Secondo alcuni studiosi le prime descrizioni riguardanti la psoriasi comparirebbero già nei Codici Assiro Babilonesi (2000 a.C. circa) che ci parlano di malattie cutanee squamo crostose, in alcuni papiri egiziani e in diversi libri dell'Antico Testamento.
La psoriasi farebbe parte delle malattie della pelle a cui si riferisce la Bibbia nei capitoli 13 e 14 del Levitico e che nella Bibbia ebraica sono definite Tzaraat. "Se un uomo avrà nella pelle del suo corpo una pustola o una macchia bianca …la piaga di Tzaraat ... quel tale sarà condotto dal sacerdote che esaminerà la piaga sulla pelle del corpo" Per tali malattie della pelle vengono anche fornite alcune prescrizioni comportamentali. Una indiretta conferma potrebbe venire dal fatto che in ebraico la parola attualmente utilizzata per definire la psoriasi è sapachat ed è di origine biblica, ma di significato sconosciuto.
Ippocrate nel V secolo a.C. fornisce una descrizione piuttosto dettagliata di alcune lesioni desquamative, verosimilmente psoriasiche e ad esse si riferisce con il nome di “psora”. Celso nel I secolo dopo Cristo dà una descrizione accurata della dermatosi e suggerisce di trattarla con preparati allo zolfo. Il medico greco Claudio Galeno usò il termine "psoriasi" riferendosi ad alcune lesioni cutanee squamose e pruriginose, consigliando i pazienti di avvalersi di bagni frequenti ed unguenti grassi.
Per oltre mille anni la conoscenza e la terapia della dermatosi non fa progressi ed i medici consigliano i pazienti di avvalersi di bagni con acque sulfuree, di fanghi, di pomate grasse o di olii veicolanti catrami e preparati sulfurei. La malattia viene spesso alternativamente scambiata per lebbra o scabbia, il che porta frequentemente all'isolamento sociale dei pazienti.
La malattia verso la fine del XVIII secolo diviene nota come "lepra di Willan" quando i dermatologi inglesi Robert Willan (1757-1812) e Thomas Bateman la differenziano rispetto ad altre malattie della pelle e ne chiariscono le manifestazioni e complicanze. A loro parere la lebbra si caratterizza per le lesioni di forma regolare e circolare, mentre la psoriasi è sempre di aspetto e forma irregolare. Robert Willan identificò due diverse categorie di lesioni, la psoriasi discoide che chiamò leprosa Graecorum (equivalente alla Lepra Vulgaris o Lepra willani) e la psora leprosa.
I più famosi dermatologi del XIX secolo si dedicarono all'approfondimento dello studio della malattia, la quale a loro parere era sistemica (parlavano infatti di "malattia psoriasica"), ritenendola collegata ad alterazioni non meglio specificate degli organi interni e del sistema nervoso. Solo nel 1841 ad opera del dermatologo austriaco Ferdinand von Hebra, fondatore della nuova scuola viennese di dermatologia, alla condizione venne finalmente dato il nome definitivo di psoriasi, derivato dal termine greco psora che significa appunto prurito. La descrizione è rinvenibile nell'opera di von Hebra Atlas der Hautkrankeiten (Atlante di malattie della pelle).
La storia della psoriasi è costellata di trattamenti di dubbia efficacia e di tossicità elevata. Questi trattamenti hanno goduto di breve ed ampia popolarità in particolari periodi di tempo od in determinate aree geografiche. Gli antichi egiziani erano soliti tentare cure topiche basate su sostanze catramose ed escrementi di cani, gatti e di altri animali. Rimedi fantasiosi basati su acque sulfuree, urina, sali marini da applicarsi localmente si associano a terapie orali che richiedono di sorseggiare brodo di vipera.
Verso la metà del 1700, specialmente nel Regno Unito, viene consigliata una cura della psoriasi con preparati a base di mercurio: la terapia comprende sia applicazioni locali che un trattamento per via generale. La tossicità del mercurio rende presto poco popolare questo tentativo terapeutico. E tuttavia il mercurio rimane utilizzato a lungo in paste ed unguenti per il trattamento di malattie della pelle e psoriasi.
