Un triste fenomeno che miete 45 mila vittime l'anno nel nostro Paese, stando a un rapporto pubblicato sul finire del 2013 dall'associazione Luca Coscioni. Una realtà drammatica contro la quale si battono diverse associazioni radicate sul territorio italiano. Abituate, loro malgrado, a fare i conti con il dolore di famiglie colpite da drammi.
L'associazione Danno medico, in prima fila nel denunciare «la gravità e l'ampiezza» di un fenomeno che coinvolge, per esempio, «casi ginecologici come oculistici», fornendo assistenza gratuita a chiunque ne chieda il sostegno. Avvalendosi della consulenza di medici e avvocati convenzionati per esaminare la storia e le cartelle cliniche di chi ritiene di essere stato vittima di un episodio di malasanità.
A partire dagli Anni 90 diversi sono stati gli studi internazionali che hanno provveduto a quantificare gli errori nella Sanità e, in particolare, quelli in ospedale. È stato rilevato come la quantità degli «eventi avversi» (vale a dire gli errori che provocano danni sui pazienti) nel mondo oscilli tra il 4 e il 12% dei ricoveri e che almeno il 4% di essi abbia come conseguenza la morte del paziente.
Solo recentemente (nel 2011), in Italia è stata svolta un'analoga ricerca, le cui conclusioni sono state che il 5,2% dei ricoverati subisce un evento avverso e, tra questi, il 9,5% conduce al decesso del paziente.
Diversi dei suddetti casi hanno avuto strascichi legali, con richieste di risarcimento inoltrate da parte dei famigliari delle vittime.
«Riceviamo decine di telefonate a settimana da persone che si considerano vittime di malasanità», spiega un legale che presta la propria consulenza a Danno medico per verificare «l’esistenza di presupposti di responsabilità inerente ai medici o alla struttura sanitaria». I singoli casi, che vengono sottoposti al vaglio di un medico legale, sono valutati nell'ottica di una possibile azione civile o penale. Nel secondo caso è certamente più complesso accertare la piena responsabilità medica, mentre per quanto concerne i risarcimenti in denaro è, secondo l'avvocato, assai più probabile che l'azione legale vada a buon fine.
Le richieste provengono principalmente da persone che hanno avuto a che fare con strutture pubbliche, ferma restando la preponderanza sul territorio di queste ultime rispetto a quelle private. «Molte delle persone che si rivolgono alla nostra associazione, dopo essere state vittime di episodi di malasanità, hanno perso la fiducia nelle istituzioni», aggiunge il legale, spiegando come la visibilità mediatica dei casi, se giustificata, finisca con l'essere, alle volte, controproducente, nel «creare, se possibile, ancor più allarmismo». Specialmente nel momento in cui, alla pubblicazione, della notizia non fa seguito quella dello sviluppo giudiziario conseguente.
«Quando si concretizzano, sarebbe il caso di dare più spazio anche ai risarcimenti», conclude, «così da evitare il proliferare della rassegnazione di fronte a queste tragedie».
Per ottenere un giusto risarcimento danni è importante sapere quali siano i 5 passi fondamentali da seguire.
- Primo: rivolgersi ad un avvocato specializzato in responsabilità medica. Anche le agenzie che si occupano di risarcimento o le associazioni a tutela degli utenti colpiti da casi di malasanità si rivolgono necessariamente agli avvocati per la tutela dei diritti dei loro associati.
- Secondo: un avvocato specializzato in malasanità opera una rigorosa disamina del caso, ricevendo in studio direttamente con il medico specialista nella materia d’interesse del cliente, a seconda che si tratti dell’ambito della ginecologia/ostetricia, neurochirurgia, oncologia, cardiologia, ecc. Successivamente a questo vaglio, ed esclusivamente se sarà dato parere positivo sulla responsabilità, si procederà con la quantificazione del danno ad opera del medico legale.
