venerdì 15 gennaio 2016

LA POLIOMIELITE



La poliomielite è stata riconosciuta come malattia da Jakob Heine nel 1840, mentre il suo agente eziologico, il poliovirus, è stato identificato nel 1908 da Karl Landsteiner. Anche se le principali epidemie di polio erano sconosciute prima della fine del XIX secolo, la poliomielite è stata una delle malattie infantili più temute del XX secolo. Epidemie di polio hanno paralizzato migliaia di persone, soprattutto bambini; in caso di paralisi del diaframma, poteva portare alla morte per soffocamento. L'uomo ha convissuto tranquillamente per migliaia di anni con il poliovirus come patogeno endemico; questo fino al 1880, quando in Europa iniziarono grandi epidemie che, poco dopo, si diffusero anche negli Stati Uniti.

Nel 1910 gran parte del mondo ha sperimentato un drammatico aumento di casi di polio, e le epidemie sono diventate eventi regolari, soprattutto nelle grandi città e durante i mesi estivi. Queste epidemie hanno fornito l'impulso per una "grande corsa" verso lo sviluppo di un vaccino. Esso fu realizzato nel 1950 e, grazie alla sua diffusione, i casi globali di poliomielite si sono ridotti in breve tempo da centinaia di migliaia a meno di mille. Grazie alle campagne di vaccinazione condotte dal Rotary International, dall'Organizzazione Mondiale della Sanità e dall'UNICEF si dovrebbe arrivare all'eradicazione globale della malattia, traguardo attualmente raggiunto solo per il vaiolo, nel 1978, e per la peste bovina, nel 2011.
Gli effetti della poliomielite sono noti fin dall'antichità. Dipinti e sculture egizie raffigurano individui che presentano i segni caratteristici della malattia. La prima descrizione clinica fu formulata dal medico inglese Michael Underwood nel 1789, che la indicò come "una debolezza degli arti inferiori". Il lavoro dei medici Jakob Heine, nel 1840, e Karl Oskar Medin, nel 1890, portò la malattia ad essere conosciuta come "malattia di Heine-Medin". Più tardi fu rinominata "paralisi infantile", in base alla sua propensione a colpire i bambini.

Prima del XX secolo, le infezioni da polio si verificavano raramente nei bambini di età inferiore ai sei mesi, mentre la maggior parte dei casi interessavano bambini da sei mesi a quattro anni. Le condizioni igienico-sanitarie scarse dell'epoca portavano ad una costante esposizione al virus, fatto che permetteva lo sviluppo di un'immunità naturale all'interno della popolazione. Nei paesi economicamente avanzati degli inizi del XX secolo furono apportati miglioramenti nei servizi igienico-sanitari, compreso lo smaltimento delle acque reflue e la disponibilità di acqua potabile per tutti. Questi cambiamenti aumentarono drasticamente il numero di bambini e adulti a rischio di infezione da polio paralitica e ridussero l'esposizione al virus nella prima infanzia e, di conseguenza, la diffusione dell'immunità alla malattia.

Intorno al 1900 iniziarono ad apparire, in Europa e negli Stati Uniti, piccole epidemie localizzate di poliomielite paralitica. Durante la prima metà del XX secolo, i focolai in Europa, Nord America, Australia e Nuova Zelanda fecero raggiungere alla malattia proporzioni pandemiche. A partire dal 1950 l'incidenza del picco di infezione si spostò nella fascia di età compresa tra i cinque e i nove anni. Negli Stati Uniti, nel 1952 un'epidemia di polio fece registrare quasi 58.000 casi in un anno con 3145 morti e 21.269 paralisi lievi.

