« La scienza non è un'illusione. Sarebbe invece un'illusione credere di poter ottenere da altre fonti ciò che essa non è in grado di darci. »
(Sigmund Freud, L'avvenire di un'illusione)
Sigmund Freud nasce il 6 maggio 1856 a Príbor, nella Repubblica Ceca (a quel tempo Freiberg, in Moravia). Nasce da una famiglia di commercianti in lana, ebrei: e lui stesso rimarrà ebreo. Nell'atto di nascita compare il nome di Sigismund, ma dal 1875 lui stesso inizia a firmarsi come Sigmund Freud.
Gli ascendenti del ramo paterno, probabilmente sono vissuti a Colonia, sono emigrati verso est nel XIV o XV secolo a causa di persecuzioni ebraiche e solo nel XIX secolo sono tornati dalla Lituania, attraverso la Galizia, verso l'Austria.
Sigmund nasce come figlio primogenito dal terzo matrimonio del padre Jacob, sposatosi a quaranta anni con la ventenne Amalie Nathanson. Ha cinque sorelle e due fratelli e convive nella stessa casa con una grande famiglia allargata composta da diversi nuclei familiari, come spesso accadeva nelle famiglie ebraiche. Vive con il fratello Emmanuel, di un anno più grande di lui (nato dalle prime nozze del padre) e con il figlio di quest'ultimo, John.
E' nella vita quotidiana all'interno di questa grande famiglia religiosa e nel lavoro di una costruzione soddisfacente di così tanti rapporti, che prendono forma (come per tutti i figli) i passaggi fondamentali delle elaborazioni del pensiero (in questo caso, freudiano).
A tre anni, causa grossi problemi economici derivanti dalla crisi del commercio della lana, Freud si trova costretto a seguire la sua famiglia a Lipsia; poi, a quattro anni, a Vienna nel II distretto tra il Donaukanal e il Danubio, in un quartiere residenziale ebraico chiamato Mazzesinsel. Vienna è in quel tempo una città di quasi un milione di abitanti, centro di cultura europea e in grande trasformazione. Dal punto di vista urbanistico, come forma di una nuova concezione dell'uomo, della società e dell'economia, l'imperatore (Francesco Giuseppe I), cancella la misura medioevale degli spazi cittadini, facendo abbattere le antiche mura della città e sostituendole con quella circonvallazione di prestigio che diventa Ringstraße (dove più tardi anche Freud potrà comprare una casa nel IX distretto, tra il macellaio ebreo Kornmehl e una cooperativa sociale: la famosa casa di Berggasse, 19). Pur continuando a dominare di fatto nell'impero la militar - burocrazia degli aristocratici europei di fine ottocento, in questa nascita di nuovi spazi di borghesia, riescono a trovar posto anche le famiglie ebraiche, uscendo così da una secolare storia di leggi a loro avverse. E' del 1867, infatti, la legislazione che, concedendo al popolo ebraico la parità nei diritti politici, abolisce i ghetti e le discriminazioni razziali.
Proprio l'enorme cambiamento nella concezione del sè che accade in questa ritrovata libertà al popolo ebraico (da sempre abituato alla persecuzione e alla sottomissione), determina la crisi delle più antiche forme di vita: il cambiamento del precedente pensiero e della antica cultura, arriva a modificarne addirittura la lingua (quell' yddish che si era lentamente costituito come frutto dell'unione tra il dialetto tedesco del XIV secolo e ciò che rimaneva dell' idioma ebraico).
La conseguenza che questi avvenimenti contingenti provocano riguardo i rapporti tra le generazioni diventa molto profonda. Il padre che ha vissuto a lungo nella tragica situazione del ghetto, ha ben conosciuto la propria paura quotidiana e ne ha elaborato le risposte nella solidarietà e nel fare cerchio intorno alla tradizione come elemento e di resistenza e di unità. Il figlio che conosce solo la realtà di oggi nella sua esperienza di fragile libertà e integrazione, e sembra non essere più in grado di capire atti e pensieri della storia appena passata.
E' vero che il figlio realizza in qualche modo il sogno di libertà del padre, ma lo fa in una modalità imprevista: non lo fa da erede, ma lo fa prendendo le distanze (con sospetto) da una religione e da una tradizione nei confronti della quale prova una crescente estraneità e ribellione (avendone forse evidenziato tanti aspetti legati ai sentimenti di chi cercava un qualche conforto per la propria solitudine forzata e per la propria paura).
A questo proposito ricorda lo stesso Freud che un giorno suo padre Jacob gli aveva raccontato di "un cristiano" che aveva gettato nel fango il suo berretto di pelliccia ordinandogli di raccoglierlo. Alla domanda del piccolo Sigmund: "e tu cosa facesti ?" la risposta del padre era stata: "andai in mezzo alla strada e lo raccolsi" (da "Interpretazione dei sogni", 1899).
In questo ambiente e da questo ambiente ebraico, inteso come storia complessa di rapporti tra generazioni in quanto rapporti tra le persone e i loro rispettivi pensieri, (in questa storia grande e ricca di provocazioni), prende via il lavoro freudiano che non certo a caso ritrova proprio nel pensiero del padre tutto il proprio centro gravitazionale (pensiero del padre anche quando vissuto come un "complesso", nella malattia di chi non è più figlio ed erede: cioè nelle diverse forme di psicopatologia).
E parlando del lavoro e del pensiero freudiano, parlo del lavoro del sogno, del lavoro legislativo del rapporto tra figlio e padre (come del rapporto tra quel figlio e suo padre e sua madre), del figlio come erede universale, del motto di spirito, di quella legge o principio economico della vita che desidera comunque il riaccadere provato da bambino del pieno piacere e della compiuta soddisfazione, di quel continuo lavoro freudiano per ridare alla persona la dignità della propria libertà psichica e quindi giuridica e la dignità del riconoscimento della propria imputabilità. E tutto nella correzione degli errori e dei compromessi, specialmente di quel grande compromesso che è la nevrosi.
E' in questa famiglia patriarcale che Freud riceve i primi fondamentali insegnamenti sia religiosi che culturali, per frequentare poi una scuola elementare privata. Nell'autunno del 1865, entra al Leopoldstädter Kommunalreal-und Obergymnasium, conosciuto comunemente con il nome Sperlgymnasium (dal nome della strada dove era collocato, Sperlgasse). Si tratta del Liceo "dove -annota lui stesso- per sette anni consecutivi fui il migliore. La mia posizione nella classifica era eccellente e non venivo quasi mai interrogato". Cinquanta anni dopo, sul volume celebrativo del suo ex Istituto (che nel frattempo aveva cambiato nome) Freud torna a quegli anni di liceale ripensando i suoi rapporti con gli insegnanti ("Psicologia del ginnasiale", 1914): "è possibile che questi uomini che allora erano ai nostri occhi i tipici esponenti del mondo degli adulti fossero di tanto poco più vecchi di noi ?". E la riflessione continua in base ai ricordi di quegli anni: "riemergeva la nostra vita dai 10 ai 18 anni con i suoi presentimenti e i suoi errori, le sue trasformazioni dolorose e i suoi esaltanti successi; riaffioravano alla mente i primi sguardi rivolti a una civiltà tramontata (destinata, almeno per me, a divenire in seguito fonte di inesauribile conforto nelle lotte della vita), i primi contatti con le scienze, tra le quali credevamo di poter scegliere quella a cui offrire i nostri servizi, che sarebbero risultati certamente inestimabili. E a me sembra di ricordare che tutti quegli anni erano stati percorsi dal presentimento di un compito che in un primo tempo si era delineato appena, e che aveva infine trovato la sua aperta espressione nel mio saggio di maturità, dove avevo dichiarato l'intenzione di contribuire, nella mia vita, allo sviluppo del sapere umano... E' difficile stabilire che cosa ci importasse di più, se avessimo più interesse per le scienze che ci venivano insegnate o per la persona dei nostri insegnanti... la via delle scienze passava necessariamente per le persone dei professori... in fondo li amavamo molto, se appena ce ne davano un motivo; non so se tutti i nostri insegnanti se ne sono accorti... Questi uomini, che pure non furono tutti dei padri, diventarono per noi sostituti del padre. E' perciò che ci sono apparsi così maturi, così irraggiungibilmente adulti... Abbiamo trasferito su di loro il rispetto e le attese che nei nostri anni infantili avevamo nutrito per il padre onniscente, e poi abbiamo cominciato a trattarli come trattavamo, a casa, i nostri padri. Abbiamo assunto nei loro confronti lo stesso rapporto ambivalente che avevamo acquisito in famiglia...".
Freud anche qui mostra la relazione profonda tra la ricapitolazione della sua esperienza personale e la forma del lavoro psicoanalitico, spiegando subito con chiare note che la spiegazione di tutto è nei primi sei anni di vita, là dove "il piccolo essere fissa la natura e la tonalità affettiva delle sue relazioni con le persone del suo stesso sesso e dell'altro sesso... Tutte le persone che egli conosce più tardi diventano dei sostituti di questi primi oggetti dei suoi sentimenti (forse ai genitori dovremmo aggiungere le persone che si prendono cura del bambino)... le conoscenze fatte più tardi devono dunque assumersi una specie di eredità emotiva... tutte le amicizie e gli amori che l'individuo sceglierà in seguito si baseranno sulle tracce che quei primi modelli hanno lasciato nella sua memoria". " Nei nostri anni di ginnasio abbiamo avuto anche altre esperienze... i nostri compagni di scuola... ma di esse si dovrà scrivere altrove".
