giovedì 7 gennaio 2016

UTERO IN AFFITTO



La surrogazione di maternità o gestazione per altri o gestazione d'appoggio, talvolta denominata in modo apertamente critico "utero in affitto", è il ruolo che nella fecondazione assistita è proprio della donna (madre portante) che assuma l'obbligo di provvedere alla gestazione ed al parto per conto di una persona o una coppia sterile, alla quale si impegna a consegnare il nascituro. La fecondazione può essere effettuata con seme e ovuli sia della coppia sterile che di donatori e donatrici attraverso concepimento in vitro.

La surrogazione in pratica si ha quando una donna si presta a portare a termine un'intera gravidanza, fino al parto, su commissione di single o coppie sterili.

Esiste, in molti paesi, il concetto legale per cui la donna che partorisce un bambino ne è considerata la madre a tutti gli effetti, e gli accordi prenatali sulla futura nascita sono considerati del tutto nulli (come, ad esempio, in Italia), anche se alcuni (come ad esempio il Canada) ne proibiscono solo la forma commerciale, ammettendone quella "altruista". Altri ancora, invece, permettono entrambe le forme (Belgio, Georgia, Ucraina).

«Vogliamo che l’utero in affitto diventi un reato universale e venga punito con il carcere». A dirlo, in un’intervista ad Avvenire, il leader di Ncd e Ministro dell’Interno Angelino Alfano: «la stepchild adoption (l’istituto che consente l’adozione da parte di un partner del figlio naturale o adottivo dell’altro partner) rischia davvero di portare il Paese verso l’utero in affitto, verso il mercimonio più ripugnante che l’uomo abbia saputo inventare. Se l’Italia avrà una legge che consente la stepchild alle coppie gay il giorno dopo avvieremo una grande raccolta di firme per il referendum abrogativo. E io sarò in prima linea». Parole dure, quelle pronunciate da Alfano che dice: «utero in affitto deve essere punito con il carcere come i reati sessuali».

La legge sulle unioni civili arriverà a Palazzo Madama il prossimo 26 gennaio. E Alfano dice: «Ci sono due settimane di tempo, le utilizzeremo per dialogare e parlarci. Ma la nostra posizione resta scritta a caratteri cubitali: `sì´ a una legge che preveda specifici e precisi diritti patrimoniali, `no´ a qualsiasi assimilazione alla famiglia costituzionale. E soprattutto `no´ all’adozione sotto qualsiasi forma». Poi l’avvertimento al Partito Democratico: «Le unioni civili non fanno parte del programma del Governo - ha sottolineato il ministro dell’Interno in un’intervista al Tg1 - ma c’è il rischio che la palla di neve diventi una slavina. Spero che il Pd trovi un punto di equilibrio»«Vogliamo che l’utero in affitto diventi un reato universale e venga punito con il carcere». A dirlo, in un’intervista ad Avvenire, il leader di Ncd e Ministro dell’Interno Angelino Alfano: «la stepchild adoption (l’istituto che consente l’adozione da parte di un partner del figlio naturale o adottivo dell’altro partner) rischia davvero di portare il Paese verso l’utero in affitto, verso il mercimonio più ripugnante che l’uomo abbia saputo inventare. Se l’Italia avrà una legge che consente la stepchild alle coppie gay il giorno dopo avvieremo una grande raccolta di firme per il referendum abrogativo. E io sarò in prima linea».




Viaggio nella nuova frontiera della maternità. Nell’Est, dove si può trovare una donna che porterà avanti una gravidanza altrui «ospitando» seme e ovulo. Il tutto per 20-40 mila euro. Illegale? In Italia sì, ma solo in teoria

Kiev - Sembra una ragazzina. Capelli neri lisci, sciarpa viola, una maglietta rosa di lana aderente, pancia piattissima. «L’ultimo film che ho visto? Madagascar 2: bellissimo» si illumina.

