Per la psicoanalisi la fobia è imputabile alla rimozione di contenuti inconsci che manifestano il loro effetto portando l'individuo ad evitare una certa situazione. L'evento traumatico (appartenente al periodo dell'infanzia o della vita adulta) subisce un fenomeno di spostamento su una situazione o su un oggetto specifico.
A livello di pulsioni inconsce, la fobia è causata dalla rimozione di un'idea, di un desiderio o di un impulso inaccettabile. L'interpretazione psicoanalitica freudiana restringe il ventaglio di ipotesi, in quanto definisce la sindrome fobica come una conseguenza del mancato superamento del complesso di Edipo (isteria di angoscia) e dell'angoscia di castrazione. Vi è quindi una negazione del problema interno ed un trasferimento della angoscia dalla situazione psicologica interna verso il mondo esterno che viene caricato simbolicamente di valenze negative e fobiche.
Nel comportamentismo, invece, l'origine della fobia va ricercata nell'associazione con una esperienza spiacevole precedentemente provata, rievocata dall'oggetto della fobia. Anche le relazioni interpersonali del momento possono instaurare un particolare collegamento, rappresentato dalla fobia stessa, tra il malato e l'ambiente.
Attualmente, la psicoterapia cognitivo-comportamentale sostiene che il disturbo derivi da un cattivo apprendimento che può avvenire per condizionamento classico (Preparedness Theory di Seligman) o per apprendimento sociale (Bandura). Il disturbo si viene poi a mantenere per condizionamento operante tramite l'evitamento, dove il rinforzo negativo è rappresentato dalla sensazione di diminuzione dell'ansia per effetto dell'allontanamento dalla situazione fobica.
La fobia è una paura estrema, irrazionale e sproporzionata per qualcosa che non rappresenta una reale minaccia e con cui gli altri si confrontano senza particolari tormenti psicologici. Chi ne soffre è sopraffatto dal terrore all’idea di venire a contatto magari con un animale innocuo come un ragno o una lucertola, o di fronte alla prospettiva di compiere un’azione che lascia indifferenti la maggior parte delle persone (ad esempio, il claustrofobico non riesce a prendere l’ascensore o la metropolitana). Le persone che soffrono di fobie si rendono perfettamente conto dell’irrazionalità della propria paura, ma non possono controllarla.
L’ansia da fobia, o “fobica”, si esprime con sintomi fisiologici come tachicardia, vertigini, extrasistole, disturbi gastrici e urinari, nausea, diarrea, senso di soffocamento, rossore, sudorazione eccessiva, tremito e spossatezza. Con la paura si sta male e si desidera una cosa sola: fuggire! Scappare, d’altra parte, è una strategia di emergenza. La tendenza ad evitare tutte le situazioni o condizioni che possono essere associate alla paura, sebbene riduca sul momento gli effetti della fobia, in realtà costituisce una micidiale trappola: ogni evitamento, infatti, conferma la pericolosità della situazione evitata e prepara l’evitamento successivo (in termini tecnici si dice che ogni evitamento rinforza negativamente la paura). Tale spirale di progressivi evitamenti produce l’incremento, non solo della sfiducia nelle proprie risorse, ma anche della reazione fobica della persona, al punto da interferire significativamente con la normale routine dell’individuo, con il funzionamento lavorativo o scolastico oppure con le attività o le relazioni sociali. Il disagio diviene così sempre più limitante. Chi ha la fobia dell’aereo può trovarsi, ad esempio, a rinunciare a molte trasferte, e la cosa diventa imbarazzante se è necessario spostarsi per lavoro. Chi ha paura degli aghi e delle siringhe può rinunciare a controlli medici necessari o privarsi dell’esperienza di una gravidanza. Chi ha paura dei piccioni non attraversa le piazze e non può godersi un caffè seduto ai tavolini di un bar all’aperto e così via.
Quando si parla di fobie ci si riferisce in genere a: fobia dei cani, fobia dei gatti, fobia dei ragni, fobia degli spazi chiusi, fobia degli insetti, fobia dell’aereo, fobia del sangue, fobia delle iniezioni, ecc.
Più precisamente, esistono le fobie generalizzate (agorafobia e fobia sociale), fortemente invalidanti, e le comuni fobie specifiche, generalmente ben gestite dai soggetti evitando gli stimoli temuti, che si classificano così:
Tipo animali. Fobia dei ragni (aracnofobia), fobia degli uccelli o fobia dei piccioni (ornitofobia), fobia degli insetti, fobia dei cani (cinofobia), fobia dei gatti (ailurofobia), fobia dei topi, ecc..