Il padre, sebbene la famiglia vivesse in gravi ristrettezze, desiderava che Freud seguisse "unicamente" la sua "vocazione". "In quegli anni giovanili non sentivo alcuna predilezione speciale per la professione medica, nè ebbi del resto a sentirla in seguito. Mi dominava piuttosto una specie di brama di sapere che, però, si riferiva più ai fenomeni umani che agli oggetti naturali...". E' specialmente lo studio precoce e approfondito della storia biblica, iniziato in coincidenza con la capacità di leggere, che dimostra un peso determinante nelle sue scelte e nei suoi interessi. In un primo tempo, per l'amicizia con il compagno Heinrich Braun, il liceale Sigmund vorrebbe intraprendere studi giuridici e occuparsi di problemi sociali, poi è attratto dalle teorie di Darwin e infine dopo una conferenza alla vigilia dell'esame di maturità (su"la natura" di Goethe), decide di diventare medico.
Nel luglio 1873 supera l'esame di maturità e nell'autunno si iscrive come uditore alla facoltà di medicina di Vienna: realtà universitaria che, anche se gli permette di avere in casa sua il privilegio di una stanza tutta per lui, gli procura "da principio notevoli delusioni". Anzitutto Freud constata la difficoltà di essere ebreo e di doversi sentire inferiore e straniero; inoltre constata "la peculiarità delle sue doti naturali, e la loro limitatezza", non riuscendo ad ottenere il successo desiderato. "Ma queste prime impressioni universitarie ebbero la conseguenza importantissima di abituarmi fin da principio al destino di stare meglio nelle file dell'opposizione e all'ostracismo della maggioranza compatta. In questo modo furono gettate le basi per una certa mia indipendenza di giudizio", e per imparare a conoscere la verità dell'avvertimento - ognuno impara solamente ciò che può - " (Mefistofele, nel "Faust" di Goethe).
Nei primi anni di università Freud frequenta in prevalenza corsi di fisica e di storia naturale, lavora per un anno nel laboratorio di C. Claus e frequenta per due volte a Trieste la stazione zoologica. Al suo terzo anno di università è allievo (dal 1876 al 1882) di Ernst Brücke dove trova "finalmente la serenità" e ottiene "piena soddisfazione", con persone che poteva "rispettare e prendere a modello" occupandosi di istologia del sistema nervoso presso l'istituto di fisiologia: lavoro che era "in grado di affrontare e portare avanti in piena autonomia". Le discipline propriamente mediche, ad eccezione della psichiatria non lo attraggono e così trascina "stancamente" gli studi laureandosi "con un certo ritardo".
Il 31 marzo 1881 Freud esce dall'università con il titolo di Dottore in medicina generale e si trova per quasi due anni a fare il "dimostratore" all'istituto di fisiologia, occupandosi contemporaneamente dello studio dei gas con E. Ludvig. Nel luglio 1882 avviene "la svolta" quando il "venerato maestro", Brücke, pone "un rimedio alla magnanima avventatezza" del padre e gli consiglia di abbandonare l'attività puramente teorica a causa della precaria situazione economica familiare. Così Freud entra nella clinica medica dell'Ospedale Generale di Vienna come "aspirant". Il primo maggio 1883 opera per cinque mesi come "sekundararzt" (assistente ospedaliero) nella clinica psichiatrica di Th. Meynert dove nella quarta divisione medica, dedicata in particolare alle malattie nervose, svolge per un mese e mezzo il ruolo di vice-primario, poi quello di secondo assistente, osservando i malati di nervi e facendo anatomia cerebrale. E' lui stesso a ricordare particolarmente questi anni della sua vita, nel "Curriculum vitae" del 21 gennaio 1885. E' in quell'anno che, ventisettenne, abbandona la casa paterna per vivere ospite per più di due anni, sino alla tesi e al suo viaggio a Parigi, in alcuni locali dello stesso Ospedale Generale.
Un giorno Meynert, gli propone di dedicarsi unicamente alla anatomia cerebrale promettendogli la sua stessa cattedra, ma Freud rifiuta: "dal punto di vista pratico l'anatomia cerebrale non rappresentava certo un progresso rispetto alla fisiologia".
In quest'epoca, a Vienna, lo studio delle malattie nervose è coltivato da poche persone e così si è costretti a cercarsi da soli il vario materiale ed essere "il maestro di sè stesso": Freud inizia a pubblicare diversi studi sulle malattie organiche del sistema nervoso e diventa un ottimo diagnostico di fama. Commette anche qualche errore, che gli costa in seguito la fine del suo lavoro didattico (ma sono anche i tempi in cui la nevrastenia viene dai più diagnosticata come tumore).
Nel 1884 studia gli effetti della cocaina attendendosene grossi risultati scientifici specialmente in campo oculistico, ma interrompe i suoi studi per raggiungere ad Amburgo la fidanzata che non vede da due anni e perde così l'occasione di concludere positivamente quel lavoro, facendosi soffiare il merito della scoperta degli effetti di anestesia locale della cocaina (in piccole operazioni chirurgiche). Nel 1885 presenta la tesi con la quale consegue la libera docenza in neuropatologia e una ricca borsa di studio grazie alla quale parte per Parigi e si offre come traduttore per le opere di Jean-Martin Charcot riuscendo così ad entrare a pieno titolo nella Salpêtrière e nell'amicizia col maestro. Segno tangibile di questa relazione, è il quadro che nel 1938 verrà appeso nella sala di consultazione di Berggasse, proprio di fronte alla poltrona su cui sedeva durante le analisi: un quadro raffigurante una lezione clinica impartita ai suoi allievi da Charchot. Freud rimane colpitissimo dai recenti suoi studi sull' isteria che ne dimostravano le finalità, la frequenza anche negli uomini, la ripetibilità ipnotica della sintomatologia. Freud rimane anche lui, come altri, un po' sgomento e incredulo nel sentire crollare tante vecchie teorie, ma Charchot ritiene che le teorie non contano di fronte alla evidenza clinica. Lo stesso Sigmund ricorda una frase rivoltagli dal maestro: "la théorie, c'est bon, mais ça n'empêche pas d'exister" (dal necrologio "Charcot" del 1893). E' in questo ambito che nasce l'intuizione fondamentale che nella patologia isterica non si tratta della stessa "carcassa corporea" della scienza medica: l'isteria imita nei sui sintomi la malattia fisica solo in base al pensiero teorico di cosa presume sia il "corpo". Freud si ferma ancora un poco di tempo a Berlino a studiare le malattie infantili e, al suo ritorno, si stabilisce come medico a Vienna, dove fino al 1897 dirige il reparto di neurologia infantile nell'ospedale di Kassowitz, pubblicando alcuni studi sulle paralisi cerebrali infantili.
Nel 1886 relaziona alla "Società di medicina" il lavoro fatto con Charcot, ma proprio il fatto della isteria maschile e la ripetibilità ipnotica della sintomatologia, suscitano enormi obiezioni, a tal punto che gli viene tolta la possibilità di insegnare. Annota Freud (nel 1924): "è un secolo ormai che non metto più piede alla Società di medicina".
Nel 1886 il trentenne Sigmund sposa la venticinquenne Martha Bernais, dalla quale avrà sei figli: Mathilde, Martin, Oliver, Ernst, Sophie e Anna.
A questo punto è utile trarre un buon profitto economico dai suoi studi e dal suo lavoro. Ha tre risorse a sua disposizione: l'idroterapia, l'elettroterapia e l'ipnosi. Nel primo caso c'è poca convenienza: il guadagno di una visita preliminare e poi basta; nel secondo caso si affida al manuale di Erb ritrovandolo alla fine inutile frutto di "fantasia" senza "relazione con la realtà". Meglio allora l'ipnosi, "tentazione irresistibile". Così nel 1889 si reca a Nancy dove conosce Bernheim e impara da lui anche i limiti della suggestione ipnotica: funziona più sui malati di ospedale che sulla clientela privata. Il periodo dal 1886 al 1891 è considerato da Freud più un tempo di assestamento professionale che di arricchimento scientifico.
Nel 1891, la famiglia Freud si trasferisce in Berggasse 19, nel IX distretto comunale di Vienna, dove nasceranno i tre figli più piccoli. La famiglia occupa l'appartamento numero 5. All'inizio, l'ambulatorio è all'interno della abitazione privata, poi, abbandonando un orologiaio il suo laboratorio al piano inferiore, lo cede al dottore che così nel 1896 Freud può aprire il suo nuovo ambulatorio al piano rialzato, proprio sotto la sua abitazione. Riceverà qui i suoi pazienti fino al 1908. E' in questa casa, negli ultimi anni del secolo, che Freud inizia la sua autoanalisi e si confronta con l'avvenimento della morte di suo padre. Freud ricorda così Berggasse 19: "in una casa di Vienna ho due appartamenti che sono collegati tra loro soltanto da una scala esterna. Al piano rialzato si trovano il mio ambulatorio e il mio studio, al piano superiore i locali d'abitazione. Una volta concluso a tarda ora il mio lavoro salgo le scale per recarmi nella stanza da letto". Nel 1908, Sigmund trasferisce il suo ambulatorio al numero 6, di fronte all'abitazione privata, abbattendo un muro e occupando tutto il mezzano con un grande appartamento di 400 metri quadrati, ma facendo bene attenzione che vita e lavoro rimangano convenientemente separati. Al numero 6 si trova la sala di attesa dove si riuniscono gli amici di Freud nel "gruppo del mercoledì sera", per gli incontri di lavoro psicoanalitico nati nel 1902. Al numero 6, si trova anche "la collezione" tanto amata da lui. Le finestre danno sul cortile e l'aria è rinfrescata da un grosso albero, un castano: c'è il necessario silenzio per lavorare e studiare. Qui tutto resterà invariato sino alla sua dolorosa partenza per Londra nel 1938.