Ma non va spesso al cinema, questa venticinquenne che chiameremo Mascia, perché nella cittadina della Crimea dove vive ci sono pochissime sale e ancor meno occasioni. Ha un figlio suo di due anni. E un altro, che porterà in grembo per conto di una coppia italiana, nascerà tra un anno, se tutto va bene. E’ una delle madri surrogate che l’Ucraina offre. Un genere di export locale in crescita. Perché sempre più donne occidentali, quando non riescono a portare avanti una gravidanza, esauriti tutti gli altri tentativi, cercano un «utero in affitto».

Da noi non si può: si rischia la galera. In Ucraina è lecito (come in Russia, Israele, Usa, Gran Bretagna) e con 10 mila euro magari alla «prestatrice» cambia la vita perché, in campagna, ci si compra una casetta. «I soldi? Non ho ancora pensato a come spenderli» giura la nostra futura mamma per procura. Per spiegare la sua decisione questa neolaureata in filosofia va indietro di oltre duemila anni: «Nell’antico Egitto prima di morire gli dei valutavano la tua vita in base a due domande. Sei stato felice? Hai aiutato qualcuno ad esserlo? Ecco, io volevo sentirmi a posto su entrambi i fronti. E ho deciso di fare questa cosa». «Questa cosa» è accettare che un ovulo di una donna italiana fecondato dal seme del marito cresca dentro di lei e diventi un bambino che darà alla luce per consegnarlo subito ai genitori genetici. Senza niente pretendere, se non quel compenso che il contratto prevede. Siamo al confine estremo dell’outsoureing umano.

Le donne del mondo industrializzato vogliono un figlio che possono permettersi economicamente, ma non fisicamente. Le «donatrici» indiane, brasiliane, dell’Est Europa hanno lombi fecondi e non un euro in tasca. Che domanda e offerta finissero per incontrarsi secondo logiche globalizzate era fatale. Ci si può chiedere se il prezzo sia giusto. Discutere sulle implicazioni etiche. Senza illudersi di arginare il bisogno più di quanto si possa con i container cinesi. Non sono gli stessi numeri, certo. Ma anche qui le stime non potrebbero essere più discordanti. Per Olga Zakharova, presidentessa dei Centro studi italo ucraino di Kiev (l’altra sede è Milano), il viaggio della speranza lo compirebbero 60-100 coppie nostrane all’anno, con una percentuale di successi intorno al trenta per cento. È lei che le assiste per risolvere i problemi pratici durante il soggiorno. Se si propone questa cifra al consolato italiano a Kiev; fonti diplomatiche trasaliscono: «In tutto il 2008 abbiamo registrato solo due bebè nati qui a coppie italiane.

E se pensassimo che siano "surrogati" dovremmo avvertire la magistratura». Qualcuno sbaglia, per eccesso o per difetto. Alla richiesta di un’expertise Federica Casadei, fondatrice di Cercounbimbo.net che raccoglie un’infinità di testimonianze su ogni aspetto della procreazione assistita, concede che «una sessantina all’anno sono credibili tra Ucraina, Russia e Stati Uniti, con la prima destinazione largamente maggioritaria. In base alle mie conoscenze direi che in questo momento a Kiev ci sono 5-6 coppie in trattamento». Le cifre sono opache perché nessun protagonista vuole illuminarle. Il rischio è che in Italia qualcuno impugni la maternità. O contesti l’alterazione di stato, ovvero la falsa dichiarazione su un documento. Da 5 a 15 anni per aver forzato le maglie di una delle leggi più restrittive del mondo in materia riproduttiva. Perché se è chiara la trafila, lo stesso non può dirsi della conseguenze giuridiche una volta tornati in patria. In breve funziona così.

