Il virus Zika è una vecchia conoscenza. Veicolato dalle zanzare Aedes (stessa famiglia della tigre) fu identificato per la prima volta in Uganda nel 1947, e fino a poco tempo fa si era diffuso principalmente in Africa e Asia. Negli Anni 60 e 70 è stato individuato in alcune scimmie in Nigeria ma dopo un’epidemia in Micronesia nel 2007 potrebbe essere arrivato in Sudamerica fra il 2014 e il 2015. Adesso, secondo l’Oms, i Paesi a rischio in tutto il mondo sono 22.
Dal momento della sua scoperta ha causato piccole e contenute epidemie in alcuni paesi di Africa e Sudest asiatico. In Brasile è arrivato lo scorso maggio e nel giro di sei mesi ha infettato, complice forse la mancanza di naturale immunità al virus nel continente, ben 1,5 milioni di persone.
Soltanto un quinto delle persone infettate si ammala effettivamente, e i sintomi non vanno in genere al di là dei classici dell'influenza: febbre, eruzioni cutanee, dolori alle articolazioni, occhi rossi.
A ottobre le autorità sanitarie brasiliane hanno svelato però un aspetto più preoccupante: la correlazione dell'infezione da virus Zika con un aumento impressionante dei casi di microcefalia - una riduzione nella crescita di cranio e cervello con conseguenti gravi problemi neurologici - nei neonati e di alcune malattie neurologiche e autoimmuni - come la sindrome di Guillain-Barré, una condizione che può portare alla paralisi - negli adulti.
Anche se un legame causa effetto non è ancora stato scientificamente dimostrato, la comparsa di Zika in Brasile è coincisa con l'impennata dei casi di microcefalia tra i neonati: da ottobre ad oggi, quelli registrati sono 3.893 e in continua ascesa. Un incremento del 2500% rispetto al 2014, quando i casi di microcefalia sono stati 150.
L'allarme è stato dato a ottobre dai medici di Pernambuco, nel nordest del Brasile e nessuna delle cause ad oggi note per lo sviluppo ridotto di cranio nel feto - l'uso di alcol e droghe in gravidanza, la rosolia, anomalie genetiche o l'esposizione ad alcune sostanze chimiche - basta a spiegare l'accaduto.
Zika è il principale indiziato anche dopo che gli esperti dei Centres for Disease Control and Prevention (CDC) americani hanno annunciato di aver trovato tracce del virus in feti con microcefalia morti nell'utero o poco dopo la nascita. La prova che il virus si trasmette da madre a figlio e passa attraverso il liquido amniotico.
Ecco perché, mentre le autorità sanitarie sconsigliano alle donne incinte di recarsi in viaggio nei paesi colpiti, quelle di Brasile, Ecuador, El Salvador e Jamaica si sono spinte oltre e hanno chiesto alle donne che progettano una gravidanza di rimandare i loro piani fino a quando l'emergenza non sarà contenuta.
Le autorità sanitarie nazionali raccomandano alle donne incinte o alle donne che stanno pensando di iniziare una gravidanza di riconsiderare eventuali decisioni su viaggi nei paesi in cui l'epidemia è più diffusa, in particolare in Brasile (che sarà meta di turismo di massa durante le Olimpiadi) e Colombia, El Salvador, Guiana francese, Guatemala, Haiti, Honduras, Martinica, Messico, Panama, Paraguay, Portorico, Suriname e Venezuela.
In gravidanza, il virus Zika rappresenta un pericolo in qualunque trimestre, ma soprattutto nel primo e all'inizio del secondo trimestre, per la fase di sviluppo neurologico in cui si trova il feto e perché nelle prime settimane è più facile che una donna non sappia ancora di essere incinta e sia meno prudente nella profilassi anti-zanzare.
Alle donne incinte di ritorno da un viaggio nei paesi colpiti si raccomanda di recarsi dal proprio medico curante se sono state nelle aree interessate dal virus o se si presentano sintomi riconducibili a quelli descritti, e in generale una particolare attenzione agli esami ecografici.
Ricercatori di Stati Uniti, Brasile e altre nazioni stanno già lavorando a un vaccino.
In questo momento, la lotta a Zika si gioca tutta sull'eradicazione delle zanzare vettore, le uniche responsabili della trasmissione del virus (che non si trasmette da uomo a uomo). Questi insetti pungono in genere di giorno - le zanzariere intorno ai letti non sono quindi così efficaci - e si moltiplicano attorno alle acque stagnanti. Sbarazzarsi dei focolai in cui si annidano è il primo passo per contenere l'epidemia.
Il virus Zika che sta flagellando l’America del Sud e che ha fatto registrare casi anche in Messico, Stati Uniti ed Europa «può essere trasmesso attraverso il sangue, ma questo è un meccanismo di trasmissione non frequente». È l’allerta dell’Organizzazione mondiale della Sanità (Oms) e della Pan American Health Organization in una dichiarazione emessa oggi. Per questo, afferma l’Oms, «precauzioni standard, che sono già in essere per assicurare donazioni e trasfusioni di sangue sicure, dovrebbero essere seguite».
Il virus è alla base di malformazioni nei feti, come la microcefalia, a causa della probabile trasmissione della patologia dalla madre durante la gravidanza. Per questo le autorità del Centro e Centro e Sud America potrebbero far rimettere in discussione le leggi anti-aborto presenti in diversi Paesi. Molti Paesi già colpiti, come il Brasile, El Salvador, Haiti, Honduras e Suriname, hanno norme restrittive sull’aborto o lo vietano in toto. L’epidemia di virus Zika sta dimostrando però come queste leggi potrebbe far pagare un prezzo davvero elevato in termini di vite umane. Perciò movimenti e associazioni stanno chiedendo di rivederle. Il tasso di bambini colpiti da microcefalia in Brasile, dove si sono registrati migliaia di casi di virus Zika, è aumentato di 20 volte da quando si è scoperto il primo paziente. In questo paese l’aborto è illegale tranne che nei casi di stupro, pericolo di vita della madre o del feto per la deformazione del cervello. Ma per dimostrare di rientrare in quest’ultimo caso occorre un’ecografia accurata che spesso non è accessibile a tutte le donne.
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