Intanto, già nei primissimi anni di Bergasse 19, la capacità di giudizio e la intuizione freudiana stavano facendo uso dello strumento ipnosi in modo nuovo, grazie all'avere recepito tutta la ricchezza di novità portata dalla amicizia con Breuer e allo scambio di parole esistente da tempo tra i due: non più ipnosi come regime di "mero comando", ma piuttosto come strumento per "interrogare il malato sulla genesi dei suoi sintomi". Il nuovo orientamento ha anche "il vantaggio di offrire soddisfazione alla brama di sapere del medico" senza relegarlo nel "monotono procedimento della suggestione". Il frutto di tutto ciò è un lavoro di collaborazione che darà vita a "studi sull'isteria" dal 1892 al 1895. Nasce il "metodo catartico" il cui percorso è che "l'ammontare affettivo utilizzato per la formazione del sintomo" sia "preservato" e ritorni "alla sua vita normale" che può "condurlo a una scarica adeguata (abreazione)". Ed è ben presto che si intuisce la realtà di un "qualcosa" che sfugge al medico e va oltre l'ipnosi: Breuer preferisce non parlarne molto e vi allude soltanto (allontanando da se una paziente senza troppe spiegazioni), mentre Freud lo coglie con sorpresa nell' abbraccio entusiasta di una sua giovane paziente. Si tratta di quell' "amore di traslazione", quell' "elemento mistico" che agisce al di là dell'ipnosi e che per essere capito chiede ancora un passo in più: "abbandonai così l'ipnosi, di cui mantenni solo la posizione del paziente, posto a giacere supino su un divano, mentre io stavo seduto dietro di lui, in modo da vederlo senza essere visto".
L'allontanamento di Breuer dalla collaborazione con Freud, che rimane ad "amministrare da solo la sua eredità", segna l'inizio della Psicoanalisi vera e propria. Breuer è molto preso dalla sua professione ed è rimasto molto demotivato a causa della risposta negativa che "studi sull'isteria" ha da parte degli addetti ai lavori: Freud è invece più preparato a combattere contro un certo cieco tradizionalismo istituzionale perchè nel frattempo ha acquisito molta esperienza teorica e pratica. In modo particolare (a complicare lo scontro con un certo scenario più o meno falsamente puritano), si impone nella eziologia della psicopatologia (senza alcuna pre-meditazione ma tanto inaspettato quanto innegabile), il primato non di "eccitamenti affettivi qualsiasi", ma di complicati o "complessi" problemi legati alla "sessualità". "Non ero preparato a un risultato del genere... una scoperta che aveva la parvenza dell'originalità". Qui Freud fa un passo definitivo: va oltre l'isteria e comincia ad avere come orizzonte le nevrosi di tutti quei pazienti che ormai bussano alla porta del suo studio in Bergasse 19.
Freud colma così "una lacuna della medicina che a quell'epoca non era disposta ad ammettere... disturbi che non fossero provocati da processi infettivi o da lesioni organiche grossolane" e nello stesso tempo mostra come la "sessualità non è una faccenda che interessa soltanto la psiche" ma "ha anche un suo aspetto somatico". Comunque, nelle conferenze che tiene in quegli anni, egli verifica solo incredulità e contestazioni.
E' conveniente a questo punto notare che solo la malafede di alcuni, ma la distrazione dei più, impediscono di cogliere correttamente il nucleo centrale e fondante della scoperta freudiana: l'accusa ridicola di pan-sessualismo, che Sigmund Freud si porta dietro per un secolo, deriva dal fatto che pochi vogliono accorgersi della cosa più evidente di tutte. Ciò che appena formulato (ricorda Giacomo B. Contri) chiarisce tutto il pensiero freudiano.
Freud descrive non la normalità ma la psicopatologia.
Egli racconta parole e teorie di chi è ancora sul divano e non parole e libero pensiero elaborati nella guarigione e nella salus. E diventa facile così osservare che quella "sessualità" ("errore filosofico della umanità": ancora G. B. Contri) altro non è che la realtà del sesso ormai diventato problema ("complesso") dopo la costruzione delle teorie patologiche.
Nata la psicoanalisi, ecco quindi il significato etiologico del pensiero "sessualità" e poi i più grandi temi delle scoperte freudiane come: rimozione, inconscio, resistenza, traslazione o amore di transfert, importanza del sesso nelle relazioni infantili. Centrale, il tema della rimozione e quello dell'inconscio (ciò che è rinnegato dalla coscienza): "per la psicoanalisi, tutto ciò che è psichico è, all'inizio, inconscio, e la qualità dell'essere cosciente può in seguito aggiungersi, come può mancare del tutto". E ancora precisazioni fondamentali come quella sul concetto di trauma, non come evento reale ma come errore del pensiero, o come quella dell'inizio in due tempi della vita sessuale umana: bambino e pubertà (con in mezzo il moralismo pudico e ripugnante di quel tempo di latenza che rimugina l'errore del pensiero e costruisce le teorie patologiche della vita futura).
E poi la tecnica psicoanalitica. Sostanzialmente il passaggio dalla "azione insistente e rassicurante esercitata sul malato per fargli superare le sue resistenze" ("estenuante per entrambe le parti e, palesemente, non del tutto ineccepibile"), alla nuova tecnica delle "libere associazioni", dell'interpretazione dei sogni" (1899,1900), della lettura degli "atti mancati" e dei "lapsus" ("Psicopatologia della vita quotidiana", 1904). Passi di tecnica cui corrispondono, uno per uno, i libri più noti del cammino freudiano.
A partire dalla rottura della amicizia al lavoro con Breuer, per più di dieci anni, Freud procede da solo: "neppure un seguace", "il più completo isolamento". Poi gli amici: Eugen Bleuler, Carl Gustav Jung e qualche altro. Nella Pasqua del 1908, vero e proprio "passaggio": a Salisburgo, un primo Convegno della nuova scienza, da cui nasce anche una rivista (che uscirà sino allo scoppio della guerra), lo Jahrbuch für psychoanalytische und psychopathologische Forschungen" redatta da Jung e diretta da Freud e Bleuler. Nel 1909 con Jung, Freud è in america alla "Clark University di Worcester: ha 53 anni "mi sentivo giovane e sano e il mio breve soggiorno nel nuovo mondo aumentò la mia fiducia in me stesso... i migliori mi accoglievano come un loro pari". Nel 1910, secondo Congresso, a Norimberga: nasce su proposta di Ferenczi la "Associazione psicoanalitica internazionale" (e Freud fa in modo che sia presieduta da Jung) e nascono ben due nuove riviste di psicoanalisi che sono il "Zentralblatt für Psychoanalyse" di Adler e Stekel e la grande novità di "Imago" diretta e rivolta agli psicoanalisti "laici" (non medici).
Tra il 1911 e il 1913, epoca che comunque definisce come "epoca d'oro" del pensiero psicoanalitico, Freud subisce il dolore di due separazioni, da Adler e da Jung: riesce solo a evitare che mantengano il nome di "psicoanalisi" ma non che gli appaiano come "un destino particolarmente avverso che mi perseguita"... A chi lo accusa di essere lui ad allontanare gli amici per intolleranza, Freud mostra, biblicamente, i frutti che nel frattempo ha prodotto la psicoanalisi in tutto il mondo: " un uomo intollerante e dominato dalla presunzione della propria infallibilità mai avrebbe potuto legare a sè una così grande schiera" di uomini. La prima guerra mondiale ha distrutto tante opere dell'uomo, ma quell'opera che la psicoanalisi è, resiste: nel 1920, ospiti all' Aia, il primo Congresso del dopoguerra, "affamati e impoveriti". Sempre nel 1920, a Berlino, nasce un Policlinico Psicoanalitico. Gli anni della guerra e del dopo guerra sono stati duri per Freud e per la sua famiglia: a Vienna regnava la miseria e anche nella sua casa se ne risentiva. Anna, finiti gli studi, contribuiva al mantenimento della famiglia. Un nipote, Sam, mandava dall'Inghilterra pacchi di generi alimentari. Il 5 febbraio 1922, Freud scrive a Sam se può spedirgli un paio di scarpe 8\4 di buona qualità perchè a Vienna non riesce a trovare niente di buono e l'ultimo buon paio risale a due anni e mezzo fa. Le scarpe arrivano ed è molto soddisfatto, ma non solo per quello: dopo la guerra ritornano anche i pazienti nel suo studio e le cose tornano ad andare bene. Intanto, nel maggio del 1922, nasce un "Ambulatorio di Psicoanalisi".
Nel 1923 Freud subisce la prima operazione (ne seguiranno più di trenta, negli anni successivi) per un tumore alla mascella: è convinto ragionevolmente di morire nel giro di poco tempo (come scrive egli stesso nella "Autobiografia" del 1924), ma la bravura del chirurgo lo salva, permettendogli di portare ancora avanti per anni il suo lavoro, pur tra sofferenze fisiche che porterà ormai con sè. Freud commenta così la cittadinanza onoraria che gli viene conferita nel 1924: "L'idea che il mio sessantottesimo compleanno, dopodomani, possa anche essere l'ultimo deve essere venuta in mente anche ad altri, perchè la città di Vienna si è premurata di conferirmi quel giorno la cittadinanza onoraria che di solito non si concede prima del settantesimo compleanno". "Vivo una situazione simile a quella in cui si trova la mia povera Austria: soffro il dolore della guarigione, ma senza sapere ancora con certezza se ci sarà davvero": scrive ancora nel 1925. Non sono facili anni per lui: nel 1920 muore di spagnola la figlia Sophie e nello stesso anno della sua operazione, muore il nipotino Heinele cui vuole molto bene. Sono di questo periodo: la nuova centralità del complesso edipico, la teoria della pulsione dell'eros e della pulsione di pace, la personalità psichica interpretata come es - io - superio. Nel 1925 nasce l' "Istituto per la Formazione", una libera "Università" dove si organizzano Seminari e Conferenze sulla Psicoanalisi (e dove gli allievi curano gratuitamente alcuni pazienti). Esiste anche una casa editrice, cui Freud tiene tantissimo, la "Internationale Psychoanalytische Verlag" diretta da Storfer. La figlia Anna è diventata in questi anni la sua confidente e la sua collaboratrice, da quando, nel 1922, ha terminato con lui la sua analisi personale, diventando anche lei psicoanalista e curando i bambini condividendo la sua sala di attesa.