Per la legge ucraina, la coppia «committente» dev’essere sposata, contribuire con almeno metà del patrimonio genetico e dimostrare di non poter portare a termine la gravidanza (sembra pleonastico ma serve a scoraggiare che donne provino a subappaltare il travaglio, per non perdere la linea). La madre surrogata, invece, deve avere già un figlio suo, essere tra i 20 e i 30 anni e risultare sana a tutte le analisi prescritte. A reclutarla ci pensano di solito avvocati specializzati che poi la presentano a una delle venti cliniche riproduttive del Paese. Nel contratto c’è scritto che la giovane si impegna a disconoscere il figlio biologico appena partorito e che sul certificato saranno indicati solo i nomi del padre genetico e della moglie. Con questo foglio debitamente tradotto e «apostillato» i neo-genitori si presentano al consolato e fanno registrare il bimbo sul loro passaporto, per riportarlo a casa. «Ma, per il nostro codice, madre è solo chi partorisce» spiega l’avvocato Giuseppe Cassano «e la legge 40, completamente sconclusionata, complica ulteriormente specificando che la partoriente non può chiedere di non essere menzionata». Non solo: «Per le nostre norme non basta essere la moglie del padre per diventare madre del bimbo, servirebbe un’adozione speciale».

La formula all-inclusive costa 40 mila euro. Ce la si può cavare anche a meno, con un conto suddiviso più o meno cosi:10 mila euro alla madre surrogata, 10 alla clinica, 5 agli avvocati che fanno anche da reclutatori, 3 all’interprete-factotum e altrettanti per l’appartamento che dovrà ospitare la coppia a Kiev, durante ì due soggiorni. Tanti soldi comunque, da versare in 5-6 rate. «Mai pagare in anticipo» si raccomanda Raimondo Terzaghi, marito della Zakharova e altra metà del Centro studi che ha assistito negli anni varie coppie truffate da intermediari trovati su internet e poi dileguatisi dopo aver intascato un bell’acconto. Ci racconta anche di quando un tipaccio l’ha minacciato sotto l’ufficio ucraino: «Se ci tieni alla vita non provare mai più a parlare male di rispettabili avvocati». Quelli, per intenderci, spariti sul più bello con la refurtiva. Sgherri, sensali, professionisti dal sorriso professionalmente insincero. Si ha la spiacevole sensazione di non potersi fidare di nessuno in questa città. Dove, in un bell’albergo del centro, propongono sesso in camera al visitatore straniero come fosse toast e succo d’arancia. Mai visti tanti suv scuri, con vetri anneriti, parcheggiati in doppia fila in centro. Nonostante i marciapiedi ghiacciati è la capitale mondiale dei tacchi a spillo, montati su stivali di vernice ai piedi di donne che sembrano appena uscite da un set di Helmut Newton.

E però è anche il Paese stretto tra l’incudine dell’Occidente e il martello della Russia che le chiude le forniture di gas per spingerla a fare la cosa giusta nella scelta del lato verso cui pendere. I ragazzi, il termometro sotto lo zero, si preparano all’austerità in happy hour autarchici con bottiglie tracannate sulle scale della metropolitana, per sfruttare il caldo che emana. Ecco, dicevamo, diecimila euro possono aiutare quando un operaio ne prende 150 al mese. La dottoressa Galina Strelko, direttrice sanitaria della clinica Viktoria, ci racconta di una donna resa cieca da un incidente sul lavoro che non aveva altro modo di trovare i soldi per l’operazione che le avrebbe restituito parzialmente la vista. O di una mamma sola che doveva tirar su la somma per far operare la figlia. «Altrimenti» dice questo medico formato in Francia «sono studentesse o neo-madri che, approfittando del congedo di tre anni dal lavoro, decidono di ottimizzarlo facendo un figlio per altri».

