i comuni sintomi respiratori (tosse, dolore toracico); rari invece i segni di insufficienza tricuspidale (1/3). è comune la compromissione del sensorio. Le emocolture sono positive nel 80-100% dei casi; l’ecografia transesofagea è sensibile (90-98%) e specifica (100%).
Encefalo e meningi sono un altro bersaglio importante di processi infettivi che conseguono all’abuso di sostanze stupefacenti. La maggior parte delle meningiti e degli ascessi cerebrali trae origine da stati setticemici o da emboli settici in pazienti con endocardite.
Tra i vari agenti batterici implicati, Staphylococcus aureus è il più frequentemente riscontrato. Il progressivo aumento dell’età media e l’associazione con alcolismo e condizioni di emarginazione sociale rendono non improbabile un incremento del rischio di meningiti pneumococciche.Il tossicodipendente presenta, inoltre, una più elevata incidenza di quadri infettivi a carico delle diverse porzioni anatomiche dell’occhio, superficiali o profonde.
Le infezioni profonde sono di regola dovute all’inquinamento del materiale iniettato. L’endoftalmite da Candida, già descritta dalla metà degli anni ’80, è l’infezione oculare profonda più frequente e spesso rappresenta la complicanza di una endocardite.
è stato suggerito che la fonte dell’infezione sia da riportare all’abitudine di leccare l’ago prima dell’iniezione. Più raramente, l’agente patogeno in causa è Aspergillus. Più recentemente, infine, è stata osservata un’endoftalmite da Fusarium in un assuntore di cocaina per via venosa.
I tossicodipendenti possono inoltre sviluppare infezioni del sistema scheletrico e articolare, secondarie alla disseminazione ematogena a partenza da focolai settici situati in altri organi, oppure, meno frequentemente, in conseguenza della diffusione per contiguità di infezioni di cute e tessuti molli.
Infine, è da sottolineare la possibilità di outbreak di malaria trasmessa, tramite aghi e/o siringhe scambiate da tossicodipendenti, come avvenuto in passato a NewYork o in Spagna,mentre si ipotizza la possibilità di trasmissione di alcune forme di leishmaniosi da parte di pazienti immunodepressi quali i tossicodipendenti con infezione da HIV.


Molte complicanze della dipendenza da eroina sono correlate a una somministrazione della sostanza in condizioni non igieniche. Altre sono dovute alle proprietà intrinseche della droga, a overdose oppure al comportamento durante lo stato di intossicazione concomitante al consumo della droga. Complicanze frequenti sono i problemi polmonari, le epatiti, i disturbi di tipo artritico, le alterazioni immunologiche e i disturbi neurologici.

Possono verificarsi polmoniti da aspirazione e di origine infettiva, ascessi polmonari, emboli settici del polmone e atelettasie. Quando vengono iniettate compresse preparate per uso orale, può insorgere una fibrosi polmonare sulla base di una granulomatosi da talco. L'abuso cronico di eroina porta a una diminuzione della capacità vitale e a una diminuzione da lieve a moderata della capacità di diffusione. Tali effetti si differenziano dall'edema polmonare, che può essere associato acutamente a un'iniezione di eroina. Molti tossicodipendenti da oppiacei fumano uno o più pacchetti di sigarette al giorno, il che li rende particolarmente suscettibili a una serie di infezioni polmonari.

In oltre il 90% dei tossicodipendenti si verifica un'ipergammaglobulinemia sia per le IgG che per le IgM. La ragione di tali alterazioni immunologiche è sconosciuta, ma essa può essere il riflesso di una stimolazione antigenica continua da parte delle infezioni o delle iniezioni parenterali quotidiane di sostanze estranee. Con il mantenimento a base di metadone, l'ipergammaglobulinemia si riduce. .

Negli eroinomani, i disturbi neurologici sono in genere rappresentati da complicanze non infettive quali coma e anossia cerebrale. Può manifestarsi un'ambliopia (dovuta presumibilmente alla contaminazione dell'eroina con chinino), una mielite trasversa e un certo numero di mono- e polineuropatie, così come una sindrome di Guillain-Barré. Le complicanze cerebrali includono quelle secondarie a endocardite batterica (meningite batterica, aneurisma micotico, ascesso cerebrale, ascessi subdurali ed epidurali), quelle dovute a epatite virale o tetano e la malaria cerebrale acuta da plasmodium falciparum. Alcune complicanze neurologiche possono essere dovute a risposte allergiche alle sostanze da taglio dell'eroina.

Le infezioni che colpiscono queste persone dipendono dalla scarsa attenzione posta nelle procedure di preparazione della dose da iniettare. Per esempio, se la zona di iniezione non viene ben disinfettata, la flora batterica commensale colonizza facilmente i tessuti sottostanti, e comunque alcune zone, come la vena femorale, sono maggiormente colonizzate da batteri commensali. Capita spesso che capsule e pastiglie vengano schiacciate tra i denti, e gli aghi leccati, pratica che raddoppia il rischio di trasferire specie streptococciche e anaerobiche orali nel sito di iniezione. Come pure il riutilizzo di siringhe che vengono sciacquate solo con acqua corrente o con quella dei water. Come per il virus dell'Aids, lo scambio di siringhe espone a un elevatissimo rischio di contagio.L'unica soluzione percorribile per controllare le infezioni associate al consumo di droghe è l'informazione sulle vie di trasmissione e la distribuzione di materiale sterile usa e getta. E' solo intervenendo sui comportamenti a rischio che si può pensare di migliorare la situazione.