Poi gli interessi di Freud "tornano" a quei problemi culturali che sono stati il fascino della sua giovinezza. E tutt'altro che in regressione, a proposito della religione, sente il desiderio di rafforzarne il contenuto di verità facendo però una distinzione (di portata talmente enorme da essere tutt'oggi ignorata dai più): la verità della fede non è una verità materiale bensì storica (rivelazione). Così come verità storica, è ciò che è riaffermato sempre come inizio della sua libertà di pensiero: "io sono ebreo e ho sempre ritenuto che negarlo non solo fosse indegno, ma anche totalmente insensato... Poichè ero ebreo mi ritrovai immune da molti pregiudizi che limitano gli altri nell'uso del loro intelletto... ".
Egli scrive, nel Poscritto del 1935, che negli ultimi dieci anni non ha "più dato alla psicoanalisi alcun contributo di decisiva importanza: le cose che ho scritto in seguito avrebbero potuto anche non essere scritte senza gran danno". E parla di "L'avvenire di un'illusione", di "Il disagio della civiltà", opere in cui annota, in realtà, aspetti fondamentali come la dimensione culturale e sociale assunta dalle nevrosi e dai sintomi della psicopatologia. Freud sembra più che altro preoccupato che queste opere abbiano trovato nel grande pubblico "una risonanza forse maggiore che non la psicoanalisi stessa": tanto è vero che solo ora Thomas Mann gli assegna un posto nella storia del pensiero contemporaneo (1929) e gli viene conferito il "Premio Goethe" a Francoforte sul Meno nelle mani della figlia Anna (1930).
Ma nessuno ormai può più mettere in dubbio che la Psicoanalisi continuerà ad esistere.
Nel 1932 Freud partecipa al suo ultimo Congresso psicoanalitico a Wiesbaden (a quello del 1934 non gli è più possibile essere presente).
Dieci giorni dopo l'ingresso delle truppe tedesche in Austria, il 21 marzo 1938, scrive a un suo amico: "quattro settimane fa ho subito una delle mie solite operazioni col suo seguito di dolori particolarmente acuti, e così per dodici giorni ho dovuto interrompere il lavoro e sono rimasto disteso, in compagnia dei dolori e della borsa dell'acqua calda sul divano che sarebbe destinato ad altri". Il 15 marzo 1938 alcuni uomini del reparto di assalto del partito nazionalsocialista tedesco fanno irruzione in casa Freud, accontentandosi poi di una somma di denaro. Pochi giorni dopo, il 22 marzo, la gestapo ferma la figlia Anna ed è allora che Freud decide di lasciare Vienna e partire per Londra. Nel mese di maggio, su iniziativa dello psicoanalista August Aichhorn, che voleva consegnare alla storia i luoghi della nascita della nuova scienza, il fotografo Edmund Engelman si fermò alcuni giorni nella casa di Berggasse a immortalarne stanze, oggetti e persone: le più belle foto della storia freudiana. Quando ne regalò l'album a Freud, poco prima che lui partisse per sempre dalla sua casa, egli lo ringraziò dicendo: "la ringrazio di cuore, sarà molto importante per me". Il 4 giugno 1938, pagata la Reichsfluchtsteuer (tassa per lasciare il paese imposta agli ebrei) e la Juva (tassa sul patrimonio ebraico), con la sua famiglia sale mestamente sull'espresso per Ostenda per andare ad abitare a Londra, in una casa in affitto. "Next address: 39 Elsworthy Road London NW 3 any chance of meeting after so many years ?" scrive Sigmund quel giorno ("Family letters"). Due giorni dopo scrive a Max Eitingon: "il senso di trionfo della liberazione si mescola troppo con il cordoglio, perchè abbiamo sempre amato la prigione da cui ci hanno lasciato fuggire...".
Il 16 novembre 1938 Freud, ormai trasferito nella sua definitiva abitazione in 20 Maresfield Gardens, scrive al Direttore di "Time and Tide": "... dopo settantotto anni di duro lavoro ho dovuto lasciare la mia patria ho visto dissolvere la società scientifica da me fondata, distrutti i nostri istituti, confiscata la casa editrice dagli invasori, sequestrati o mandati al macero i libri da me pubblicati, i miei figli esclusi dalle loro professioni... mi viene in mente un vecchio proverbio francese - il rumore è per il fatuo, la pena è per lo sciocco: l'uomo onesto tradito se ne va senza pronunciare parola.
Il 23 settembre 1939 il pensatore della Psicoanalisi muore, dopo avere restituito all' Universo una possibilità di pensare il padre e lasciando un piccolo resto di figli ed eredi degni.
L'influenza di Freud fu determinante in due campi correlati ma distinti. Sviluppò simultaneamente una teoria della mente e del comportamento e tecniche cliniche finalizzate all'apporto terapeutico nella risoluzione delle nevrosi. Alcuni sostengono che abbia influenzato solo il primo campo. La teoria dell'inconscio è reputata tuttora utile per comprendere la psicologia di un individuo, anche dagli psicologi di altre scuole, ma la prassi dell'analisi è invece da questi rigettata, come accade ad esempio nella scuola comportamentale, indirizzo già attivo all'epoca di Freud e che lo psicoanalista austriaco definì «estremista».
Il contributo più significativo di Freud al pensiero moderno fu l'elaborazione del concetto di inconscio. Secondo una versione diffusa della storia della psicologia, durante il XIX secolo la tendenza dominante nel pensiero occidentale era il positivismo, che credeva nella possibilità degli individui di controllare la conoscenza reale di se stessi e del mondo esterno, e nella capacità di esercitare un controllo razionale su entrambi. Freud, invece, suggerì che questa pretesa di controllo fosse in realtà un'illusione; che persino ciò che pensiamo sfugge al controllo e alla comprensione totale, e le ragioni dei nostri comportamenti spesso non hanno niente a che fare con i nostri pensieri coscienti.
Il concetto di inconscio è stato rivoluzionario in quanto sostiene che la consapevolezza è allocata nei vari strati di cui è composta la mente e che ci sono pensieri non immediatamente disponibili in quanto "sotto la superficie" (livello cosciente). Tuttavia, come lo psicologo Jacques Van Rillaer, fra gli altri, ha sottolineato, "contrariamente a quanto crede il grande pubblico, l'inconscio non è stato scoperto da Freud. Nel 1890, quando ancora non si parlava di psicoanalisi, William James, nel suo monumentale trattato di psicologia, esaminava il modo in cui Schopenhauer, Eduard von Hartmann, Pierre Janet, Alfred Binet e altri avevano utilizzato il termine "inconscio" e "subconscio".
Inoltre, lo storico della psicologia Mark Altschule ha scritto nel 1977: "È difficile - o forse impossibile - trovare uno psicologo o psicologo clinico del diciannovesimo secolo che non riconoscesse la cerebrazione inconscia come non solo reale ma anche della massima importanza". I sogni, proposti come "la via regia che conduce all'inconscio", sono gli indizi migliori per la comprensione della nostra vita inconscia e, ne L'interpretazione dei sogni, Freud sviluppò l'argomento dell'esistenza dell'inconscio e descrisse una tecnica per accedervi.
Il preconscio venne descritto come uno strato a cui si può accedere con meno sforzo, in quanto interposto tra il conscio e l'inconscio (il termine subcosciente, benché usato popolarmente, è una parola derivante dalla traduzione anglosassone e non fa parte della terminologia psicoanalitica). Anche se molti aderiscono ancora alla concezione razionalista e positivista, è ormai comunemente accettato, anche da coloro che rifiutano altre parti delle teorie di Freud, che l'inconscio è una parte della mente e che parte dei comportamenti possono avere luogo senza il controllo della coscienza.
Nel 1910, in una conferenza all'università di Clark, Freud spiegò la sua nuova concezione del funzionamento della mente umana e raccontò il rifiuto dei suoi lavori da parte dei suoi colleghi e del pubblico:
« l'arroganza della coscienza che, per esempio, rigetta i sogni con leggerezza, generalmente è causata da un forte apparato protettivo che li custodisce, impedendo ai complessi inconsci di farsi strada, rendendo difficile convincere gli interlocutori dell'esistenza dell'inconscio e spiegare nuovamente ciò che la loro conoscenza cosciente rifiuta.»
Elemento cruciale del funzionamento dell'inconscio è la rimozione. Secondo Freud, spesso i pensieri e le esperienze sono così dolorosi che la gente non può sopportarli. Tali pensieri ed esperienze, e i ricordi associati, ha argomentato Freud, sono banditi dalla mente, ma potrebbero essere banditi anche dalla coscienza. In questo modo costituiscono l'inconscio. Benché Freud più tardi tentasse di trovare strutture di rimozione tra i suoi pazienti per derivare un modello generale della mente, egli ha anche osservato la diversità tra i singoli pazienti dovuta alla rimozione di pensieri ed esperienze differenti. Freud ha osservato, inoltre, che il processo stesso di rimozione è in sé un atto non-cosciente (cioè si presenta con pensieri o sensazioni non dipendenti dalla volontà). Freud ha supposto, insomma, che ciò che viene rimosso è in parte determinato dall'inconscio. L'inconscio, per Freud, era sia causa sia effetto della rimozione.