I reparti di terapia intensiva hanno avuto la loro origine nella lotta contro la polio. La maggior parte degli ospedali avevano limitate disponibilità di polmoni di acciaio per i pazienti non in grado di respirare autonomamente. Furono istituiti centri respiratori destinati ad assistere i pazienti più gravi, il primo dei quali fu realizzato nel 1952 presso l'Ospedale Blegdam di Copenhagen dall'anestesista danese Bjørn Ibsen; questi sono stati i precursori delle successive unità di terapia intensiva. Un anno dopo, lo stesso Ibsen creò il primo reparto di terapia intensiva al mondo.

Le epidemie di polio non hanno solo cambiato la vita di chi vi è sopravvissuto, ma hanno anche provocato profondi mutamenti culturali. Esse hanno, infatti, spronato campagne di raccolta fondi che hanno rivoluzionato la filantropia medica e dato origine alla terapia riabilitativa. Inoltre, grazie a campagne informative, si è creata maggior sensibilità nella popolazione riguardo ai diritti sociali e civili dei disabili.

Sebbene nel XXI secolo sia rara nel mondo occidentale, la poliomielite è ancora endemica in alcuni Stati del mondo, come nel sud dell'Asia e in Nigeria. Dopo la diffusione del vaccino antipoliomielite a metà degli anni 1950, l'incidenza della malattia è diminuita drasticamente in molti paesi industrializzati. Uno sforzo globale per l'eradicazione della polio è iniziato nel 1988, grazie all'Organizzazione Mondiale della Sanità (OMS), all'UNICEF e al Rotary International. Questi interventi hanno ridotto del 99% il numero dei casi diagnosticati all'anno: dai circa 350.000 casi registrati nel 1988 ai 483 casi nel 2001, con una media di circa 1000 casi negli anni seguenti (1606 nel 2009). La poliomielite è una delle uniche due malattie attualmente oggetto di un sistema globale di eradicazione programmata, insieme alla malattia parassitaria dracunculiasi. Finora, le uniche malattie completamente eradicate dal nostro pianeta sono il vaiolo, sconfitto nel 1979, e la peste bovina, debellata nel 2011.

Una serie di pietre miliari nel processo di eradicazione sono già state raggiunte e diverse regioni del mondo sono stati certificate come polio-free. Le Americhe sono state dichiarate libere nel 1994. Nel 2000 la polio è stata ufficialmente eliminata in 36 Paesi del Pacifico occidentale, comprese la Cina e l'Australia. L'Europa è stata dichiarata libera dalla polio nel 2002. L'ultimo caso di malattia in India risale a gennaio 2011 e il paese è stato quindi rimosso dalla lista dei paesi endemici, nel 2014 è stato dichiarato libero da poliomielite. A partire dal 2012, la polio rimane endemica in soli tre paesi: Nigeria, Pakistan e Afghanistan, anche se continua a causare epidemie nei Paesi limitrofi a causa delle trasmissioni. Ad esempio, nonostante l'eliminazione avvenuta dieci anni prima, è stato confermato un focolaio in Cina nel settembre del 2011 che coinvolge un ceppo attestato nel vicino Pakistan.

Nel 1999 si verifica l'ultima infezione paralitica naturale da parte del poliovirus di tipo 2. Nonostante l'OMS l'abbia presto dichiarato eradicato dal mondo, questo virus si è ripresentato come contagioso e paralitico, a causa di alcune mutazioni subentrate nei virus inoculati tramite la vaccinazione di tipo Sabin, ed ora la variante vaccinica circola in molti Paesi del mondo, risultando contagioso per via oro-fecale e capace di produrre paralisi, anche mortali.

Il termine "poliomielite" viene utilizzato per identificare la malattia causata da uno qualsiasi dei tre sierotipi di poliovirus. Sono stati descritti due modelli di base di infezione da polio: una malattia minore, che non coinvolge il sistema nervoso centrale (SNC), a volte chiamata "poliomielite abortiva", e una grave malattia che coinvolge l'SNC e che può essere paralitica o non-paralitica. Nella maggior parte delle persone dotate di un normale sistema immunitario, l'infezione da poliovirus risulta asintomatica. Raramente l'infezione produce manifestazioni cliniche lievi; queste possono includere infezioni delle alte vie respiratorie (faringite) con febbre, disturbi gastrointestinali (nausea, vomito, dolore addominale, stitichezza o raramente diarrea) e una condizione simile all'influenza.