Alcuni problemi della madre eroinomane vengono trasmessi al feto. Poiché l'eroina e il metadone passano liberamente la barriera placentare, il feto sviluppa subito una dipendenza fisica. Una madre con infezione da virus HIV o da virus dell'epatite B può trasmettere il virus al proprio neonato. Le tossicodipendenti incinte visitate in tempo devono essere incoraggiate a intraprendere un programma di mantenimento con metadone. L'astinenza é la cosa migliore per il feto, ma le madri astinenti spesso tornano all'uso di eroina e trascurano le cure prenatali. La sospensione dell'eroina o del metadone nelle donne incinte alla fine del 3 trimestre può precipitare un travaglio precoce; quindi, le donne incinte che giungono all'osservazione a fine gravidanza possono essere stabilizzate meglio con il metadone, piuttosto che essere disturbate da tentativi di sospendere gli oppiacei. La madre in mantenimento con metadone può accudire il proprio neonato senza causargli alcun problema clinico manifesto; la concentrazione del farmaco nel latte materno è minima.

I neonati di madri dipendenti da oppiacei possono presentare tremori, pianto stridulo, reazioni di paura, convulsioni (raramente) e tachipnea.

Il trattamento clinico dei tossicodipendenti da oppiacei è molto difficoltoso. I medici che trattano la dipendenza pertanto dovrebbero conoscere bene le leggi statali e locali. Pochi medici hanno una formazione specifica o l'esperienza per gestire i tossicomani, i loro amici e le loro famiglie, o per gestire gli atteggiamenti della società (compresi quelli dei rappresentanti della legge, degli altri medici e del personale sanitario ausiliario) verso il loro trattamento. Di solito, il medico deve inviare i tossicomani da oppiacei nei centri di trattamento specializzati, piuttosto che tentare di curarli da solo.

Per usare in maniera legale un farmaco di tipo oppiaceo nel trattamento di un tossicodipendente, il medico deve stabilire l'esistenza di una dipendenza fisica da oppiacei. Tuttavia, molti dei tossicomani che richiedono un trattamento hanno una dipendenza fisica minima, perché usano eroina di bassa qualità, che può anche non causare alcuna dipendenza fisica. Molti consumatori di eroina sono dipendenti fisicamente solo a tratti: quando l'eroina è disponibile, viene usata subito; quando è scarsa, molti restano astinenti e aspettano. La dipendenza fisica é suggerita da un'anamnesi di tre o più iniezioni di narcotico al giorno, dalla presenza di segni da ago recenti, dall'osservazione dei segni e sintomi dell'astinenza o dalla presenza di morfina in un campione urinario. L'eroina è metabolizzata in morfina, coniugata con acido glucuronico ed escreta.

Trattamento di un'overdose: l'antagonista degli oppiacei naloxone (0,4-0,8 mg EV) è il farmaco di scelta, perché non induce depressione respiratoria. Elimina rapidamente lo stato di incoscienza dovuto a un oppiaceo. Siccome alcuni pazienti diventano agitati, confusi e aggressivi appena escono da uno stato comatoso, può essere necessario applicare dei mezzi sicuri di contenzione prima della somministrazione dell'antagonista. Tutti i pazienti trattati per un'overdose dovrebbero essere ricoverati e tenuti in osservazione almeno per 24 ore, dato che l'azione del naloxone è relativamente breve e la depressione respiratoria si può ripresentare per diverse ore, soprattutto con il metadone. L'edema polmonare grave, che può causare la morte per ipossia, abitualmente non risponde al naloxone e non é chiara la sua relazione con l'overdose.

La sindrome da astinenza è autolimitante e, sebbene molto drammatica, non è pericolosa per la vita. Il paziente va informato che proverà sintomi sgradevoli, ai quali non sarà consentito di raggiungere livelli intollerabili, e che i farmaci usati per alleviarli saranno somministrati in base ai segni fisici obiettivi di astinenza. Il comportamento di ricerca di droga del paziente inizia in genere con i primi sintomi di astinenza, e il personale ospedaliero deve essere sempre attento alla possibilità che egli cerchi di procurarsi la droga. I visitatori vanno limitati.

Molti pazienti in sindrome da astinenza hanno altri problemi medici che devono essere diagnosticati e trattati. I tossicodipendenti da oppiacei possono presentare dipendenze multiple e, sebbene sia teoricamente possibile fornire adeguati trattamenti di svezzamento per ciascuna sostanza, ciò non è necessario.

Ci vorrebbero i lavori forzati così a queste persone passerebbe la voglia di essere un costo e un peso alla società. purtroppo so cosa vuol dire avendo un elemento del genere in famiglia...



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