Da notare che anche in anni più recenti è stato tentato il trattamento di questa patologia con complessi di rame e preparazioni contenenti salicilato di rame, con scarsi risultati ed effetti tossici. Nel XVIII e XIX secolo la psoriasi, tra i vari rimedi, fu curata ricorrendo alla cosiddetta soluzione di Fowler, vale a dire una soluzione contenente un 1% di arsenico di potassio. Anche in questo caso il composto si è rivelato estremamente tossico e cancerogeno.
Ciò nonostante l'arsenico continuò ad essere ampiamente utilizzato in dermatologia, sia negli Stati Uniti d'America che in Europa, sotto forma di soluzione di Fowler e di pillole asiatiche contenenti anche oppio o pepe. L'arsenico fa tuttora parte della medicina tradizionale cinese. Nel corso del XX secolo i raggi Grenz (detti anche raggi Bucky) una forma di radiazioni X morbide, sono stati ampiamente utilizzati nel trattamento della psoriasi e di altri disturbi della pelle. Il preciso meccanismo di azione di questi raggi non è mai stato compreso pienamente ma il trattamento sembra avere un ottimo effetto sulla psoriasi, in particolare del cuoio capelluto. Questa terapia in anni più recenti è stata rimpiazzata dalla terapia con raggi ultravioletti.
Gli individui con psoriasi possono accusare una scarsa immagine di sé che nasce dalla paura di incorrere nel pubblico rifiuto e dalle preoccupazioni psicosessuali. La psoriasi è stata associata a una bassa autostima e il disturbo depressivo è più comune tra coloro che soffrono di questa condizione. Le persone con psoriasi spesso sono vittime di pregiudizi a causa dell'erronea credenza diffusa che essa sia contagiosa. Il disagio psicologico può portare a depressione significativa e isolamento sociale; un alto tasso di ideazione suicidiaria è stato associato con la malattia. Esistono molti strumenti per misurare la qualità della vita dei pazienti affetti da psoriasi e altri disturbi dermatologici. La ricerca clinica ha indicato che i pazienti vanno incontro spesso ad una diminuzione della qualità della vita. I bambini con psoriasi possono essere vittime di episodi di "bullismo".
La psoriasi è una dermatite cronica, ossia persistente e duratura, che causa un’infiammazione della pelle.
La malattia si verifica in tutte le fasce d’età e colpisce uomini e donne in percentuali uguali, ma affligge soprattutto gli adulti (mediamente il primo attacco avviene fra i 15 ed i 25 anni). Colpisce circa l’1- 2% della popolazione, con leggere differenze a seconda della nazione.
Circa il 15% delle persone affette da psoriasi soffre di un’infiammazione alle articolazioni che provoca i sintomi dell’artrite. Questa malattia si chiama artrite psoriasica.
Recenti ricerche suggeriscono che la psoriasi probabilmente è una patologia che ha origine dal sistema immunitario. Del sistema immunitario fanno parte particolari cellule del sangue che identificano e distruggono i corpi estranei , ad esempio i virus e i batteri, e si chiamano globuli bianchi (o leucociti). I globuli bianchi sono di due tipi: i linfociti T e i linfociti B, quando i linfociti T identificano una sostanza o un corpo estraneo lo attaccano. Quando i linfociti B identificano un corpo estraneo producono invece delle particolari sostanze chimiche chiamate anticorpi, questi si attaccano al corpo estraneo e lo distruggono. La psoriasi provoca un’attività anomala del sistema immunitario, e in particolare dei linfociti T, per quanto riguarda la pelle. I linfociti T causano l’infiammazione della pelle e fanno sì che le cellule della pelle si riproducano in modo anomalo ed eccessivo.
Circa un terzo dei casi di psoriasi è ereditario. I ricercatori stanno studiando le famiglie affette da psoriasi per identificare i geni all’origine della malattia.