Coppie italiane? Lei ne ha trattate sette nell’ultimo anno e mezzo: «Due bimbi sono nati, altri due stanno per nascere». Con una di quelle che ce l’ha fatta ci fanno parlare al telefono. Sono rientrati in Italia e ancora non si capacitano. Due operai dei Nord, 42 e 40 anni, provavano da dieci anni ad avere un bambino ma lei rimaneva incinta e poi lo perdeva. «Siamo contentissimi. Abbiamo trovato il contatto su internet, conosciuto la madre e adesso ho in braccio questi due meravigliosi gemellini». Non sono mai stati così contenti di aver speso 20 mila euro. Altre coppie seguiranno il loro esempio perché, nonostante i rischi legali che una giurisprudenza ragionevole ha sin qui relegato nel dominio della teoria, la voglia di avere un bambino è più forte. Mascia, la futura mamma per procura, non è preoccupata dei mesi che la aspettano. Il suo primo parto è andato benissimo. «Ha un utero perfetto» si erano complimentati in ospedale. Una frase che le ha ronzato in testa da allora. E a suo figlio che racconterà di quella grande pancia da cui non uscirà un fratellino? «Niente. Negli ultimi mesi lo manderò a vivere dai nonni». Lei è pronta, lui potrebbe non esserlo.

Una giornalista dei «New York Times» racconta la sua felice esperienza di maternità insieme con la sua «prestatrice» di utero ma in America è tutta un’altra cosa...
Tutta un’altra storia. Quella della giornalista statunitense che racconta la sua esperienza di «maternità surrogata» sul Magazine del New York Times è insieme identica e opposta a quelle che a Kiev riguardano coppie italiane. Identici il bisogno e le tecniche riproduttive. Opposto tutto il resto. Negli Stati Uniti le protagoniste si fanno fotografare sorridenti in copertina, in Ucraina non vogliono neppure essere citate con i loro veri nomi.



La differenza la fa una legge, la nostra, che rende illegale la procedura e perseguibile chi la pratica. Invece a New York, dopo cinque anni di tentativi, vari aborti spontanei e 12 cicli di fecondazione assistita, Alex Kuczynski si è rivolta a un’agenzia che le ha trovato Cathy, un’insegnante della Pennsylvania. Hanno firmato un contratto e dopo nove mesi è nato un bimbo. Dal ‘76 a oggi, calcola l’Organization of Parents Through Surrogacy, sono venuti al mondo così circa 28 mila bambini negli Stati Uniti. I costi variano dai 30 ai 60 mila dollari, tutto compreso. Più che in Ucraina, senza considerare la maggiore distanza e il viaggio. Il motivo per cui solo i ricchi europei si avventurano a varcare l’oceano. Gli altri prendono un biglietto per Kiev...

Stop agli "uteri in affitto", che riducono la donna, il suo grembo e i bambini a una merce, con lo sfruttamento soprattutto delle donne vulnerabili nei Paesi in via di sviluppo. Questo importante messaggio è emerso in assemblea plenaria al Parlamento europeo, all’interno del Rapporto annuale sui diritti umani e la democrazia nel mondo – riferito al 2014 – e la politica dell’Unione Europea in materia, preparato dal popolare rumeno Cristian Dan Preda.
I vertici del gruppo socialista avevano chiesto di votare contro l'emendamento, ma il gruppo si è poi spaccato e buona parte degli italiani del Pd hanno votato a favore, consentendo a popolari e conservatori di raggiungere il risultato dell'approvazione.

Il Rapporto sui diritti umani, per molti versi controverso, ha visto assorbire un emendamento dell’eurodeputato popolare slovacco Miroslav Mikolasik che segna un punto assolutamente importante, soprattutto a fronte della rapida diffusione della pratica della maternità surrogata, che sempre più attira critiche – ora anche di parte laica e femminista – nonché di vari esponenti omosessuali.

Il paragrafo in questione (il 114) afferma che il Parlamento europeo «condanna la pratica della maternità surrogata, che mina la dignità umana della donna, visto che il suo corpo e le sue funzioni riproduttive sono usate come una merce; considera che la pratica della maternità surrogata, che implica lo sfruttamento riproduttivo e l’uso del corpo umano per profitti finanziari o di altro tipo, in particolare il caso delle donne vulnerabili nei Paesi in via di sviluppo, debba esser vietato e trattato come questione di urgenza negli strumenti per i diritti umani» a disposizione dell’Ue nel dialogo con i Paesi terzi.