Tipo ambiente naturale. Fobia dei temporali (brontofobia), fobia delle altezze (acrofobia), fobia del buio (scotofobia), fobia dell’acqua (idrofobia), ecc..
Tipo sangue-iniezioni-ferite. Fobia del sangue (emofobia), fobia degli aghi, fobia delle siringhe, ecc.. In generale, se la paura viene provocata dalla vista di sangue o di una ferita o dal ricevere un’iniezione o altre procedure mediche invasive.
Tipo situazionale. Nei casi in cui la paura è provocata da una situazione specifica, come trasporti pubblici, tunnel, ponti, ascensori, volare (aviofobia), guidare, oppure luoghi chiusi (claustrofobia o agorafobia).
Altro tipo. Nel caso in cui la paura è scatenata da altri stimoli come: il timore o l’evitamento di situazioni che potrebbero portare a soffocare o contrarre una malattia, ecc. Una forma particolare di fobia riguarda il proprio corpo o una parte di esso, che la persona vede come orrende, inguardabili, ripugnanti (dismorfofobia).
E’ importante chiarire che il tipo di fobia da cui si è affetti non ha alcun significato simbolico inconscio, come invece viene suggerito da alcuni psicoanalisti, e la paura specifica è legata unicamente ad esperienze di apprendimento errato involontario (non necessariamente ricordate dal soggetto), per cui l’organismo associa involontariamente pericolosità ad un oggetto o situazione oggettivamente non pericolosa. Si tratta, in sostanza, di un processo di cosiddetto “condizionamento classico”. Tale condizionamento si mantiene inalterato nel tempo a causa dello spontaneo evitamento sistematico che i soggetti fobici mettono in atto rispetto alla situazione temuta.
Il trattamento delle fobie è relativamente semplice, se non complicato da altri disturbi psicologici, e prevede primariamente un percorso di psicoterapia cognitivo comportamentale di breve durata (spesso entro i 3-4 mesi).
La cura delle fobie, dopo un periodo di valutazione del caso che si esaurisce in genere nell’arco del primo mese, passa necessariamente attraverso l’utilizzo delle tecniche di esposizione graduata agli stimoli temuti. Il paziente viene avvicinato in modo molto progressivo agli stimoli che innescano la paura, partendo da quelli più lontani dall’oggetto o situazione centrale (es. l’immagine di una siringa nuova per un fobico degli aghi o una scatoletta di mangime per un fobico dei cani). Il contatto con tali stimoli viene mantenuto finché inevitabilmente non subentra l’abitudine ed essi non generano più ansia. Solo a tal punto si procede all’esposizione ad uno stimolo leggermente più ansiogeno, in una gerarchia accuratamente preparata in seduta a priori. In questo modo, nell’arco di poche settimane, si riesce a salire sulla gerarchia fino ad arrivare a esposizioni molto più forti, senza suscitare mai troppa ansia nel soggetto e ripetendo ogni esercizio finché non è diventato “neutro”.
Tale procedura può spaventare molto le persone che soffrono di una fobia, poiché implica affrontare vis a vis l’oggetto o situazione temuta, ma se ben effettuata, con l’aiuto di un terapeuta esperto, è assolutamente applicabile e garantisce un successo nel 90-95% dei casi nella cura della fobia.
In alcuni casi, per rendere più efficace il metodo, si insegnano al paziente strategie di rilassamento fisiologico e lo si invita ad utilizzarle poco prima di esporsi agli stimoli ansiogeni, in modo da facilitare la creazione di un nuovo condizionamento, in cui l’organismo associ rilassamento, anziché ansia, a tali stimoli.
Nel caso di fobie invalidanti è molto diffuso l’uso di farmaci ansiolitici “al bisogno”, per gestire l’ansia dovendo fronteggiare necessariamente certe situazioni temute (es. prima di prendere l’aereo). Tale strategia consente di sopravvivere all’evento, ma non ottiene altro che l’effetto di rafforzare la fobia. Più utili, eventualmente, anche se non paragonabili e indubbiamente meno efficaci delle tecniche cognitivo comportamentali, possono essere delle adeguate e prolungate terapie a base di antidepressivi SSRI, sotto attenta valutazione medica.
Immaginate di incrociare per strada una ragazza stupenda: tacchi a spillo, curve al posto giusto, labbra carnose… insomma, uno schianto. Se però invece che voltarvi a guardarla, iniziate a tremare e a sudare freddo, mentre un senso di nausea e oppressione vi attanaglia, allora probabilmente soffrite di caligynefobia, un terrore smisurato per le belle donne. Magari "condito" con un tocco di philematofobia, una fifa matta dei baci. Se invece a spaventarvi sono solo i baci di vostra suocera, forse siete affetti da penterafobia (un’avversione ingiustificata per la madre di vostra moglie).