Freud ha cercato di spiegare come l'inconscio opera e ne ha proposto una particolare struttura suddivisa in tre parti: Id (Es in tedesco), Ego (Ich in tedesco, o "Io" in italiano) e Superego (Überich" in tedesco, Super-Io in italiano).
L'Id viene rappresentato come il processo di identificazione–soddisfazione dei bisogni di tipo primitivo. Il Superego rappresenta la coscienza e si oppone all'Id con la morale e l'etica. L'Ego si frappone tra Id e Superego per bilanciare sia le istanze di soddisfazione dei bisogni istintivi e primitivi, sia le spinte contrarie derivanti dalle nostre opinioni morali ed etiche. Un Ego ben strutturato garantisce la capacità di adattarsi alla realtà e di interagire con il mondo esterno, soddisfacendo le istanze dell'Id e del Superego. L'affermazione di principio che la mente non è monolitica o omogenea, continua ad avere un'influenza enorme al di fuori degli ambienti della psicologia.
Freud era particolarmente interessato al rapporto dinamico tra queste tre parti della mente, argomentando che fosse governato da desideri innati, ma ha anche asserito che il rapporto mutasse col cambiare del contesto dei rapporti sociali. Alcuni hanno criticato Freud per aver dato troppa importanza all'uno o all'altro aspetto. Allo stesso modo, molti dei seguaci di Freud hanno concentrato la loro attenzione privilegiando l'uno o l'altro.
Freud ha sviluppato il concetto di "sovradeterminazione" per evidenziare le molteplici cause che sottendono alla interpretazione dei sogni, piuttosto che contare su un modello di semplice corrispondenza biunivoca tra cause ed effetti. Ha creduto che gli esseri umani fossero guidati da due pulsioni basilari: dalla libido, componente della pulsione di vita (Eros) e dalla pulsione di morte (Thanatos), la cui energia fu inizialmente chiamata destrudo, termine che poi verrà scartato. La descrizione di Freud della libido comprende la creatività e gli istinti. La pulsione di morte è definita come un desiderio innato finalizzato alla creazione di una condizione di calma, o non-esistenza, ed è ricavato da Freud dai propri studi sui protozoi (cfr. Al di là del principio di piacere). Quando le pulsioni e l'energia libidica rimangono fissate nell'inconscio esse generano nevrosi e psicosi.
Freud credeva anche che la libido si sviluppasse negli individui cambiando oggetto. Egli ha argomentato che gli esseri umani nascessero "polimorficamente perversi", volendo con ciò significare che qualsiasi oggetto può essere sorgente di piacere. Egli più tardi ha sostenuto che gli esseri umani si sono sviluppati in differenti stadi di sviluppo identificati nella fase orale (piacere del neonato nell'allattamento), quindi nella fase anale (esemplificato dal piacere del bambino nel controllo della defecazione) e ancora nella fase genitale, che prende anche l'aspetto di fase fallica. Freud argomenta che i bambini passano da uno stadio nel quale s'identificano con il genitore di sesso opposto, mentre il genitore dello stesso sesso viene visto come rivale. Egli ha cercato di inquadrare questa struttura di sviluppo nel dinamismo mentale. Ogni stadio è una progressione della maturità sessuale, caratterizzata da un Ego più forte e dalla capacità di ritardare la soddisfazione dei bisogni (principio di piacere e principio di realtà).
Freud cercò di dimostrare che il suo modello, basato soprattutto sulle osservazioni della borghesia viennese, fosse universalmente valido. Ha per questo orientato i suoi studi verso la mitologia antica e l'etnografia del suo tempo per trovare materiale comparativo. Ha utilizzato la tragedia greca Edipo re di Sofocle per evidenziare, soprattutto negli adolescenti e nei bambini, la presenza inconscia del desiderio d'incesto e contemporaneamente la necessità di reprimere quel desiderio. Il complesso di Edipo è stato descritto come condizione dello sviluppo e della consapevolezza psicosessuale; questo concetto psicologico era stato formulato anche da Denis Diderot nel XVIII secolo, e Freud, nel Compendio di psicoanalisi, dichiara esplicitamente il suo debito. Sua è anche la definizione di carica psichica, intesa come energia derivata dagli istinti che si manifesta in qualsiasi processo psichico, conservando la possibilità di spostarsi per attivare vari contenuti di coscienza. Nel suo ultimo libro, Compendio di psicoanalisi, terminato sul letto di morte, Freud individua i pilastri della psicoanalisi nel complesso edipico, nella teoria della rimozione e nella sessualità infantile, analizzando anche la scissione dell'Io.
Egli sperava che le sue ricerche fornissero una solida base scientifica per le proprie tecniche terapeutiche. L'obiettivo della terapia psicoanalitica (psicoanalisi), era di portare allo stato cosciente i pensieri repressi/rimossi, rafforzando così il proprio ego. Per portare i pensieri inconsci al livello della coscienza, il metodo classico prevede delle sedute in cui il paziente è invitato a effettuare associazioni libere e a descrivere i sogni. Un altro elemento importante della psicoanalisi è l'assunzione, da parte dell'analista, di un atteggiamento distaccato che permette al paziente di proiettare durante l'analisi i pensieri e le sensazioni sull'analista. Attraverso questo processo, chiamato transfert, il paziente può riesumare e risolvere i conflitti rimossi, particolarmente quelli infantili, legati alla formazione e alla famiglia d'origine.
Secondo Freud la fissazione nasce in periodi remoti dello sviluppo pulsionale e impedisce alla pulsione di modificare il suo obiettivo, rendendo impossibile il distacco dall'oggetto di fissazione. Si produrrebbe a causa dell'eliminazione (rimozione) di alcuni elementi che consentirebbero la normale evoluzione dello stimolo (pulsione). È per questo che alcuni suoi effetti, durante la psicoanalisi, possono venire assimilati o confusi con altre rimozioni. La fissazione, eludendo la ragione, si comporta come se facesse parte del sistema dell’inconscio, come una corrente rimossa. Essa non è altro che la conservazione di libido su oggetti o in fasi inconsce relative ai vari stadi psicosessuali di sviluppo. Queste cariche di libido conservata danneggiano l'individuo provocandogli la nevrosi.
La rimozione è un meccanismo psichico che allontana dalla coscienza desideri, pensieri o residui mnestici considerati inaccettabili e intollerabili dall'Io, e la cui presenza provocherebbe dispiacere. La rimozione tuttavia va considerata come una modalità universale dello psichismo la cui finalità è proprio quella di difendere, come una sorta di apparato immunitario proprio dello psichismo, l'ideale dell'io (o Super-io) in cui ci si rispecchia.
Al concetto di rimozione si collega quello di resistenza al cambiamento, un ulteriore meccanismo psichico che impedisce ai contenuti una volta rimossi di tornare nuovamente coscienti. Scopo della psicoanalisi secondo Freud è quello di diminuire la forza di queste resistenze e permettere all'Io di tornare in possesso del materiale rimosso, in modo da porre termine alla sua funzione patogena.
La rimozione può riguardare sia un fatto vissuto, che un pensiero o istinto. Il contenuto rimosso non tende spontaneamente a manifestarsi o non ha l'energia psichica per farlo, per cui spesso la rimozione è priva di conseguenze. È necessario un secondo fatto o volontà: 1) apparentemente "innocuo" per il Super-io, e che quindi non viene rimosso a sua volta; 2) associabile al contenuto inconscio per vicinanza nello spazio, nel tempo o per somiglianza. Nei soliti modi la mente opera per associare tra loro contenuti che restano non rimossi.
Il nuovo elemento "risveglia" il materiale rimosso che spinge per manifestarsi a livello cosciente, e l'Io media fra questo e la resistenza del Super-io: un appagamento tramite compensazione permette al materiale rimosso di manifestarsi ma in forme diverse dal suo contenuto, più distorte e lontane quanto più è forte la resistenza.
Ciò accade nel sintomo nevrotico, ma anche in persone "sane" e "normali" attraverso i sogni, o nella nevrosi creativa. Nel sogno si rilassa la muscolatura, segno che si rallentano le resistenze del Super-io, per cui il rimosso nell'inconscio ha l'opportunità di manifestarsi, e di farlo in modo più "soddisfacente" tramite forme più vicine al suo vero contenuto. Secondo Freud, questo meccanismo non sempre è fonte di malattie, ma ha grandi implicazioni positive per la società. La nevrosi, se è canalizzata, è il motore dell'arte e della scienza: il genio creativo e gli ammiratori dell'opera vi manifestano singolarmente e collettivamente un proprio contenuto rimosso.
In alcuni casi il Super-io si manifesta tramite il senso di colpa per cui il nevrotico non desidera, inconsciamente, guarire ritenendo di meritare la malattia o avendo forti pulsioni di autodistruzione: è il cosiddetto "bisogno di colpa o di sofferenza".
La regressione è un meccanismo in cui, per mancanza di superamento di una fase, anziché svilupparsi la nevrosi di quella tipica fase, si manifesta una nevrosi di fase precedente, in cui molta più libido era rimasta fissata, ma possono essere presenti anche cariche di libido di altre fasi, che si fanno sentire sotto forma di sintomo nevrotico.