La manifestazione cutanea ciclicamente migliora per poi peggiorare nuovamente, tra le condizioni che possono provocare il peggioramento troviamo:
i cambiamenti climatici,
le infezioni,
lo stress,
la secchezza della pelle,
i farmaci betabloccanti (usati di solito per curare l’ipertensione),
il litio (un farmaco per la terapia della depressione).
La pelle forma delle chiazze ispessite e arrossate, coperte da squame di colore grigio. Le scaglie sono dovute al fatto che le cellule nello strato superiore della pelle si riproducono più velocemente del normale e quindi si accumulano sulla superficie; di solito vengono definite placche e spesso provocano prurito e bruciore. La pelle in corrispondenza delle articolazioni può fessurarsi. Le lesioni possono manifestarsi di differente dimensione e gravità, da piccole zone a aree talmente estese da diventare un problema debilitante.
Nella maggior parte dei casi la psoriasi colpisce i gomiti, le ginocchia, il cuoio capelluto, la parte bassa della schiena, il viso, il palmo delle mani e la pianta dei piedi, ma può interessare la pelle in qualsiasi zona del corpo; può anche interessare le unghie delle mani e dei piedi, e i tessuti molli della cavità orale e della zona genitale. Le lesioni non provocano cicatrici permanenti.
Le persone affette da psoriasi possono soffrire inoltre di ulteriori disturbi, tra i quali troviamo dolore e prurito, difficoltà di movimento articolare e stress emotivo.
I medici di solito diagnosticano la patologia dopo un’attenta analisi della pelle, tuttavia la diagnosi può essere difficile poiché la psoriasi spesso assomiglia ad altre malattie della pelle. Il medico potrebbe voler effettuare una biopsia, ovvero prelevare un campione di pelle, che verrà esaminato da un patologo al microscopio.
La psoriasi può presentarsi in diverse forme, le più diffuse sono:
la forma più comune è la psoriasi a placche: in questa forma le lesioni sono rosse alla base e ricoperte di scaglie grigiastre di pelle.
Psoriasi guttata. Appaiono delle piccole lesioni localizzate sull’addome, sul petto, sulla schiena, sugli arti e sul cuoio capelluto. La psoriasi guttata di solito si scatena dopo infezioni batteriche, come quelle da streptococco.
Psoriasi pustolosa. Sulla pelle compaiono vesciche piene di pus, che però non sono di natura infettiva. Gli attacchi di psoriasi pustolosa possono essere scatenati da terapie mediche, da infezioni, da stress o dall’esposizione a determinate sostanze chimiche. La psoriasi pustolosa può colpire zone della pelle poco estese oppure al contrario molto vaste.
Psoriasi invertita. Si formano placche grandi, secche, lisce e di colore rosso vivo nelle pieghe della pelle vicino ai genitali, sotto il seno o sulle ascelle. La psoriasi invertita è collegata a un aumento della sensibilità allo sfregamento e alla sudorazione e può essere molto dolorosa o causare un forte prurito.
Psoriasi eritrodermica. La pelle presenta grandi chiazze arrossate e squamate che spesso causano prurito o dolore. La psoriasi eritrodermica può essere causata da gravi scottature oppure da determinati farmaci.
La terapia della psoriasi dipende da:
gravità del disturbo,
estensione delle zone colpite,
tipo di psoriasi,
bontà della risposta alla terapia iniziale.
Le terapie disponibili sono le seguenti, e di solito vengono intraprese proprio in quest’ordine:
farmaci per uso topico (applicati direttamente sulla pelle),
fototerapia (terapia mediante raggi luminosi),
terapia sistemica, ovvero assunzione di farmaci per via orale o per iniezione.
Con il passare del tempo, la pelle colpita da psoriasi può sviluppare resistenza alla terapia, soprattutto se questa viene effettuata con corticosteroidi per uso topico. Inoltre, una terapia che si dimostra efficace per un paziente, potrebbe non esserlo per un altro. Un approccio per prove ed errori di solito può aiutare il medico a trovare una terapia efficace. Di tanto in tanto, potrebbe essere necessario cambiare terapia.