- Terzo: la professionalità è d’obbligo e questo atteggiamento nei confronti di una materia così delicata fa si che si abbiano maggiori successi nell’ottenimento del risarcimento e si eviti, allo stesso tempo, che vengano intentate azioni prive di fondamento o comunque di risibile apprezzamento economico.
- Quarto: ulteriore garanzia per il cliente è la possibilità per il professionista di lavorare condizionando i propri compensi, in termini percentuali, al valore della causa (così come sancito dal nuovo codice deontologico forense).
- Quinto: solo azioni in sede civile che, se ben strutturate, portano al risarcimento nella maggior parte dei casi; l’azione in sede penale è troppo rischiosa e in caso di archiviazione pregiudica quella civile.
Un pensiero di Johann Wolfgang Goethe “lo scopo della vita è la vita stessa” questa frase credo rappresenti l’importanza del bene salute e quindi del diritto di ogni cittadino alla tutela dello stesso."
Il giurista inglese Sir William Blackstone nei suoi Commentaries on the Laws of England (1768) parlò di mala praxis (poi diventato malpractice, un concetto giuridico simile a "negligenza") riferendosi all'attività medica. In seguito il termine venne ripreso nel 1879 su un giornale medico. Poi divenne diffuso nella fine del XX secolo, fra gli episodi più importanti che destarono l'opinione pubblica ci fu quello dell'ospedale cardiochirurgico pediatrico di Bristol, dove per diversi anni (dal 1984 al 1995) ci fu un numero elevato di decessi. Altro caso fu quello del ginecologo del South Kent Hospital per cui, nel 1996, i suoi errori costarono caro ai pazienti. In Italia destarono l'attenzione dei mass media i fatti avvenuti nel nuovo reparto di terapia intensiva coronarica a Castellaneta (provincia di Taranto) dove in poco tempo morirono 8 persone: essendo un reparto ad alto rischio il problema non venne sollevato inizialmente e si comprese solo per caso dello scambio di tubi. I pazienti inalavano azoto invece di ossigeno, anche se ogni attrezzatura era stata sottoposta ad un duplice collaudo prima dell'apertura. La malasanità può anche essere volontaria e coinvolgere le case farmaceutiche, che corrompono medici sia di ospedali che di famiglia, imponendo determinati farmaci a posto di altri, si ricorda a tal proposito l'"operazione Giove" per cui furono indagati medici di 7 ospedali diversi.
A volte sono i medici stessi ad ammettere i propri errori anche se hanno portato gravi conseguenze, come nel caso di Jesica Santillan, una ragazza messicana di 17 anni che attraversò illegalmente con la famiglia il confine per un trapianto eseguito nello stato del Nord Carolina. In quell'occasione il chirurgo fallendo l'operazione portò alla morte la ragazza.
Alla fine del XX secolo nei soli USA i costi per le cause legali sono arrivati ad un miliardo di dollari all'anno mentre i costi per le polizze erano arrivati a 5. I medici sono tenuti ad avere una specifica assicurazione per la responsabilità professionale che copre i loro errori, la cui polizza varia a seconda della specializzazione.
Nel corso degli anni sono state molte le definizioni di malasanità, Rosenthal nel 1995 la definiva come "una evidente e dimostrata mancanza di conoscenza e/o abilità nella conduzione della pratica clinica". Charles Bosk nei suoi scritti del 1986 invece ricorda quanto gli errori nei reparti di medicina cambino a seconda dell'incertezza tipica delle varie discipline. In tempi più recenti si sono sviluppati 4 concetti che devono coesistire per definire un dato evento come "malasanità": un obbligo dovuto e violato e che tale violazione ha portato danno al paziente (che può essere sia immediato che differito nel tempo).
La parte lesa o chi per essa deve dimostrare durante il processo senza ombra di dubbio la diretta conseguenza dell'operato del medico rispetto al danno subito dal paziente mentre è compito della struttura e del medico fornire la prova contraria, dimostrando che l'operato non ha aggravato le condizioni del paziente o non ha fatto nascere una patologia nuova.