La nevrosi è il principale campo di interesse di Freud e il disturbo che la psicoanalisi ambisce a curare in profondità. Le nevrosi sono diverse a seconda dello stadio di sviluppo o di quello in cui si regredisce a causa del non-superamento del complesso di Edipo. Esempi di nevrosi sono:
nevrosi ossessiva (fase sadico-anale)
nevrosi fobica (varie fasi)
nevrosi d'ansia
la dipendenza dal fumo o da sostanze varie (anche se non è propriamente una nevrosi è possibile includerla; si sviluppa nella fase orale)
nevrosi isterica (traumi sessuali e di vario tipo)
Se manca la nevrosi, dove dovrebbe invece comparire, si sviluppa la perversione, termine che in Freud non indica una malattia, ma la fissazione della libido su oggetti o ambiti non sessuali in senso genitale, che si sviluppa, ad esempio, nella fase sadico-anale o in quella edipica (spesso per il rifiuto a riconoscere il complesso di castrazione o l'invidia del pene o la sua assenza). In assenza di perversione si può sviluppare l'asessualità. Secondo Freud, esempi di perversione, in questo ambito psicoanalitico, sono:
l'omosessualità manifesta (l'omosessualità latente è presente, come bisessualità di fondo, in ogni essere umano come carattere naturale);
il feticismo (derivante da una scissione dell'Io)
il sadismo e il masochismo (in cui Eros e Thanatos sono fortemente contaminati fra loro).
Freud, a differenza di quanto spesso si è detto, non ha mai definito l'omosessualità come una malattia psichica, né ha mai condannato gli omosessuali come anormali, anzi sosteneva che ogni essere umano nascesse intrinsecamente bisessuale, differenziandosi nelle preferenze solo successivamente. In una lettera scritta nel 1935 ad una madre che lamentava di avere un figlio omosessuale e chiedeva se fosse possibile "curarlo", lo psicoanalista rispose che
« L'omosessualità non è di certo un vantaggio, ma non c'è nulla di cui vergognarsi, non è un vizio, non è degradante, non può essere classificata come una malattia, riteniamo che sia una variazione della funzione sessuale, prodotta da un arresto dello sviluppo sessuale. Molti individui altamente rispettabili di tempi antichi e moderni sono stati omosessuali, molti dei quali sono stati grandi uomini.»
Rispondendo alla richiesta della donna, Freud aggiunge poi che una "terapia" per trattare l'omosessualità può essere possibile, ma che il risultato "non può essere previsto".
La psicoanalisi permette, analizzando i sogni e le fantasie di scoprire queste fissazioni e avendo un buon rapporto di transfert con l'analista, di sublimare le pulsioni non accettabili in situazioni socialmente e umanamente accettabili: ad esempio chi ha una forte componente di pulsione di morte/distruzione e aggressività, anche dal punto di vista puramente sessuale (un "Eros" molto contaminato da "Thanatos", come accade nel masochismo e nel sadismo), può sublimare ciò scegliendo una professione in cui si usano armi o violenza in maniera accettata (es. militare, pugile) o violenza simulata o simboleggiata ma in realtà non vera (es. chirurgo, attore, gioco di ruolo, scrittore, regista ecc.). In questo modo la primitiva aggressività dell'Es viene temperata e controllata, senza che il Super-io reprima in maniera eccessiva, per annullarla, questa energia, provocando così le malattie psichiche, come la nevrosi, oppure le devianze (perversione, feticismo, asessualità), che provocano (questo per la psicoanalisi moderna vale per le nevrosi e secondariamente per le cosiddette devianze, se fuori controllo) la sofferenza dell'individuo e/o la sua disfunzionalità.
Nell'epoca che possiamo chiamare prescientifica gli uomini non avevano difficoltà nel trovare una spiegazione ai sogni. Quando al risveglio ricordavano un sogno, lo consideravano una manifestazione favorevole od ostile di potenze superiori, demoniache e divine.
Allorché cominciarono a diffondersi le dottrine naturalistiche, tutta questa ingegnosa mitologia si mutò in psicologia, ed oggi solo un'esigua minoranza delle persone istruite dubita che i sogni siano un prodotto della mente del sognatore.
Il problema è il significato dei sogni, problema che ha un doppio aspetto. Il primo luogo esso indaga sul significato psichico del sognatore, sul nesso tra i sogni e gli altri processi mentali e su qualsiasi funzione biologica essi possano avere; in secondo luogo cerca di scoprire se i sogni possono essere interpretati, se il contenuto dei sogni individuali ha un “significato”, secondo quanto siamo abituati a trovare in altre strutture psichiche.
Nella valutazione del significato dei sogni si possono distinguere tre correnti di pensiero:
Una di queste, che riecheggia in un certo senso l’antica sopravvalutazione dei sogni, trova espressione negli scritti di certi filosofi. Essi ritengono che la base della vita onirica sia un particolare stato di attività mentale e si spingono tanto in là da acclamare quello stato come un’elevazione ad un livello superiore.
In netta opposizione è la maggioranza dei medici, i quali adottano un loro punto di vista secondo il quale i sogni raggiungono appena il livello di fenomeni psichici. Nella loro teoria gli unici istigatori dei sogni sono gli stimoli sensoriali e somatici, che colpiscono il dormiente dall'esterno oppure diventano casualmente attivi nei suoi organi interni.
L’opinione popolare è ben poco influenzata da questo giudizio scientifico, non si cura delle fonti dei sogni e sembra perseverare nella convinzione che nonostante tutto i sogni hanno un significato, che si riferisce alla predizione del futuro e che può essere scoperto mediante un qualche processo di interpretazione di un contenuto che spesso è confuso ed enigmatico.
Al punto in cui siamo arrivati, abbiamo portato a considerare il sogno come una specie di sostituto dei processi di pensiero, pieno di significato ed emozioni, che ho scoperto dopo aver completato l'analisi. Non conosciamo la natura del processo che fa sì che il sogno venga generato da questi pensieri, ma possiamo vedere che è sbagliato considerarlo puramente fisico e privo di significato psichico, come un processo sorto dall'attività isolata di gruppi di cellule cerebrali destate dal sonno.
Il contenuto del sogno è un condensato dei pensieri che sostituisce, e l'analisi ha svelato come istigatore del sogno un fatto privo di importanza della sera precedente; difatti seguendo senza criteri le associazioni che sorgono da qualsiasi sogno, posso arrivare ad una successione di pensieri tra i quali appaiono gli elementi che costituiscono il sogno e che, questi pensieri, sono interrelati in maniera razionale e comprensibile.
Per contrapporre il sogno come viene trattenuto nella memoria, all'importante materiale scoperto analizzandolo, chiamerò il primo contenuto manifesto del sogno ed il secondo contenuto latente del sogno. La trasformazione dei pensieri onirici latenti nel contenuto onirico manifesto, merita una trattazione più specifica; sotto l’aspetto del rapporto tra il contenuto latente e il contenuto manifesto, i sogni si possono dividere in tre categorie:
In primo luogo possiamo distinguere sogni sensati e comprensibili, quelli, cioè, che possono essere inseriti senza ulteriori difficoltà nel contesto della nostra vita psichica. Ci sono numerosi sogni di questo tipo. Per la maggior parte sono brevi e in genere ci sembra che non meritino attenzione, poiché in esse non c’è nulla di sorprendente o di strano. Tra l'altro, la loro esistenza costituisce una efficace argomentazione contro la teoria secondo la quale i sogni derivano dall'attività isolata di gruppi separati di cellule del cervello.
Un secondo gruppo è costituito da quei sogni che, anche se sono coerenti in sé e posseggono chiaramente un senso, tuttavia hanno un effetto sconcertante, poiché non riusciamo ad inserire quel senso nella nostra vita psichica. Sarebbe questo il caso se, per esempio, sognassimo che un parente al quale vogliamo bene è morto di peste, mentre non abbiamo ragione di aspettarci una cosa simile, né di temerla o presumerla.
Il terzo gruppo, infine, comprende quei sogni che non hanno senso o sogni incomprensibili, che sembrano incoerenti, confusi e privi di significato. La stragrande maggioranza dei sogni presentano queste caratteristiche; e ad essi appunto si deve la scarsa considerazione in cui i sogni sono tenuti e la teoria medica secondo la quale sono il risultato di un’attività psichica limitata. È raro che manchino i segni più evidenti di incoerenza, particolarmente nelle composizioni oniriche di una certa durata e complessità.
Un ripetersi di esperienze simili ci può spingere a sospettare che ci sia una relazione intima tra la natura incomprensibile e confusa dei sogni e la difficoltà di riferire i pensieri ad essa sottostanti. Nel caso dei sogni complicati e confusi di cui ci occupiamo ora, la condensazione e la drammatizzazione, da sole, non sono sufficienti a spiegare l’impressione di dissomiglianza tra il contenuto del sogno e i pensieri onirici.
Nel corso del lavoro onirico l'intensità psichica dei pensieri e delle rappresentazioni si trasferisce su altri pensieri e rappresentazioni che non dovrebbero essere così sottolineati; nessun altro processo contribuisce a nascondere il significato del sogno e a rendere irriconoscibile il nesso tra il contenuto del sogno e i pensieri onirici. Nel corso di questo processo chiamato spostamento onirico, intensità psichica, l'importanza o potenzialità affettiva del pensiero, viene trasformata in vivacità sensoriale. I sogni possono formarsi quasi senza alcun spostamento, sono quelli sensati e comprensibili; oppure sogni in cui non c'è un solo elemento dei pensieri onirici che abbia conservato il proprio valore psichico, o in cui tutto ciò che è essenziale nei pensieri onirici non sia stato sostituito da qualcosa di insignificante, e possiamo trovare una serie di casi intermedi tra questi due estremi (quanto più oscuro e confuso sembra un sogno, tanto più grande è la partecipazione del fattore spostamento alla sua formazione). Proprio il processo di spostamento non ci permette di scoprire o riconoscere i pensieri onirici nel contenuto del sogno, a meno che non comprendiamo il motivo di questa deformazione.