I farmaci applicati direttamente sulla pelle spesso sono in grado di far regredire la psoriasi.
Gli unguenti a base di corticosteroidi (cortisone) possono far migliorare la psoriasi, ma non la faranno sparire totalmente. Gli steroidi sono efficaci, ma se vengono usati in quantità eccessive o per un periodo troppo lungo la malattia può anche peggiorare. I farmaci per uso topico a base di vitamina D3 o analoghi chimici (come per esempio il calcipotriolo, Daivonex® e Psorcutan® per esempio) possono tenere sotto controllo la sovrapproduzione di cellule della pelle e possono far regredire i sintomi.
I farmaci per uso topico che contengono retinoidi, sostanze derivate dalla vitamina A, possono contribuire a tenere sotto controllo la psoriasi. La loro azione non è rapida come quella degli unguenti a base di corticosteroidi, ma hanno minori effetti collaterali. Le donne in età fertile dovrebbero però usare metodi anticoncezionali durante la terapia a base di retinoidi. Tra gli altri farmaci per uso topico troviamo: il carbone minerale, l’antralina e l’acido salicilico.
Altri farmaci per uso topico, come ad esempio le soluzioni per il bagno e le lozioni idratanti, possono alleviare i sintomi, ma di solito non sono sufficienti per far scomparire per sempre le lesioni.
I raggi ultravioletti (UV) emessi dal sole distruggono i linfociti T della pelle, in questo modo l’infiammazione regredisce e rallenta la sovrapproduzione di cellule che provoca la comparsa di squame sulla pelle; per le forme più lievi di psoriasi è possibile usare una terapia che si avvale di luce artificiale, più controllata.
Esistono due tipi di raggi UV, gli UVA e gli UVB. La fototerapia con raggi UVB usa sorgenti di luce artificiali, mentre lo Psoralene e i raggi UVA possono essere combinati nella cosiddetta terapia P.UVA. Lo Psoralene è un farmaco che può essere assunto per via orale oppure topica che rende l’organismo più sensibile ai raggi UV tuttavia, se la terapia si protrae per troppo tempo, aumenta il rischio di tumore alla pelle. Esiste infine un particolare tipo di laser come adatto a curare la psoriasi di intensità da lieve a media: i laser offrono una maggiore precisione nell’irradiare la pelle malata.
Per le forme più gravi di psoriasi la migliore opzione è quella di assumere farmaci sistemici, oralmente o tramite iniezione, tra questi troviamo:
Metotrexato
Ciclosporine
Idrossiurea
I farmaci immunosoppressori possono avere effetti collaterali importanti, ad esempio è possibile che i figli concepiti dai pazienti che assumono questo tipo di farmaco presentino delle anormalità.
I retinoidi, usati anche per via sistemica, sono chimicamente analoghi alla vitamina A: poiché anche questo farmaco può causare malformazioni fetali, le donne dovrebbero usare un qualche metodo anticoncezionale a partire da un mese prima della terapia, fino a tre anni dopo la sua conclusione.
Il trattamento per via sistemica viene riservato ai soggetti con forme gravi o particolarmente estese, oppure a quei pazienti nei quali i trattamenti topici o fototerapici si sono dimostrati inefficaci. La decisione di iniziare una terapia per via sistemica in un soggetto affetto da psoriasi deve essere considerata con grande attenzione e, in ogni caso, deve essere preceduta dalla esecuzione dei normali esami ematochimici e dal controllo dei test di funzionalità epatica a causa della potenziale tossicità di molti farmaci.
I principali agenti attivi nella psoriasi per via sistemica sono il metotrexate, la ciclosporina A ed i retinoidi (acitretina e etretinato).
La ciclosporina A (CsA) è un farmaco immunosoppressore comunemente utilizzato per controllare il rigetto dei trapianti d'organo. Il suo possibile utilizzo nel trattamento della psoriasi fu accidentalmente scoperto alla fine degli anni '70. Quando è utilizzato al dosaggio di 3–5 mg/kg/die risulta molto attivo ed efficace. Ottenuta la remissione clinica (in genere entro 2 mesi di terapia) è possibile passare a un dosaggio di mantenimento oppure sospendere il trattamento. I cicli di trattamento non dovrebbero superare la durata di 6 mesi, eventualmente ripetibili in caso di recidiva.
