mercoledì 6 aprile 2016

ISTERIA




Isteria è un termine che è stato utilizzato nella psichiatria dell'Ottocento per indicare una tipologia di attacchi nevrotici molto intensi, di cui erano generalmente vittime soggetti femminili. Il termine viene dal greco Hysteron, utero. Infatti nell'antica Grecia si considerava che la causa di sintomi di questo tipo nelle donne fosse uno spostamento dell'utero.

Nella versione tipica ottocentesca, l'isteria si manifestava con sintomi molto simili all'epilessia, paralisi degli arti, cecità momentanea, perdita di coscienza e della capacità di parlare. Finito l'attacco, seguiva spesso una fase emozionale molto intensa, in cui il soggetto compiva azioni imprevedibili e esprimeva con poche parole o gesti sentimenti molto profondi, in uno stato semi-allucinatorio.

I soggetti tipicamente colpiti da attacchi di questo tipo erano donne di buona società. Sigmund Freud fondò buona parte delle sue teorie sullo studio di questo tipo di situazioni patologiche. Il metodo psicoanalitico si formò nel tentativo di capirne il meccanismo scatenante e cercare una terapia.

Freud individuò le cause in un trauma infantile rimosso dalla persona, che grazie alla tecnica delle sedute di psicoanalisi poteva essere riportato alla coscienza e neutralizzato. Freud divenne famoso e cominciò ad avere prestigio e notorietà presso la classe dei neurologi dopo aver curato e pubblicato un suo caso clinico di una donna isterica portata a guarigione. Dopo questo episodio, nel 1885, inizia la psicoanalisi con l'ostacolo di tutta la classe d'élite viennese.

L’etichetta di isterica è una delle tante che viene ancora appiccicata al genere femminile. Un’eredità che arriva da tempi lontani, frutto di pregiudizi maschili: l’isteria è stato il primo disturbo mentale attribuito esclusivamente alle donne. E ancora oggi viene tirato in ballo quando ci ribelliamo a un ordine, contestiamo, alziamo la voce. Oppure come sinonimo di frigida, sessualmente insoddisfatta. Un copione preconfezionato e banalizzante di cui, secondo la psicologa, dobbiamo renderci conto per liberarcene. 

È desolante constatare come alcuni aspetti vengano cuciti addosso alle donne in modo banale e come sembri loro naturale vestirsene. Tipo l’etichetta di isterica, così facilmente attaccata al genere femminile. Un’eredità pesante che arriva da tempi lontani e che ci fa capire come ciò che viene ammesso, anche se ingiusto e sbagliato, per centinaia di anni riesca poi a insinuarsi molto bene nel profondo di una cultura, di un sentire comune. L’isteria è stato il primo disturbo mentale attribuito esclusivamente alle donne. Una patologia stravagante, espressione della misteriosa natura femminile, seducente per certi versi, sfuggente e incontrollabile, con sintomi prepotenti eppure senza evidenze organiche. La sua storia spaventosa inizia in anni lontanissimi. Tracce di disturbi isterici si ritrovano in testi egizi risalenti al 1900 avanti Cristo, ma l’invenzione del termine “isteria”, da “histeron” ovvero utero, è solitamente attribuita al medico greco Ippocrate che ne parla nei suoi scritti collegandola a un cattivo funzionamento dell’utero. 

Nel Medioevo l’isteria definisce le pazze e le streghe ed è trattata con pratiche esorcistiche e il rogo. Qualche secolo più tardi, con l’arrivo della medicina scientifica vengono cercate cause organiche e si inventano trattamenti per questa “terribile malattia", vissuta come una vera e propria epidemia, soprattutto nelle classi medio borghesi. Il massaggio dei genitali con conseguente parossismo isterico (non denominato orgasmo, ovviamente) è stata una pratica molto in voga in Europa e negli Stati Uniti nell’epoca vittoriana. Il vibratore, strumento medico elettromeccanico concepito per curare (non certo per il piacere), è l'ultima invenzione di una lunga serie di terapie come riposo, purghe, salassi e anche isterectomia e clitoridectomia. 