Tuttavia, i pensieri onirici vengono anche sottoposti ad un’altra specie di deformazione più debole, che rivela un’altra attività del lavoro onirico, facilmente comprensibile. Spesso ci colpisce l’insolita forma di espressione dei primi pensieri onirici che incontriamo con l’analisi; essi infatti non sono rivestiti del linguaggio banale di cui generalmente si servono i nostri pensieri, al contrario sono rappresentati simbolicamente per mezzo di paragoni e metafore, in immagini somiglianti a quelle del linguaggio poetico. Non è difficile spiegare la costrizione imposta alla forma di espressione dei pensieri onirici. Il contenuto manifesto dei sogni è costituito per la maggior parte da situazioni pittoresche, e di conseguenza i pensieri onirici devono prima di tutto essere sottoposti ad un trattamento che li renda adatti ad una rappresentazione di questo tipo. Se immaginiamo di dover affrontare il problema di rappresentare le argomentazioni di un articolo politico di fondo o i discorsi di un avvocato davanti alla corte in una serie di immagini, potremmo facilmente renderci conto delle modificazioni che il lavoro onirico deve necessariamente eseguire in base a considerazioni sulla rappresentabilità del contenuto del sogno.
Per concludere, l'importanza del sogno come via per l'inconscio è sintetizzata dal significato e dall'aspetto che molti sogni hanno: sono una psicosi temporanea e solitamente innocua e una rappresentazione accettabile di una fantasia o impulso non accettato dall'Io cosciente, mascherato con elementi della vita quotidiana e della fantasia.
La formazione di Freud era di tipo medico. Per questo egli ha coerentemente dichiarato che i suoi metodi e le sue conclusioni di ricerca erano "scientifici". Tuttavia, la sua ricerca così come la pratica sono state messe in discussione da diversi studiosi. Inoltre, sia i critici sia i seguaci di Freud hanno osservato che l'affermazione di base secondo la quale molti dei nostri pensieri e delle nostre azioni coscienti siano motivati da paure e desideri inconsapevoli sfida esplicitamente le principali concezioni sulla mente fino ad allora elaborate.
In ambito sia psicologico sia psichiatrico sono state elaborate numerose evoluzioni della metapsicologia e della teoria della tecnica freudiana (ad esempio, nelle varietà di modelli e forme di psicoterapia psicodinamica), mentre altri autori hanno rifiutato il modello della mente proposto da Freud pur adottando spesso alcuni elementi del suo metodo terapeutico, specialmente nel privilegiare il colloquio clinico col paziente come parte dell'intervento terapeutico.
Un altro degli interessi considerati minori di Freud era la neurologia. Fu uno dei pionieri delle ricerche sulla paralisi cerebrale e pubblicò numerosi documenti medici sull'argomento. Dimostrò anche, precedendo altri ricercatori suoi contemporanei che iniziavano lo studio sugli stessi argomenti, l'esistenza della neuropatia. Affermò che William Little, il quale per primo identificò la paralisi cerebrale, aveva torto nell'inferire che la mancanza d'ossigeno durante il parto fosse causa della malattia. Suggerì, invece, che le complicazioni del parto fossero solo un sintomo del problema. Egli sosteneva che la psichiatria, la psicologia, la psicoanalisi e la neurologia fossero collegate: l'inconscio e le sue problematiche erano la rappresentazione teorica di un problema fisico, anticipando così la visione della psichiatria biologica e il ruolo dei neurotrasmettitori nella genesi della patologie mentali. In particolare la genetica, l'anatomia e la neurologia stabilirono che nel cervello umano sono presenti zone più antiche e istintive, come l'Es. freudiano, ad esempio l'amigdala, e zone più razionali, come il Super-io, ad esempio i lobi frontali. Solo alla fine degli anni 1980 le speculazioni neurologiche di Freud sono state confermate dalle ricerche di neuropsichiatria più avanzate.
Da Empedocle Freud trae il dualismo Amore/Odio, che egli trasforma in quello Eros/Thanatos.
Arthur Schopenhauer individua il dolore del mondo nella forza che ci fa vivere e perpetua la specie, la Volontà, a cui egli contrappone il distacco e l'ascesi; sebbene le conclusioni siano differenti, la Volontà può essere assimilata alla forza sessuale, la libido descritta da Freud, altrettanto vis a tergo che ci spinge ciecamente così come pure la "volontà di potenza" nietzscheana. Se rimasta fissata e non usata a scopo sessuale, crea le nevrosi o la perversione. Inoltre Schopenhauer riprende concetti delle religioni orientali, in particolar modo buddisti, come il Nirvana, la cessazione delle passioni: anche Freud usa a volte il termine, in senso psicologico, ad esempio in Al di là del principio di piacere (1920) e nel Compendio di psicoanalisi (1938).
Friedrich Nietzsche, partendo dal concetto greco del "conosci te stesso e diventa ciò che sei" e portando il sapere umano al livello psichico (scrisse infatti che «"conosci te stesso" è tutta la scienza.»), fu precursore d'una epistemologia e gnoseologia naturalista della conoscenza, intesa come prodotto di capacità acquisite in modo evolutivo. Speculazione psicofilosofica che lo portò per primo a penetrare e descrivere i processi inconsci alla base e da cui emerge, come la cima d'un iceberg, la coscienza umana con le sue inclinazioni volitive e cognitive: «Secondo l'ambiente e le condizioni della nostra vita, un istinto emerge come il più stimato e dominante; in particolare, pensiero, volontà e sentimento si trasformano in suoi strumenti».
Anche la sua Volontà di potenza dionisiaca è avvicinata ad una forza irresistibile quale la libido, che la razionalità del socratismo, dominante nella cultura occidentale, cerca di soffocare. Inoltre Freud riprende il tema della morte di Dio proclamata dal filosofo tedesco ne La gaia scienza e nel Così parlò Zarathustra.
Attraverso il pensiero di Freud, il concetto di uomo e della sua personalità acquisisce una precisa connotazione in ambito filosofico. La grande rivoluzione da lui operata, nella civiltà e nella cultura contemporanea, riguarda essenzialmente il tentativo di indagare in maniera profonda l'enorme complessità dell'animo umano e in particolare le possibilità d'inganno o d'autoinganno della coscienza. Proprio la scoperta freudiana dell'inconscio -e di tutte le sue inevitabili conseguenze- ha determinato uno dei grandi travolgimenti ideologici cui il Novecento ha dovuto far fronte. Tramite la psicoanalisi, Freud ha proposto una nuova antropologia, in cui il soggetto non viene più considerato un essere esclusivamente razionale - come sostenuto dall'Idealismo e da Georg Wilhelm Friedrich Hegel - ma, piuttosto, un'entità caratterizzata anche da una dimensione puramente istintuale.
Proprio per questa ragione, Freud rientra tra quei maestri del sospetto - così denominati dal filosofo francese Paul Ricoeur - insieme a Friedrich Nietzsche e Karl Marx. «Marx, Nietzsche e Freud: questi tre maestri del sospetto non sono tre maestri di scetticismo. Certamente sono tre grandi "distruttori", e tuttavia anche questo non deve farci sentire perduti; la distruzione, dice Heidegger in Sein und Zeit, è un momento di una fondazione del tutto nuova. La "distruzione" dei mondi retrogradi è un compito positivo, ivi compresa la distruzione della religione»; «Il processo del nichilismo non ha raggiunto la sua conclusione, forse neppure il suo culmine: il lavoro del lutto dèi morti non è ancora terminato.»
« Il prezzo del progresso si paga con la riduzione della felicità, dovuta all'intensificarsi del senso di colpa. »
(da Il disagio della civiltà)
Freud orientò anche i suoi studi sull'antropologia e sul totemismo, sostenendo che il totem riflette la codificazione di un complesso di Edipo relativo alla tribù. Il disagio della civiltà, uno degli ultimi libri di Freud, dedicato all'applicazione delle teorie psicoanalitiche alla società, riprende concetti espressi anche in Totem e tabù, Psicologia delle masse e analisi dell'Io e L'avvenire di un'illusione. Il concetto di nevrosi collettiva, riprende ma in senso molto diverso alcune idee già presentate da Jung (inconscio collettivo).
Vengono presentate alcune idee sociologiche oggi abbastanza accettate ed altre più discutibili. Un esempio del primo tipo è il fatto che la repressione della libido da parte della società sia fonte del disagio che ci colpisce e che ci fa sentire limitati, in quanto privati delle soddisfazioni di cui necessitiamo. Freud fa risalire tutto questo alla sua storica contrapposizione tra Io e Super-Io, identificando nel Super-io la morale sociale che avvilisce l'Io. Il problema della conflittualità interiore alla psiche umana, certo non nuovo nella filosofia occidentale, era stato già posto in termini molto simili - e con la stessa denominazione di "cattiva coscienza" - da Nietzsche nella Genealogia della morale: per entrambi la "civiltà" è riuscita a rendere mansueto un uomo altrimenti aggressivo, limitando le sue pulsioni distruttive ed antisociali, che non possono però essere completamente eliminate. Queste vengono altresì rese pericolosamente capaci di sfogarsi solamente contro il soggetto stesso; Freud adatta questa riflessione nietzscheana alla Seconda topica, ed arriverà perciò a fare del Super-io l'istanza repressiva, di controllo, che la società ha "inserito" nella stessa psiche dell'uomo.
Il Super-io ha dunque la funzione di limitare, in senso moralista, sia alcune pulsioni sessuali - portando l'individuo alla nevrosi nel caso in cui lo faccia con eccessiva rigidezza - sia l'aggressività umana, in quanto Freud condivide quel filone pessimista dell'antropologia che può essere condensato nella formula "homo homini lupus" già usata da Hobbes. Freud polemizzerà difatti anche con la concezione di origine rousseuiana del buon selvaggio, in quanto nell'uomo vi sono innegabili spinte aggressive, talvolta fini a sé stesse.