Il methotrexate (MTX) è un altro farmaco immunosoppressore che viene utilizzato per via orale, per via intramuscolare o endovenosa. La maggior parte dei pazienti risponde a dosi comprese tra 7,5 e 15 mg/settimana. Il farmaco risulta mielotossico ed epatotossico, soprattutto a dosaggi elevati.
L'etretinato (E) è indicato in alcuni tipi di psoriasi. Il farmaco viene assunto per via orale ed il dosaggio che permette di ottenere una buona risposta terapeutica in genere è compreso tra 0,75 e 1 mg/kg/die. Il farmaco può comportare un innalzamento dei valori di trigliceridi e colesterolo, nonché danni osteoarticolari, talvolta clinicamente non evidenti ma documentabili con l'esecuzione di radiografiche vertebrali. Altri effetti avversi che compaiono con una certa frequenza con l’utilizzo dei retinoidi, sono di carattere muco-cutaneo e la loro intensità è spesso dose-correlata.
L'acitretina in molti Paesi ha sostituito l'etretinato. Si tratta di un retinoide con effetti molto simili a quest'ultimo, somministrabile per via orale e caratterizzato da un metabolismo più rapido.
I farmaci biologici rappresentano uno dei maggiori progressi ottenuti dalla medicina negli ultimi anni in campo terapeutico.
Il successo di queste nuove terapie risiede nella loro grande selettività d'azione che consente di ottenere, nella maggior parte dei casi, una notevole efficacia terapeutica con assenza di tossicità per gli organi nel trattamento a lungo termine ed una buona tollerabilità. I farmaci biologici si caratterizzano per la capacità di interferire in modo selettivo, a vari livelli e con modalità di azione differenti, nei processi immunologici che scatenano e sostengono la psoriasi. Come è noto da anni ed è già stato trattato nella sezione patogenesi, nello sviluppo della psoriasi sono infatti coinvolte sia cellule proprie della cute, quali i cheratociti, sia cellule del sangue destinate alla regolazione delle risposte immunitarie, come i linfociti T. È proprio l'alterazione del fisiologico "dialogo" fra questi due tipi di cellule che dà luogo a uno squilibrio nella sintesi dei prodotti dei linfociti T, con abnorme produzione di una serie di molecole di interazione cellulare che porta, in ultima analisi, alla flogosi, all'eritema e alla formazione di squame.
I farmaci biologici finora prodotti, ottenuti attraverso le tecniche del DNA ricombinante, agiscono su specifiche molecole attivate nella psoriasi, quali il TNF-alfa o l'interleuchina 12/23, andando a colpire selettivamente uno dei «centri vitali» della malattia. Questi farmaci sono anticorpi monoclonali privi di tossicità d'organo nel lungo termine. Questo significa che una volta iniziati, non è prevista una loro sospensione, a meno di eventi avversi, intolleranza o inefficacia. La somministrazione, che in genere avviene tramite iniezioni sottocutanee o infusione endovenosa, può essere adeguatamente diluita nel tempo con intervalli tra i trattamenti che vanno da una settimana a dodici settimane in relazione all'emivita della singola molecola. L'intervallo tra le somministrazioni determina un conseguente miglioramento della qualità della vita del paziente, che può aderire in modo più agevole al progetto terapeutico. La storia clinica di neoplasia controindica il ricorso ai farmaci biologici. L'efficacia di questi ultimi inoltre, in particolare degli anti-TNF-alfa, è notevolmente ridotta nei soggetti obesi.
I farmaci biologici registrati dall'EMA (European Medicines Agency) sono stati monitorati in un registro italiano nell'ambito del progetto "PsoCare", da alcuni centri di riferimento, per verificarne la tollerabilità, l'efficienza e l'efficacia a lungo termine.