È stata poi la psicoanalisi a liberare l’isteria da implicazioni organiche e ad attribuirle significato psichico, inscrivendola tra le nevrosi. Facendola diventare un’espressione fisica e psicologica di conflitti interiori legati alla sessualità. Sintomi classici erano considerati svenimenti, insonnia, irritabilità, paralisi transitorie, però sulla lista c’erano anche lubrificazione vaginale eccessiva e fantasie erotiche. A distanza di oltre cento anni il dibattito sull’isteria è in parte ancora aperto. Alcuni studiosi sostengono che sia stata l’esito della repressione sessuale imposta per secoli alle donne, relegate nella posizione di oggetto in un ordine maschile. E sottolineano l’influenza culturale della comparsa e della scomparsa di questa diagnosi. Ma al di là di discussioni scientifiche, la storia dell’isteria ci dice molto sul modo in cui culturalmente veniva considerata la sessualità femminile. E di quanto ancora oggi ci portiamo dietro qualcosa. Intanto ribadisce che piacere e desiderio per la scienza non esistevano fino al ventesimo secolo, tanto da tirare in ballo la follia. Etichettare e patologizzare è stato un modo per tenere a freno le donne, controllarle, non renderle autonome. Considerate dei contenitori di carne destinate al desiderio maschile, le femmine erano educate a non avere desideri sessuali e a rendere felici i loro mariti, diventando brave mogli e madri. Significati non del tutto sorpassati nei nostri modi moderni di pensare la donna.

Ci fa capire anche come la scienza, territorio maschile fino al recente passato, sia evoluta attraverso percorsi a volte così lontani da una comprensione vera della salute mentale delle donne. La natura femminile è stata studiata e definita da principi, saperi e poteri maschili e inevitabilmente maschilisti. Attraverso i quali sono nate norme sociali e morali volte a stabilire il ruolo di subordinazione della donna. L'associazione tra biologia, sistema riproduttivo e disturbi mentali è stato particolarmente forte nel XIX secolo. Ma oggi, anche se l’isteria ha perso di interesse, i temi della sessualità, delle mestruazioni, della menopausa, che attengono all’utero appunto, sono ancora centrali nell’interpretazione del comportamento e dell’animo femminile. Se tutto ciò che riguarda l’isteria ci sembra assurdo e sorpassato, ricordiamoci che l’American Psychiatric Association non ha abbandonato questo termine fino al 1950. Oggi ha assunto connotati diversi, tuttavia la nevrosi isterica non è scomparsa dal Dsm, la bibbia della psichiatria moderna, fino al 1980. Ancora ne sono vive le conseguenze nella diagnosi medica moderna.



Ma soprattutto nel senso comune “isterica” è un marchio duro a morire. Strane figure dalla storia ambigua dell’isteria tormentano ancora l'immaginario comune e forse, in parte, anche l'immagine di sé delle donne. Definite impressionabili, nevrotiche, instabili, irrazionali, incontrollate, esaltate. Capricciose, volubili e bizzarre. Un po’ pazze e paranoiche. Una caricatura del femminile. Che poi, non è il modo in cui viene raccontata la donna nella pubblicità? E non solo. Il titolo di isterica viene tirato in ballo anche quando ci ribelliamo a un ordine, contestiamo, alziamo la voce. Oppure come sinonimo di frigida, sessualmente insoddisfatta, in un’ottica maschile però. Un copione preconfezionato banalizzante che ci pesa addosso, di cui dobbiamo renderci conto per liberarcene. Perché isteria e femminile non coincidono.

Considerato un tempo come una malattia, l'isterismo va visto oggi come uno dei possibili modi di manifestarsi del conflitto nevrotico, in quanto l'isterismo è un modo di reagire, o meglio è un modo particolare di vivere il disagio psichico, di esprimerlo, di comunicarlo agli altri ed anche di utilizzarlo, infatti, nel caso dell'isterismo, si rende particolarmente evidente un fatto più generale, ovvero che il sintomo psichiatrico non è solo il modo di manifestarsi, peraltro spesso inconsapevole, di una situazione di disagio, ma è anche un modo di comunicare ad altri questo disagio.

Il sintomo psichiatrico è sempre una forma di comunicazione interpersonale e, nello specifico, per quanto riguarda l'isteria, il sintomo viene prodotto strumentalmente dal soggetto con il fine di comunicare agli altri un disagio psicologico che non saprebbe esprimere altrimenti, per poterne ottenere dei vantaggi secondari.

I disturbi chiaramente e clamorosamente isterici non sono molto frequenti nella nostra società, ma è comunque importante studiare i meccanismi psicologici che li determinano, perchè questi ultimi costituiscono una chiave di comprensione per una serie piuttosto ampia di comportamenti e di problemi psicologici.