Elenco senza fine
E l’elenco delle fobie più insolite potrebbe continuare all’infinito, c’è chi non sopporta la vista delle ginocchia - neanche delle proprie - (genufobia), chi trema, e non solo di freddo, quando nevica (quionofobia) e chi ha talmente paura delle ombre da ridursi a vivere nel buio più assoluto. Altri temono gli angoli di case e palazzi (gonofobia), vanno in panico davanti a un minestrone di verdure (lachanofobia) o alla sola vista di un pc (i ciberfobici, che difficilmente leggeranno queste righe). Disturbi un po’ insoliti, certo, ma seri e invalidanti, che possono colpire un po’ tutti, indistintamente.
«La paura è democratica», afferma Giorgio Nardone, psicologo, psicoterapeuta e direttore del Centro di Terapia Strategica di Arezzo (un istituto di ricerca, training e cura di queste patologie), «in 15 anni di terapia ho incontrato oltre 10 mila pazienti, il 52% dei quali donne, il 48% uomini. Non c’è quindi una differenza significativa tra sessi, né tra ceti sociali. Neppure medici e psicologi, che con le fobie hanno a che fare ogni giorno, ne sono immuni».
Insomma se eravate rimasti alla paura per ragni e serpenti, è ora di aggiornare il glossario. Chi ha provato a catalogare una per una tutte le fobie più strane infatti, è riuscito a contarne oltre un migliaio, accatastate in lunghi dizionari online che spesso più che offrire un valido sostegno terapeutico a chi è affetto da questi disturbi, soddisfano la curiosità degli utenti "sani".
Qualcuno sulle fobie più bizzarre ci specula, altri ci scherzano, quasi tutti ci incuriosiamo. Eppure si tratta di patologie che possono rendere la vita di chi ne soffre particolarmente dura. Sì perché se alcune paure sono più facilmente condivisibili, altre sembrano troppo fuori dalle righe per essere accettate.
Provate a pensare di rimanere bloccati in ascensore, in bilico tra due piani alti. Bè in una simile circostanza, nessuno si stupirebbe più di tanto, se vi venisse un attacco di claustrofobia. Ma che pensereste se un vostro collega vi confessasse di avere una paura tremenda di scale e gradini (batmofobia)? O se ogni giorno dopo inutili tentativi e crisi di panico, vi implorasse di fare quella telefonata al posto suo perché solo a comporre il numero, si sente venir meno?
Difficile confessare ad amici e conoscenti di avere il terrore di oggetti e situazioni apparentemente così "innocui". Si rischierebbe, è il primo pensiero di chi è affetto da disturbi tanto specifici, di venir presi per matti. O di essere considerati dei deboli o dei viziati.
E in effetti, come reagireste se scopriste che a bloccare in casa un vostro parente, è una paura smisurata per le raffiche di vento (anemofobia)? O un timore incontrollabile per le ombre (sciofobia), che lo costringe a rinchiudersi in una stanza buia evitando così ogni contatto con l’esterno?
E che dire dei malati di ciberfobia (paura dei Pc) che non riuscirebbero a compiere un sempre maggior numero di lavori e professioni?
Comune è anche una certa riluttanza a rivolgersi a uno specialista, soprattutto per i fobici colpiti da disturbi più inusuali, che cercano di nascondere il più a lungo possibile le proprie paure. Tanto che patologie di questo tipo sfuggono anche alle statistiche mediche ufficiali.
In cima alla lista delle zoofobie più diffuse, comunque, c’è oggi quella per i piccioni: segno che le paure cambiano nel tempo, proprio come le mode. Molto diffuse anche le patofobie, timori immotivati di essere affetti da un male incurabile. Secondo una recente rilevazione empirica condotta su scala nazionale, questi malati immaginari, che si sottopongono a esami diagnostici continui e invasivi, sono il 6-7% della popolazione italiana. Oltre 2 milioni di persone che oltre a provare un forte disagio personale, aggravano il bilancio del servizio sanitario dello stato.
D’accordo la fobia delle lontre (lutrafobia) per chi abita in città, può non essere particolarmente invalidante: basta evitare fiumi e parchi naturali e il problema non si pone. Ma il punto è che dietro a questa e altre paure così specifiche, si nasconde spesso un disagio personale più serio.
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