L'etanercept è una proteina di fusione ottenuta tramite tecniche di DNA ricombinante del recettore umano p75 del fattore TNF-alfa con la frazione Fc dell’immunoglobulina umana IgG1. La proteina funziona da recettore solubile per il TNF-alfa e possiede un'affinità di legame per il TNF-alfa più alta di quella degli altri recettori solubili. Il farmaco viene somministrato con punture sottocutanee somministrate settimanalmente. L'etanercept, registrato all'EMEA (Agenzia europea per i medicinali), è un farmaco indicato per la psoriasi, l'artrite psoriasica, l'artrite reumatoide e la spondilite anchilosante.
L'efalizumab è un anticorpo monoclonale umanizzato ricombinante che lega specificatamente un'importante molecola di adesione dei linfociti T, fondamentale in tre processi chiave nella genesi della psoriasi, quali il legame dei linfociti ad altre cellule, la migrazione dal sangue al derma e l’attivazione delle cellule T, che conduce al rilascio delle citochine infiammatorie e alla proliferazione dei cheratinociti. Questo farmaco è stato registrato all'EMEA, indicato per la psoriasi e somministrato con punture sottocutanee. L'efalizumab è stato sospeso dall'EMA (precedentemente chiamata EMEA) nel febbraio 2009 per elevata tossicità (rischio di morte per leucoencefalopatia multifocale progressiva) e scarsa efficacia.
L'infliximab è un anticorpo monoclonale chimerico che si lega con alta specificità e affinità sia alla forma solubile sia a quella trans-membrana del Tumor Necrosis Factor (TNF-alfa), inibendone l'attività. Il TNF-alfa è una citochina pro-infiammatoria presente ad alti livelli nelle lesioni psoriasiche e nella sinovia articolare di pazienti con artrite psoriasica. Numerose evidenze dimostrano che esiste una correlazione fra la gravità della patologia cutanea e l'aumentata concentrazione di TNF-alfa nel siero. L'infliximab pertanto agisce riducendo l'infiammazione e l'iperproliferazione rispettivamente dell'eritema e della formazione della squama. Attualmente in Italia è stato approvato nella terapia dell’artrite reumatoide, della malattia di Crohn, della spondilite anchilosante, per l'artrite psoriasica e per la psoriasi. La somministrazione del farmaco avviene per via endovenosa.
L'adalimumab è un anticorpo monoclonale che ha come target il TNF-alfa. L'anticorpo viene somministrato per via sottocutanea in preparazione liquida alla dose di 40 mg ogni due settimane. Come tutti gli anti TNF-alfa possiede una grande selettività d'azione, cioè è in grado di agire solo sull'attività della molecola, senza interferire con altri sistemi dell’organismo. Nel 2008 il farmaco è stato approvato per l'utilizzo nella psoriasi e nella artrite psorisiaca. Nello stesso anno AIFA e la società produttrice tramite una dear doctor letter hanno comunicato ai medici che il farmaco, sia pure in rari casi, può determinare la comparsa di linfoma epatosplenico a cellule T.
L'alefacept è una proteina di fusione umana LFA-3/IgG1 che agisce bloccando l’interazione tra le cellule che presentano l’antigene e i linfociti T. Il farmaco è stato approvato dalla Food and Drug Administration (FDA) ma non ha mai ricevuto l'approvazione dall'autorità europea European Medicines Agency (EMA). Nel 2011 la società farmaceutica che lo produceva comunicava di aver cessato la promozione, la produzione, le distribuzione e la vendita del farmaco per problemi di approvvigionamento.
L'ustekinumab è un anticorpo monoclonale IgGk1 interamente umano, che lega interleuchina 12 e 23, approvato per la psoriasi a placche e per artrite psoriasica sia da FDA che da EMA. L'anticorpo si è dimostrato efficace anche nella malattia di Crohn. Viene somministrato per via sottocutanea in dosaggio da 45 mg per individui con peso inferiore o uguale a 100 kg e 90 mg per individui con peso superiore a 100 kg ogni 12 settimane.