Essi si manifestano sotto l'aspetto di sintomi che imitano malattie e lesioni organiche, quali paralisi, mutismi, convulsioni, crisi di soffocamento e hanno inoltre la caratteristica comune di esprimersi in modo appariscente, ma senza una intensa partecipazione di sofferenza da parte del soggetto, infatti lo spazio che separa l'isteria dalla simulazione è piuttosto sottile ed ambiguo, in relazione al fatto per cui l'isteria si distingue dalla simulazione nella misura in cui il soggetto non è pienamente consapevole del significato e della reale intenzionalità del proprio comportamento.

Il soggetto isterico dissocia dalla propria persona ciò egli stesso produce, ed invece di affermare "io faccio questo", è come se egli dicesse "questo mi accade" e infatti il sintomo isterico viene sempre presentato come un guasto, oppure come un blocco accidentale nel funzionamento del corpo, di cui il soggetto si proclama assolutamente non responsabile, proprio perchè il soggetto si trova in una situazione conflittuale, per cui da un lato ha un bisogno che deve esprimere, come, ad esempio, il bisogno di negarsi agli altri, di protestare o di ricevere affetto, per un altro lato, invece, egli non si può permettere di esprimere questo bisogno, perchè sa che se lo facesse verrebbe censurato prima che dalla società, dalle proprie istanze morali, per cui il risultato di questa situazione conflittuale è che il bisogno viene espresso in modo distorto e mascherato, spesso simbolico, come sintomo isterico e che il soggetto convince se stesso e gli altri che la sua volontà non c'entra per nulla.

In altre parole, il soggetto si scinde fra personaggio sociale ed organismo "malato", ed attribuisce al proprio organismo ciò che sottrae al personaggio sociale, per cui il concetto di dissociazione isterica è quindi fondamentale per comprendere la dinamica dell'isteria, infatti l'isterico è anzitutto la vittima di un intrappolamento e di sofferenza, per cui trova la via di un contegno che è frutto di un faticoso compromesso, in quanto egli è già sottoposto ad una situazione di oppressione tipicamente moralistica, che è quella che gli impedisce di esprimere liberamente, di fronte a se stesso ed agli altri, i propri bisogni reali, per questo, in genere, il sottoporre l'isterico ad un ulteriore atteggiamento moralistico, per reprimere i suoi sintomi, non fa altro che peggiorare la situazione.

L'isterismo è sempre una negazione, e quindi una manifestazione di protesta, ma è la protesta di chi non sa come protestare, di chi non sa come parlare, di chi non osa rischiare, di chi vuole ancora aiuto dal padrone, di chi cerca di sottrarsi ad una situazione insostenibile, ottenendo benefici marginali attraverso atteggiamenti che sono ancora di subordinazione e di dipendenza, l'isterismo è un fatto di poca chiarezza, un fare e non voler fare, è un fingere, un mimare, è tutto interno ad una logica di repressione e può essere definito come una protesta parassitaria, perchè il suo protagonista, senza averne colpa, non si è ancora affacciato alle possibilità di una insubordinazione vera.

Molto spesso la modalità di reazione isterica è presente in disturbi psichici di vario tipo, per lo più nel contesto di disturbi nevrastenici o fobico-ossessivi, in certi casi nelle cosiddette personalità psicopatiche, a volte nella depressione, in rapporto ai disturbi nevrastenici, la componente isterica si manifesta di solito come esibizionismo di disturbo, cioè come tendenza ad accentuare, e spesso a drammatizzare, i disturbi, allo scopo di ottenere attenzione da parte dei familiari e del medico, anche perchè l'isterismo è uno dei modi possibili di utilizzazione del sintomo, il quale viene utilizzato dal paziente per ottenerne dei vantaggi, quali, ad esempio, assumere il ruolo di malato e goderne i vantaggi, o per chiedere aiuto, o per ottenere la preoccupazione e l'ansia di altri, o per colpevolizzarli, o per modificare i rapporti all'interno della famiglia.

L'isteria non va confusa, comunque, nè con le manifestazioni pseudosomatiche della nevrastenia, nè con i disturbi psicosomatici, è infatti molto difficile concepire una terapia dell'isterismo senza una presa di coscienza, cioè senza un'uscita, peraltro imprescindibile in quanto caratteristica fondamentale del disturbo, da quella oscura, attiva negazione di consapevolezza e, in realtà, questo può avvenire solo se si offrono all'isterico delle alternative, perchè il suo problema di fondo non è di essere inconsapevole, ma di essere costretto all'inconsapevolezza del sintomo isterico per ottenere ciò che vuole, o di cui ha diritto, dato che non può ottenerlo altrimenti.





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