La poliomielite è una grave malattia infettiva a carico del sistema nervoso centrale che colpisce soprattutto i neuroni motori del midollo spinale. In Italia, nel 1958, furono notificati oltre 8mila casi. L’ultimo caso americano risale al 1979, mentre nel nostro paese è stato notificato nel 1982.
La malattia è causata da tre tipi di polio-virus (1,2 e 3), appartenente al genere enterovirus, che invade il sistema nervoso nel giro di poche ore, distruggendo le cellule neurali colpite e causando una paralisi che può diventare, nei casi più gravi, totale. In generale, la polio ha effetti più devastanti sui muscoli delle gambe che su quelli della braccia. Le gambe perdono tono muscolare e diventano flaccide, una condizione nota come paralisi flaccida. In casi di infezione estesa a tutti gli arti, il malato può diventare tetraplegico. Nella forma più grave, quella bulbare, il virus paralizza i muscoli innervati dai nervi craniali, riducendo la capacità respiratoria, di ingestione e di parola. In questo caso, è necessario supportare il malato con ausili nella respirazione. Negli anni ’50, erano molto diffusi a questo scopo i polmoni d’acciaio, sostituiti oggi da strumenti assai più agili.



Il contagio avviene per via oro-fecale, attraverso l’ingestione di acqua o cibi contaminati o tramite la saliva e le goccioline emesse con i colpi di tosse e gli starnuti da soggetti ammalati o portatori sani. Il poliovirus si moltiplica nella mucosa oro-faringea, nell’intestino e nei tessuti linfatici sottostanti e può diffondersi anche attraverso le feci, ben prima che i sintomi della malattia siano evidenti. L’uomo rappresenta l’unico serbatoio naturale del virus della poliomielite, che può colpire persone di tutte le età ma principalmente si manifesta nei bambini sotto i tre anni.

La polio colpisce soprattutto i bambini sotto i cinque anni di età. Anche i soggetti immunizzati possono venire infettati dal virus, senza svilupparne i sintomi, e trasmetterlo ad altri. Data la ridotta probabilità che un individuo infettato sviluppi sintomi chiari e visibili, come la paralisi, la catena di trasmissione può allargarsi rapidamente, soprattutto in assenza di misure igieniche adeguate.
Solo l’1% dei malati di polio sviluppano la paralisi, il 5-10% sviluppa una forma di meningite asettica, il restante 90% circa sperimenta solo sintomi simili a una influenza e ad altre infezioni virali. Non sono chiari i motivi che portano un individuo a sviluppare la forma più grave di polio, ma tra i fattori di rischio l’Oms cita:
immunodeficienza
gravidanza
rimozione delle tonsille
iniezioni intramuscolari
esercizio fisico vigoroso e/o esagerato
ferite o lesioni

Sintomi iniziali della malattia sono febbre, stanchezza, vomito, irrigidimento del collo e dolori agli arti. Una minima parte delle infezioni, circa una su duecento secondo i dati Oms, porta a una paralisi irreversibile, mentre il 5-10% dei malati muore a causa della paralisi dei muscoli dell’apparato respiratorio. La paralisi è la manifestazione più evidente della malattia, ma solo l’1% dei malati presenta questo sintomo, mentre nel 90% dei casi.
E’ importante sottolineare che la paralisi flaccida acuta (AFP) generata dal poliovirus è simile nei sintomi e nelle manifestazioni ad altre malattie come la sindrome di Guillain-Barré, la mielite trasversa, la poliradiculoneurite, la neurite traumatica e quella neoplastica. Solo l’isolamento e la tipizzazione dell’agente patogeno consentono di valutare l’effettiva incidenza della polio rispetto all’insieme delle AFP. A tal fine è stato avviato dall’Oms un sistema di sorveglianza mondiale. In Italia, presso l’Istituto superiore di sanità, è attivo il progetto italiano di sorveglianza delle paralisi flaccide acute, che permette un monitoraggio accurato anno per anno dei casi di paralisi.