Oltre ai fattori genetici, possono essere importanti anche alcuni fattori ambientali, considerati «scatenanti», che rendono manifesto ciò che è già geneticamente determinato (ovvero potrebbe accadere che una persona abbia sì delle mutazioni genetiche che la predispongono alla psoriasi, ma non andando incontro a nessuno dei seguenti «fattori» la malattia potrebbe non manifestarsi mai).
I più importanti sono: lo stress; i traumi fisici (ferite, contusioni); le infezioni, non solo della pelle; alcuni farmaci come betabloccanti, interferone, litio, antimalarici e FANS; il fumo di sigaretta; l’abuso di alcool; l’obesità.
Un evento stressante precede spesso l’esordio della psoriasi. Si calcola che nel 50-70 per cento dei pazienti un forte stress abbia anticipato di qualche giorno l’insorgenza delle prime manifestazioni cutanee. Lo stress può inoltre aggravare una psoriasi stabile già insorta da molto tempo.
Inoltre, diversi tipi di trauma fisico possono causare la comparsa di lesioni psoriasiche in un’area cutanea precedentemente indenne. Questo evento è noto come fenomeno di Koebner (perché descritto per la prima volta nel 1876 dal Medico tedesco Heinrich Koebner) e i traumi cutanei che possono scatenarlo includono le abrasioni, le contusioni, il grattamento, le dermatiti da contatto, gli interventi chirurgici, le ustioni solari, i tatuaggi, l’infezione da herpes zoster.
Le infezioni respiratorie, in particolare faringo-tonsilliti causate dallo Streptococco, possono precedere una psoriasi eruttiva (con lesioni di piccole dimensioni, «a goccia»), soprattutto nei bambini.
Alcuni farmaci possono poi favorire la comparsa o esacerbare la psoriasi: in particolare i betabloccanti, il litio, gli antimalarici di sintesi, alcuni FANS, il cortisone per uso sistemico, gli interferoni. Il meccanismo attraverso il quale queste molecole si associano allo sviluppo delle lesioni psoriasiche è diverso da farmaco a farmaco.
Anche l’alcol è stato chiamato in causa nella patogenesi della psoriasi e rappresenta un fattore scatenante ben noto. Inoltre, in chi già soffre del disturbo l’assunzione di alcol è aumentata rispetto alla popolazione generale e i pazienti che consumano grandi quantità di alcolici presentano una maggiore severità ed estensione della malattia cutanea rispetto agli altri. Si ritiene infatti che l’alcol sia in grado di contribuire ad aumentare l’infiammazione tissutale, mentre l’astinenza ha dimostrato di favorire la remissione della psoriasi.
Alcuni studi, infine, hanno documentato una relazione tra il fumo e la psoriasi, in particolare una variante pustolosa localizzata in sede palmo-plantare. Alla base di questo fenomeno ci sarebbero alterazioni morfologiche e funzionali di alcune cellule del sistema immunitario nei fumatori in grado di favorire la migrazione dei neutrofili a livello cutaneo e il danno ossidativo tissutale. Motivo per cui si consiglia a chi soffre di psoriasi di evitare il consumo di tabacco, peraltro causa di altre gravi malattie, tra cui tumori e patologie cardiovascolari e respiratorie.La psoriasi è una malattia multifattoriale, dipende cioè da diverse cause di natura sia genetica che ambientale. Non esiste quindi un singolo fattore di per sé responsabile dell’insorgenza della patologia, ma è necessario tenere conto dei diversi aspetti che, in maniera variabile da individuo a individuo, concorrono a determinare questa complessa patologia.