Il testo così emendato, prima ancora di essere approvato al Parlamento, aveva già ottenuto amplissima maggioranza in ben tre commissioni parlamentari. Anzitutto in quella che ha l’ultima parola in materia, e cioè gli Affari esteri, con 47 sì, 4 no e 4 astenuti. E così anche nelle altre due commissioni consultate: Sviluppo (22 sì, un no e un astenuto), e Diritti della donna e parità di genere (23 sì, 6 no e nessun astenuto).

Alcuni gruppi (soprattutto Liberali e Sinistra) hanno votato sì al documento nel suo complesso pur non condividendo l’emendamento sulle madri in affitto. Peraltro è stato invece bocciato in sede di commissione parlamentare un altro emendamento (firmato sempre da Mikolasik) che pure sembrava la logica conseguenza (si chiedevano «chiari princìpi e strumenti legali internazionali per l’affrontare le questioni relative alla maternità surrogata allo scopo di prevenire l’abuso di diritti umani come lo sfruttamento delle donne e il traffico di essere umani, e la protezione di diritti, interessi e benessere dei bambini»).

Il gruppo dei Liberali aveva chiesto un voto separato specificamente su questo paragrafo. E i Conservatori, che pure sono favorevoli, avevano chiesto di spezzare in due tronconi il paragrafo – uno relativo alla condanna generale, l’altro alla questione specifica delle donne nei Paesi poveri – e i relativi voti.

Già nel 2011 i Popolari erano riusciti a far passare un emendamento sulla maternità surrogata sempre nell’ambito del rapporto annuale sui diritti umani nel mondo, ma in tutt’altro clima culturale (pareva che la questione non toccasse così da vicino anche l’Europa) e senza che nel testo si facesse menzione di condanne, limitandosi a parlare di «grave problema della maternità surrogata » e affermando che donne e bambini non possono essere «considerati merci sul mercato internazionale della riproduzione».

Da allora il fenomeno non ha fatto che estendersi. Oltre alla condanna della surrogazione di maternità, il documento approvato oggi ribadisce alcuni concetti assai controversi che però erano già entrati nel rapporto annuale dello scorso anno (relatore Pier Antonio Panzeri, Pd) suscitando grande clamore dopo il contestato varo del documento nel suo insieme. Tra questi, l’ampio uso del concetto di «identità di genere», l’incoraggiamento agli Stati membri perché garantiscano alle persone omosessuali «l’accesso a istituti legali, possibilmente attraverso unioni registrate o matrimoni », e la richiesta di assicurare il «facile acceso all’aborto sicuro» nel quadro della pianificazione familiare.

Le trascrizioni nei registri dei bambini nati attraverso la surrogazione di maternità sono regolamentate dal Codice della Famiglia (articoli 51 e 52) e dalla Legge degli Atti dello Stato Civile (articolo 16). La madre surrogata deve dare il suo consenso affinché il nascituro venga registrato. Per questo processo non è necessaria né una risoluzione giuridica, né un processo di adozione. Il nome della madre surrogata, comunque, non compare mai nel certificato di nascita. Non è obbligatorio che il bambino abbia un vincolo genetico con almeno uno dei genitori richiedenti. I bambini nati dalla surrogazione di maternità per richiesta di persone single o coppie di fatto eterosessuali vengono iscritti per analogia della legge (articolo 5 del Codice della Famiglia), anche se potrebbe essere necessaria una risoluzione giuridica.

La legislazione liberale, in questo modo, ha convertito la Russia in una destinazione attraente per i "turisti riproduttivi", che viaggiano all'estero alla ricerca di tecniche non disponibili nei propri paesi d'origine. In Russia, gli stranieri godono degli stessi diritti sulla riproduzione assistita dei russi. Entro i tre giorni successivi al parto, la coppia committente riceve il certificato di nascita russo, nel quale i due risultano come padre e madre.