In senso più filosofico che psicologico, tutto il disagio collettivo viene invece fatto risalire ad una forma di primordiale peccato originale, di cui tutti gli individui serbano traccia. Il peccato è quello della prima tribù di uomini ("orda primordiale"), in cui un solo capo comandava con la forza e possedeva tutte le donne del clan (patriarcato). Il dispotismo di questo padre-capo accrebbe così tanto l'odio degli altri membri, suoi figli, che essi lo uccisero e lo mangiarono, risentendone poi il senso di colpa ed il rimorso. Ebbene, secondo Freud tutti noi inconsciamente serbiamo traccia di questo ancestrale parricidio, di questo complesso di Edipo collettivo.
Secondo Freud sta qua l'origine inconscia della religione, che il padre della psicoanalisi, a differenza di Jung, considera solamente una nevrosi ossessiva di massa. Il primo risultato è il totem: è il simbolo del padre mitico, l'animale da venerare e non mangiare; questo tranne in determinate occasioni, in cui si rinnova il pasto o banchetto totemico; questa pratica si trasmise tramite le varie religioni dove Dio è solamente un padre elevato all'ennesima potenza, fino al cristianesimo dove il Figlio si sacrifica, per espiare la colpa, al Padre e viene esso stesso mangiato nell'Eucaristia; per Freud l'ebraismo (sulla religione dei suoi antenati scrisse L'uomo Mosè e il monoteismo) e il cristianesimo sono la prova vivente della sua teoria. Il secondo risultato è il tabù dell'endogamia, ovvero l'obbligo dell'esogamia, cioè prendere moglie fuori dalla famiglia e dal clan per evitare l'incesto che, oltre che dannoso, offende la memoria del padre primordiale, solo padrone delle donne della tribù.
Il disagio della civiltà, edita nel 1929, è invece nobile interprete delle oscure riflessioni sulla natura umana che, in seguito alla Grande Guerra e alla Grande Depressione, tormentarono i circoli culturali. L'uomo decade da valoroso patriota e lavoratore a "lupo parricida". I valori sono così ridotti a convenzioni, peraltro disagevoli. Freud fa del "Disagio della civiltà" il manifesto delle più tetre e disilluse analisi.
Il dibattito interno ed esterno rispetto alle teorie psicoanalitiche è stato sempre piuttosto acceso. Questi dibattiti hanno spesso permesso di sviluppare ed articolare la teorizzazione freudiana originaria, facilitando l'evoluzione della psicoanalisi dagli originari modelli pulsionalisti ai più recenti modelli relazionali. Dalla psiconalisi e dai numerosi rami che da essa si dipartono, hanno inoltre avuto origine diverse e disparate teorie psicologiche e filosofiche.
Una critica all'impianto psicoanalitico freudiano fu formulata dal filosofo della scienza Karl Popper, che annoverava la psicoanalisi e il materialismo storico marxista fra quelle discipline "non passibili di smentita" e perciò, a suo parere, non scientifiche. Il logico e filosofo Ludwig Wittgenstein (1889-1951), ad esempio, sostenne che la psicoanalisi fosse: "una mitologia che ha molto potere", criticando nello specifico il procedimento della libera associazione delle idee, considerato oscuro, "perché Freud non chiarisce mai come possiamo sapere dove fermarci, dove la soluzione sia giusta". La psicoanalisi mancherebbe di falsificabilità, ovvero di un'affermazione che se smentita con metodo scientifico, fa crollare l'edificio. I freudiani ribattono che tale affermazione è il complesso di Edipo, ritenuto vero e "pilastro" della psicoanalisi.
Anche per quanto riguarda l'efficacia psicoterapeutica della psicoanalisi il dibattito è stato molto forte ed ha visto posizioni spesso contrapposte.
In Francia, l'Institut national de la santé et de la recherche médicale (l'organismo pubblico francese dedicato alla salute e alla ricerca medica) ha pubblicato nel 2004 l'expertise collettiva "Psychothérapie: Trois approches évaluées", una rassegna critica di studi clinici e di meta-analisi precedenti, in cui veniva valutata l'efficacia di tre diversi approcci psicoterapeutici, fra cui quello di ispirazione psicoanalitica. Gli otto esperti che hanno realizzato tale rapporto provenivano da indirizzi diversi di psicologia clinica, sei di loro erano stati psicoanalizzati e uno era uno psicoanalista lacaniano. Lo psichiatra e psicoterapeuta Jean Cottraux, uno di questi otto autori, riassume le caratteristiche e i risultati dell'expertise nel modo seguente: "il rapporto INSERM non si occupava della psicoanalisi nel senso stretto del termine, esso valutava l'efficacia delle terapie psicoanalitiche brevi, della terapia familiare e delle terapie cognitivo-comportamentali. Le sue conclusioni erano particolarmente misurate. Erano stati studiati sedici disturbi. Le terapie cognitivo-comportamentali hanno dimostrato un effetto positivo in quindici disturbi su sedici, le terapie familiari in cinque disturbi su sedici, le psicoterapie piscodinamiche d'ispirazione psicoanalitica in un solo disturbo su sedici. Si trattava di disturbi della personalità in cui anche le TCC (sigla che sta per "terapie cognitivo-comportamentali") hanno dimostrato la loro efficacia. Erano proposte indicazioni precise per ciascun disturbo, il che permetteva alle diverse correnti di dividersi il terreno in funzione dei loro poli di eccellenza. Il rapporto consentiva così ai pazienti di compiere una scelta informata. Le terapie psicoanalitiche brevi venivano considerate una buona indicazione in almeno il 30% delle domande di psicoterapia che provenivano da pazienti affetti da un disturbo di personalità isolato o associato alla depressione, o da un disturbo ansioso.
Il filosofo francese Paul Ricoeur ha fatto anche notare che Freud non è così neutrale nel suo metodo. Egli aderisce fin dall'inizio dei suoi studi alla filosofia del positivismo, in particolare alla Weltanschauung scientista, che proponeva una concezione meccanicistica dell'uomo. L'uomo nella psicoanalisi è simile a una macchina guidata dai suoi istinti (libido in particolare), dunque, sempre secondo Ricoeur, non sono rispettate né la sua libertà né la sua responsabilità.
Le prime critiche a Freud riguardarono la teoria dell'eziologia sessuale delle nevrosi, che Freud definiva il "dogma della psicoanalisi" e che, all'epoca, suscitava il disappunto dei perbenisti. In effetti, il modello sessuale-pulsionalista fu in seguito criticato anche da alcuni seguaci di Freud; Alfred Adler, per esempio, propose di sostituirlo con una teoria della volontà di potenza di derivazione nietzschiana, e Carl Gustav Jung elaborò invece una teoria della libido intesa come energia psichica più generale, e non necessariamente ridotta a "forza sessuale".
Anne Koedt, femminista statunitense, pubblicò nel 1968 il saggio The Myth of the Vaginal Orgasm ("Il mito dell'orgasmo vaginale"), un testo reputato molto scandaloso all'epoca, nel quale attaccò il fondamento della teoria freudiana sulla sessualità femminile, ossia l'idea che una giovane divenga realmente donna sessualmente adulta quando abbandoni l'orgasmo clitorideo, ottenuto con la pratica della masturbazione, in favore dell'orgasmo vaginale, che sarebbe provocato dalla penetrazione maschile. Freud affermava nel suo libro "Tre saggi sulla teoria sessuale" (1905) la presenza di due orgasmi femminili, quello clitorideo e quello vaginale. In realtà, studi scientifici sessuologici dimostrano che la donna possiede solamente il clitoride come organo sessuale femminile che causa l'orgasmo; Freud sosteneva che la frigidità femminile - l'incapacità di raggiungere l'orgasmo vaginale - era una forma di nevrosi, riconducibile a una fissazione alla fase puberale. Freud sosteneva inoltre che l'analista donna dovesse riconoscere la regola psicoanalitica dell'invidia del pene, altrimenti non l'avrebbe applicata con le pazienti, danneggiando la terapia.
Lo psichiatra statunitense Allan Hobson respinge l'idea che i sogni esprimano necessariamente significati profondi o nascosti. A suo parere, l'opera di Freud L'interpretazione dei sogni è infondata. Secondo i suoi studi, i sogni sono creati quando gli impulsi neuronali generati casualmente dal tronco encefalico raggiungono la corteccia cerebrale durante il sonno REM. La corteccia tenta di dare un senso agli input casuali che sta ricevendo, e questa genera i sogni.
Freud era stato, per un periodo della sua vita, consumatore ed estimatore di cocaina e uno sviluppatore della teoria e della pratica delle nevrosi nasali riflesse d'accordo con Wilhelm Fliess. Emma Eckstein, infatti, subì un disastroso intervento chirurgico al naso ad opera di Fliess.
Il filosofo francese anarco-edonista Michel Onfray nel libro Crepuscolo di un idolo. L'affabulazione freudiana ha attaccato duramente Freud - e secondariamente la psicoanalisi - accusando lo scienziato di essere antisemita (nonostante egli stesso avesse subito le persecuzioni naziste e nonostante fosse ebreo), evasore fiscale, fascista (per via della dedica citata) e tossicodipendente. Critica poi i freudiani di sinistra, come i freudomarxisti (come Wilhelm Reich, a cui per altri aspetti si è rifatto).
Il libro ha suscitato dure critiche e lunghe polemiche da parte dei freudiani e da intellettuali di sinistra radicali che avevano applaudito opere come il Trattato di ateologia, ma anche da intellettuali di altre aree politiche, come Bernard-Henri Lévy, filosofo ebreo che ha respinto le accuse di antisemitismo rivolte a Freud.
In risposta al libro di Onfray, Élisabeth Roudinesco pubblica nello stesso anno il libro Mais pourquoi tant de haine? in cui l'autrice spiega in che modo la maggior parte delle tesi sostenute da Onfray contro Freud siano del tutto infondate e la sua documentazione sia o non attendibile oppure oggetta ad arbitrarie forzature.
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