Esistono alcuni organi, come il general medical council, istituito nel 1858 i cui compiti sono di controllo sull'attività dei medici, in Italia è stata istituita una commissione d’inchiesta che deve valutare gli errori in sanità. Altre organizzazione tengono a precisare i danni come l' Association for Responsible medicine (ARM) che ha quantificato in circa un milione di persone quelle che hanno ricevuto danni per la malasanità
In Australia il problema finanziario legato alla malasanità ha messo in rischio le attività private di migliaia di medici.
Nel Canada il CMPA (Canadian Medical Protective Association) fondata nel 1901 che non è una compagnia di assicurazione, rappresenta oltre 30.000 medici quando nel 1945 ne rappresentava solo 3.000. Nella sua raccolta dei dati ha evidenziato come le cause della malasanità sono la mancanza del rapporto fra malato e medico ma soprattutto l'errato inserimento dei dati raccolti del paziente.
In Germania dal 1970 è stato fondato un ente, "Gutachterkommissionen und Schlichtungsstellen" che congiunto al MERS assiste le corti nelle decisioni per i casi di malasanità. Nelle oltre 7200 decisioni in più di 1600 si è concluso nel concedere una compensazione finanziaria per il paziente. I reparti più a rischio per una non corretta diagnosi sono l'ortopedia e la traumatologia.
In Giappone studi condotti hanno dimostrato come l'incidenza della malasanità sia in aumento, ed è stata avanzata l'ipotesi di fornire un incentivo economico per migliorare la qualità generale ma dubbi si sono espressi sull'efficacia di tale idea.
In Italia i dati ufficiali cambiano a secondo della fonte: l'associazione degli anestesisti parla di 14 000 morti all'anno mentre il dato aumenta sino a 50 000 decessi secondo l'Assinform, si era anche stimata una media di 90 decessi al giorno che non può trovare riscontro pratico in quanto è un dato impossibile da valutare ed ha sollevato numerosi dubbi, i dati più alti di errori evitabili si ritrovano nel corso di operazioni (32%) e nei reparti di degenza e urgenza. Più dell'80% dei processi che si effettuano si risolvono con l'innocenza dei medici imputati. Il problema è collegare la morte del paziente alla inefficienza del trattamento scelto dai medici, come nel caso della "flebo - killer" del dicembre 1994 quando a Pavia si vide la morte di due anziani. L'articolo 2236 del codice civile ricorda che i casi vengono limitati agli episodi di dolo e colpa grave, mentre la cassazione ha più volte previsto l'assoluzione nei casi in cui le patologie sono poco conosciute o poco studiate in letteratura. In tali casi l'ospedale non deve seguire l'art 1176 primo comma cod. civ (del buon padre di famiglia) ma l'ex art. 1176 secondo comma cod. civ. che lo configura come debitore qualificato che comporta la necessaria perizia da parte del medico.
Nel Kazakistan molto scalpore fece il caso dei medici (21 in tutto) che trasmisero l'Aids a più di cento bambini causando la morte di almeno 10 di loro.
In Messico, grazie alla "Comisión Nacional de Arbitraje Médico" (CONAMED), sono stati stimati all'anno 17.000 casi di malasanità che hanno portato alla denuncia dei medici, di questi il 5% è favorevole alla vittima.
Negli USA uno studio condotto su più di 1400 casi mostra come nel 72% dei casi i processi si concludono con l'innocenza dei medici imputati. Molta importanza durante i processi hanno i "testimoni esperti", la cui professionalità deve essere riconosciuta e attestata.
Nella Spagna, l'ospedale "general Gregorio Maranon" è stato più volte coinvolto per diversi episodi di malasanità, come quello del 1988 e successivamente nel 1995 quando venne operato un anziano per un tumore che non aveva, morto per complicanze durante l'operazione; in quest'occasione i parenti ebbero come riarcimento 155.000 euro. Il danno, secondo la loro giurispriudenza deve essere considerato "sproporzionato".
Nella Svezia si è tentato un diverso approccio con il piano "Patient Injury Insurance" e il Medical Responsability Board (MRB).
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