Seguendo la tradizione romanistica, il diritto italiano ha sempre ammesso il concepito tra i soggetti capaci di succedere. L'attuale articolo 462 del codice civile lo stabilisce a favore di tutti coloro che sono nati o concepiti al tempo dell'apertura della successione. Stabilisce poi la possibilità di ricevere per testamento i figli di una determinata persona vivente al tempo della morte del testatore, benché non ancora concepiti. L'articolo detta secondo la tradizione del curator ventris le disposizioni di amministrazione in caso di eredi nascituri. L'articolo 715 del codice civile fissa, poi, le opportune cautele in caso di chiamata all'eredità di nascituri. L'articolo 784 del codice civile, infine, disciplina il diritto di donazione a favore dei nascituri.

Nell'ordinamento non è presente una definizione giuridica del termine "concepito".

Come di consueto, la nozione tecnica di concepito si ricava attraverso l'interpretazione delle norme esistenti. Per ricavare la nozione di concepito si fa riferimento in primo luogo alla lettera della legge di cui all'art.1 c.c. e alla Costituzione. Del pari sono integrate nel concetto di concepito anche le indicazioni di cui alla l.194/78 e 40/2004. Ulteriori aspetti definitori possono rinvenirsi dalla differenza di significato che passa fra l'embrione, ovulo fecondato già annidato nella cavità uterina, e il concepito in quanto astratta entità umana, non ancora nata ma già individuabile, soggetto di diritti di ordine patrimoniale, come ben delineato nell'interpetazione della Corte Costituzionale. Il concepito è pertanto soggetto del diritto personalissimo alla nascita dopo il 90º giorno dal concepimento: dopo, cioè, che siano scaduti i termini per l'interruzione volontaria di gravidanza previsti dalla legge 194/78. Anteriormente a tale termine può parlarsi di una condizione di tutela cedevole di fronte alle esigenze genitoriali e ordinamentali. Una diversa sorte spetta all'embrione, che segue le vicende normative di legge speciale (l. 40/2004).

La differenza fra embrione e concepito è alla base di differenti tipologie di tutela giuridica. Il concetto di embrione pare dalla legge 40 è utilizzato nella dimensione procedurale e oggettiva-scientifica. Le legge in discorso tratta l'embrione sopra definito come oggetto della tutela. Quando le norme vogliono riferirsi alle situazioni giuridiche delle quali gode l'entità giuridica del concepito (non nato), riprendono l'ampio concetto di "concepito", cui sarebbe offerta una tutela diversa.

In altre parole, la legge parla dell'embrione quale oggetto dei trattamenti sanitari, nel loro aspetto scientifico e non distinguendo ai fini che ci occupano, le diverse fasi di sviluppo dopo la fecondazione. Infatti la legge stabilisce norme sull'attività scientifica, con particolare riferimento alla creazione, sperimentazione e crioconservazione, al fine esplicitato di tutelare questa entità minima di forma di vita. Coerentemente, è notevole la circostanza che venga sancito collateralmente un divieto assoluto di soppressione degli embrioni "fermo restando quanto previsto dalla legge 22 maggio 1978, n. 194", ovvero la legge sull'interruzione volontaria di gravidanza.

Il concepito, sarebbe, come si afferma in alcune massime di giurisprudenza sotto riportate, soggetto di diritti (o almeno di una legittima aspettativa a nascere, che si trasforma in vero e proprio diritto, salvo eccezioni, dopo il 90º giorno dal concepimento), insieme agli altri soggetti individuati dall'articolo 1 della legge 40/2004. Al concepito la legge sembra quindi offrire, in modo peraltro difficilmente conciliabile con l'insieme delle normative in materia, i benefici dello status di soggetto che si va a delineare, garantendo alcune forme di tutela riguardanti, in particolare, la sua condizione rispetto all'intervento sanitario relativo alla procreazione.


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