Non esistono cure per la poliomielite, se non trattamenti sintomatici che possono solo in parte minimizzare gli effetti della malattia. L’unica strada per evitare potenziali conseguenze è la prevenzione tramite vaccinazione. Esistono due tipi di vaccini diversi: quello “inattivato” di Salk (IPV), da somministrare con iniezione intramuscolo, e quello “vivo attenuato” di Sabin (OPV), da somministrare per via orale. Il vaccino di Sabin, somministrato fino ad anni recenti anche in Italia, ha permesso di eradicare la poliomielite in Europa ed è raccomandato dall’Organizzazione mondiale della sanità nella sua campagna di eradicazione della malattia a livello mondiale. L’obiettivo dell’Oms è infatti quello di eliminare completamente la presenza della malattia, seguendo il successo ottenuto con il vaiolo nel 1980. In Italia, per decisione della Conferenza Stato Regioni nel 2002, dopo l’eradicazione completa della polio in Europa, l’unica forma di vaccino somministrato è quello inattivato. Presso il Ministero della salute viene mantenuta una scorta di vaccino orale attivo come misura precauzionale, in caso di emergenza e di importazione del virus.

Spesso si verificano complicanze residue di polio paralitica in seguito al processo del recupero iniziale. Paresi muscolare e paralisi, a volte, possono portare a deformità scheletriche, al blocco delle articolazioni e a difficoltà di movimento. Una volta che i muscoli dell'arto diventano flaccidi possono interferire con la funzionalità degli altri muscoli. Una tipica manifestazione di questo problema è il piede equino. Questa deformità si sviluppa quando i muscoli che fanno abbassare le dita sono in grado di lavorare, mentre quelli che le innalzano non lo sono, e il piede tende naturalmente a cadere verso il suolo. Se il problema non viene trattato il tendine di Achille si può ritrarre e il piede non è più in grado di assumere la posizione fisiologica.

Le vittime della polio che sviluppano il piede equino non sono più in grado di camminare, poiché non possono più appoggiare a terra il tallone. Una situazione simile si può sviluppare con la paralisi delle braccia. In alcuni casi in pazienti pediatrici la crescita di una gamba viene rallentata dalla poliomielite, mentre l'altra continua a crescere normalmente. Il risultato è una gamba più corta dell'altra, con il paziente costretto a zoppicare ed appoggiarsi ad un bastone sul lato della gamba corta. Ciò, a sua volta, porta a deformazioni della colonna vertebrale, in particolar modo di tipo scoliotico. Possono, altresì, verificarsi osteoporosi e un'accresciuta probabilità di fratture patologiche.

L'uso prolungato di stampelle o sedie a rotelle possono causare neuropatia da compressione, come pure una perdita di funzionalità delle vene delle gambe, che può dare ristagno di sangue negli arti inferiori paralizzati. Le complicanze da immobilità prolungata, che possono coinvolgere polmoni, reni e cuore sono edema polmonare, polmonite ab ingestis, infezioni delle vie urinarie, calcoli renali, ileo paralitico, miocardite e cuore polmonare.

Tra gli individui che sopravvivono alla poliomielite paralizzante nell'infanzia, una percentuale compresa tra il 25 ed il 50% sviluppa ulteriori sintomi decenni dopo il recupero dall'infezione acuta, in particolare debolezza muscolare e estrema stanchezza. Questa condizione è nota come sindrome da post-poliomielite (PPS). Si ritiene che i sintomi della PPS siano causati da un malfunzionamento delle sovradimensionate unità motorie createsi durante il recupero dalla malattia paralizzante.



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