lunedì 7 marzo 2016

STANCHEZZA CRONICA



Vari disturbi correlati al sistema nervoso sono stati rilevati da tempo (come la cosiddetta sindrome di Los Angeles del 1936), ma non avevano ancora trovato una collocazione specifica nell'ambito della medicina per la difficoltà di trovare riscontri fisiologici precisi, contro pregiudizi culturali ancora molto diffusi.

Nel 1960 lo psicologo Pierre Daco individuava il disturbo soprattutto nelle sue componenti sociali, osservando come la civiltà industriale moderna tenda a "moralizzare la fatica stessa, e non siamo lontani dal considerarla una riprovevole mancanza di volontà"; Daco dimostra come quello che è in realtà un disturbo fisiologico sia imputato a una mancanza di volontà da parte della persona, ritenuta moralmente responsabile delle sue scelte e per questo condannata.

Lo studioso condannava le discriminazioni sociali della patologia sul posto di lavoro e in famiglia, poiché spesso accadeva che il malato fosse bollato come "pigro" proprio da coloro che, pur in buona fede, si "sforzavano" di aiutarlo, ottenendo però il risultato di farlo sentire emarginato.

Sebbene oggi sia stata classificata dall'Organizzazione mondiale della sanità sotto le malattie del sistema nervoso, l'eziologia della CFS è al momento sconosciuta.

Ogni anno il 12 maggio ricorre la Giornata Mondiale della CFS.

La sindrome da stanchezza cronica (Chronic Fatige Syndorme, o CFS) è un disturbo caratterizzato da una stanchezza prolungata, persistente  e debilitante e una serie di sintomi non specifici correlati. Affligge solitamente soggetti adulti tra i 20 e i 40 anni, che lamentano una stanchezza disabilitante per la quale il riposo non è di alcun aiuto, e che si aggrava con l’attività fisica e intellettuale. Per alcuni pazienti la gravità della sindrome è tale da non permettere loro di portare avanti le proprie attività occupazionali. Colpisce prevalentemente le donne e ha un’incidenza stimata tra lo 0,4 e l’1 per cento. Non è quindi una malattia rara.

I pazienti presentano per almeno 6 mesi una serie di sintomi correlati quali faringite, febbre, dolori delle ghiandole linfonodali cervicali e ascellari, dolori muscolari e articolari, cefalee, sonno non ristoratore, debolezza a seguito di esercizio fisico. Sono comuni i problemi della concentrazione e della memoria. La malattia può condurre alla depressione.
Altri sintomi: parestesia, acufeni, problemi di equilibrio, sintomi che imitano la neuropatia, disturbi respiratori, crampi, atassia, tremore, fascicolazioni, sintomi simil-influenzali, sudore notturno, febbre, vista offuscata, problemi intestinali, confusione, dispepsia, aumento di peso, insofferenza al caldo, al freddo e all'umidità.

Ci si può riferire al disturbo anche come a sindrome da fatica post-virale (PVFS dall'inglese post-viral fatigue syndrome, quando la condizione si manifesta in seguito a una malattia di tipo influenzale), encefalomielite mialgica (myalgic encephalomyelitis o ME).

La vera eziologia è tuttora sconosciuta. Le cause di questa sindrome, diffusa senza un concreto discriminante in tutto il mondo, sono tuttora oggetto di studio. Sono ipotizzati modelli multifattoriali; ad esempio, aspetti genetici ed ambientali, situazioni come un'intossicazione chimica, infezioni virali come l'Epstein-Barr o altri, quali ad esempio infezioni batteriche da Streptococcus pyogenes A, chiamato anche streptococco ß emolitico di gruppo A (ritenuto anche causa di reumatismi e disturbi neuropsichiatrici detti PANDAS, che sono correlati al disturbo ossessivo-compulsivo, alla corea di Sydenham e alla sindrome di Tourette, nonché da taluni ritenuto avere perfino un collegamento con forme leggere di autismo, come la sindrome di Asperger), si ipotizza che potrebbero attivare sintomi tipici della CFS. Non esiste invece collegamento diretto con gli effetti collaterali delle vaccinazioni.

Un'ipotesi autoimmune, con l'attività degli anticorpi rivolta contro il sistema nervoso ed endocrino e contro le fibre muscolari - anche a causa di una permanenza lunga di virus e batteri a bassa intensità nell'organismo - è pertanto ritenuta assai probabile. Un collegamento occasionale con la celiachia è stato ipotizzato.