Per quanto riguarda l'infezione da HIV va ricordato che la comparsa di psoriasi può rappresentare la manifestazione iniziale di una infezione avanzata, spesso misconosciuta dallo stesso paziente. Questo fatto è apparentemente un paradosso. Infatti molti trattamenti immunosoppressivi tradizionali utilizzati per curare la psoriasi hanno come effetto una riduzione dei linfociti T (cosa che avviene naturalmente nel corso della infezione da HIV) e si associano ad un miglioramento della condizione. Al contrario la condizione di immunosoppressione determinata da HIV porta ad una esacerbazione della psoriasi. Quindi paradossalmente si è di fronte ad una condizione, la psoriasi, mediata da cellule T che compare al diminuire delle stesse T cellule. Oltre a ciò la psoriasi è in genere mediata da citochine di tipo 1, mentre in HIV, sono le citochine di tipo 2 che tendono a predominare. Si ipotizza che la riduzione delle cellule T di tipo CD4 possa provocare una iperattivazione delle cellule CD8, che sono responsabili dell'esacerbazione della psoriasi nei pazienti HIV positivi. È verosimile che sia in presenza che in assenza di infezione da HIV, la psoriasi sia ampiamente mediate da cellule della memoria T CD8, forse con un ruolo fondamentale dell' interferone gamma, secreto da queste cellule.
Diverse condizioni sono associate con la psoriasi. Queste si verificano più frequentemente nelle persone anziane. Quasi la metà degli individui con psoriasi di età superiore ai 65 anni accusano almeno tre comorbilità mentre i due terzi ne hanno almeno due.
La psoriasi è stata associata con l'obesità e con numerosi altri disturbi cardiovascolari e metabolici. L'incidenza del diabete è più alto del 27% nelle persone affette dalla condizione rispetto a coloro che non ne soffrono. La psoriasi grave può essere ancora più fortemente associata con lo sviluppo di diabete rispetto alla psoriasi lieve. I pazienti più giovani vedono anche un aumentato del rischio di sviluppare il diabete. Le persone con psoriasi o artrite psoriasica hanno un rischio leggermente più elevato di incorrere in malattie cardiache e infarti miocardici rispetto alla popolazione generale. Il rischio di malattia cardiovascolare sembra essere correlata con la gravità della psoriasi e con la sua durata. Non vi sono, tuttavia, consistenti prove che suggeriscono che la psoriasi possa essere associata ad un aumentato del rischio di morte per eventi cardiovascolari. L'assunzione di methotrexate può fornire un livello di protezione per il cuore.
Le probabilità di soffrire di ipertensione è 1,58 maggiore nelle persone con psoriasi rispetto a coloro che sono privi di questa condizione; tale dato risulta essere più elevato nei gravi casi di psoriasi. Una simile correlazione è stata osservata nelle persone che soffrono di artrite psoriasica, le cui probabilità di sviluppare ipertensione sono risultate 2,07 volte maggiori rispetto alla popolazione generale. La correlazione tra la psoriasi e l'ipertensione, al 2015, non è ancora stata compresa. Sono stati ipotizzati diversi meccanismi che potrebbero essere coinvolti, come la disregolazione del sistema renina-angiotensina, elevati livelli di endotelina 1 nel sangue e un aumento dello stress ossidativo. L'incidenza delle alterazioni del ritmo cardiaco come la fibrillazione atriale è di 1,31 volte maggiore nelle persone con psoriasi lieve e 1,63 volte maggiore nelle persone con psoriasi grave. Si può riscontrare anche un leggero aumento del rischio di ictus soprattutto nei casi più gravi di psoriasi. Il trattamento degli alti livelli di colesterolo mediante l'assunzione di statine, è stata associata alla ridotta gravità della psoriasi, come misurato dal punteggio PASI, ed è stato anche correlata ad un miglioramento di altri fattori di rischio della malattia cardiovascolare, come i marker di infiammazione. Tali effetti cardioprotettivi sono attribuiti alla capacità delle statine di migliorare il profilo lipidico del sangue e per via dei loro effetti anti-infiammatori. Si ritiene, pertanto, che l'uso di statine nei pazienti con psoriasi e iperlipidemia, comporti una diminuzione dei livelli di alta sensibilità alla proteina C-reattiva e TNF e ad una ridotta attività della proteina immunitaria LFA-1. Rispetto ai soggetti senza psoriasi, le persone con tale condizione hanno una probabilità maggiore di soddisfare i criteri per la sindrome metabolica.
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