Ci sono molti studi in corso, ma la reale fisiopatologia resta ignota. Le possibili cause sono state divise in fattori neurologici, psicologici o psicosociali o influenze, infezioni, fattori immunologici, fattori endocrini e fattori genetici. Clinicamente non è stato ancora identificato fattore di rischio significativo. La CFS è associata ad una risposta immunologica abnorme allo sforzo, all'incapacità di recuperare da sforzo ridotto, ad anomalie neuroendocrine, riducenti la funzione dei linfociti natural killer, e a forme di intolleranza ortostatica tra cui la sindrome di tachicardia ortostatica posturale, l'ipotensione neuro-mediata, e l'ipotensione ortostatica.

Il ruolo delle infezioni virali e batteriche è stato spesso proposto, essendo che sintomi simili possono verificarsi a seguito di gravi infezioni, tuttavia i dati attuali non supportano la presenza di un processo infettivo nel mantenimento della malattia ma solo nello scatenamento; uno dei risultati più consistenti nelle persone a cui è stata diagnosticata la malattia è la scarsa funzionalità delle dette cellule dei linfociti NK, a differenza degli altri linfociti. La riduzione di questa funzione è correlata con la gravità della malattia. I fattori immunologici, tra cui l'attivazione cronica o la soppressione del sistema immunitario possono contribuire a sintomi di CFS, ma non possono rappresentare il quadro completo.

Le persone con diagnosi acclarata sembrano avere comunque una risposta immunitaria anomala, in particolare, un maggiore stress ossidativo che è generato da ridotta risposta immunitaria antiossidante, e maggiore quantità di interleuchina 10 e toll-like receptor 4. Molte di queste risposte immunitarie sono correlate con il sintomo di malessere post-esercizio.

Diversi studi hanno evidenziato che i pazienti hanno indicatori più bassi nei test da sforzo cardiopolmonare, anche a 24 ore di distanza, specie nei test di ventilazione. Questi risultati sembrano essere specifici per la CFS e fornire prove oggettive per la ridotta capacità di recuperare dallo sforzo comunemente riportata dai pazienti. Un numero consistente di anomalie nell'asse ipotalamo-ipofisi-surrene (HPA) è stato evidenziato nei pazienti con CFS, ed esse possono includere ipocortisolismo mite (variazione diurna del cortisolo), un feedback negativo maggiore del cortisolo, talvolta un disordine iper-serotoninergico (questo sarebbe in contrasto con la depressione e l'ansia di molti pazienti, effetto invece di bassi livelli di serotonina). Non è chiaro se questi disturbi svolgano un ruolo primario nella patogenesi della CFS o abbiano solo un ruolo secondario nell'esacerbare o perpetuare i sintomi nel corso della malattia.

Un'ipotesi prevede anche la CFS come evoluzione, spontanea o dovuta a fattori esterni come trattamenti a base di L-triptofano o cambiamenti nella dieta, della mialgia eosinofilica, cioè il dolore muscolare causato dall'aumento dei globuli bianchi eosinofili nel sangue (eosinofilia), solitamente dovuto a reazioni autoimmuni come, specialmente, le allergie gravi.

La CFS è una malattia cronica. Non essendo stata ancora accertata una causa scatenante non vi è, ad oggi, una cura che non sia il mero controllo dei sintomi; tuttavia, vi sono cure sperimentali, come alcuni immunomodulatori (timopentina), che sembrano aver dato significativi miglioramenti della malattia rispetto a un campione che non ha assunto il farmaco; altri farmaci sperimentati sono immunoglobuline ad alte dosi, magnesio, acetilcarnitina, antivirali come amantadina e aciclovir.

Comunemente vengono molto usati farmaci anti-sintomatici per contrastare rispettivamente i sintomi più invalidanti, come gli antidolorifici e gli antinfiammatori contro i dolori, e gli stimolanti contro la difficoltà di concentrazione e l'astenia. Talvolta anche i miorilassanti, gli integratori, la fisioterapia, i cortisonici, il riposo e una moderata ginnastica possono aiutare. Lo sforzo fisico, che può migliorare l'umore e la resistenza muscolare, non deve essere mai troppo intenso per evitare di scatenare i sintomi della malattia. Anche la psicoterapia può inoltre sostenere nel superare le difficoltà psicologiche legate alla condizione fisica.




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