lunedì 19 ottobre 2015

EMOTRAFUSIONI



In tema di patologie conseguenti ad infezioni con i virus HBV (epatite B), HIV (AIDS) e HCV (epatite C) contratti a causa di assunzione di emotrasfusioni o di emoderivati con sangue infetto, per l'unicità dell'evento lesivo consistente nella lesione dell'integrità fisica, vi è la presunzione di responsabilità del Ministero della salute per il contagio verificatosi negli anni tra il 1979 e il 1989, stante l'avvenuta scoperta scientifica della prevedibilità delle relative infezioni, individuabile nel 1978, con il conseguente obbligo di controllo e di vigilanza in materia di raccolta e distribuzione di sangue umano per uso terapeutico, presunzione che può essere vinta solo se viene fornita dallo stesso Ministero la prova dell'adozione di condotte e misure necessarie per evitare la contagiosità, a prescindere dalla conoscenza di strumenti di prevenzione specifica.

Lo precisa la Corte di Cassazione, terza sezione civile, con la sentenza n. 20934/2015, in accoglimento del ricorso presentato dai figli di una coppia morta per AIDS.
Il padre, sottoposto a trasfusioni nel periodo aprile-maggio 1985, contraeva un'infezione da virus HIV che ne determinava il decesso nell'anno 1987; seguiva poi il decesso della madre nell'anno 1996, dopo essere stata infettata dal marito.

I figli quell'anno avanzarono domanda di risarcimento dei danni loro spettanti sia iure hereditatis che iure proprio, ma i giudici di merito rigettavano la domanda ritenendo prescritto il diritto quanto alla morte del padre e ritenendo non provato il nesso di causa fra l'illecito omissivo ascritto al Ministero e la morte della madre.
I giudici assumevano che lo stato delle conoscenze scientifiche all'epoca della trasfusione praticata al marito avrebbe consentito di prevedere e prevenire la possibilità di contagio.

Per gli Ermellini, invece, la responsabilità del Ministero si presume per il contagio avvenuto tra il 1979 e il 1989 e tale presunzione è superabile solo se risultano forniti elementi idonei.
In caso contrario sussiste un nesso causale giuridicamente rilevante fra l'omissione dei controlli e il contagio e, più in generale, degli elementi necessari a configurare una responsabilità risarcitoria a carico del Ministero.

Per quanto riguarda la prescrizione, i giudici di Cassazione non condividono quanto disposto dai giudici di merito circa la collocazione dell'exordium praescriptionis alla data del decesso dell'uomo.
Il termine di prescrizione del diritto al risarcimento del danno da malattie contratte per emotrasfusioni, decorre dal momento in cui tale malattia viene percepita o può essere percepita quale danno ingiusto conseguente al comportamento doloso o colposo di un terzo, usando l'ordinaria oggettiva diligenza e tenuto conto della diffusione delle conoscenze scientifiche.

Se mancano elementi concreti che consentono di percepire già all'epoca del decesso il rapporto tra trasfusione e contagio, non può ritenersi ragionevole anticipare la raggiunta consapevolezza del rapporto di derivazione del contagio dall'emotrasfusione ad un momento anteriore alla presentazione della domanda di indennizzo ex L. 210/1992, che attesta invece l'esistenza in capo all'interessato di una sufficiente ed adeguata percezione dell'origine della malattia.

Il dies a quo va dunque collocato nell'anno 1996 ed in tal caso resta ferma l'affermata prescrizione delle pretese risarcitorie fatte valere iure hereditatis (soggette a termine quinquennale) ma non risultano invece prescritte le pretese avanzate dagli attori iure proprio per i pregiudizi patiti a seguito del decesso del padre poiché, derivando da illecito configurante il reato di omicidio colposo, va applicato il maggior termine decennale.

L'emotrasfusione è la trasfusione di sangue da un donatore ad un soggetto ricevente.

L'emotrasfusione può essere eterologa, quando donatore e ricevente sono due persone diverse, o autologa, se il donatore dà sangue a se stesso (questa modalità è detta anche 'autotrasfusione').

Il sangue è una sostanza complessa in cui ogni elemento ha una sua specifica funzione, quindi la trasfusione può riguardare il sangue intero o solo alcuni suoi componenti (plasma, globuli rossi, globuli bianchi, piastrine, fattori della coagulazione, ecc.).

A volte la trasfusione di sangue non può essere praticata a causa di controindicazioni o semplicemente per la difficoltà a reperire la quantità necessaria o il gruppo richiesto. In questi casi, per ripristinare il livello di liquido nel sangue si può fare ricorso al plasma sintetico e a soluzioni saline.

L'emotrasfusione reintegra il sangue perduto in seguito ad emorragie causate da traumi, patologie o interventi chirurgici.




La trasfusione di sangue si pratica in caso di:
emorragie acute post traumatiche;
ustioni;
interventi chirurgici;
trapianti d'organo;
parto;
emorragie di tipo organico (anemie, talassemia, leucemie, linfomi, neoplasie, emofilia, ecc.);
carenze di componenti del plasma (albumina, fibrinogeno, fattori della coagulazione o altri fattori plasmatici).

Essendo in pratica un trapianto, come tale l'emotrasfusione può provocare gravi fenomeni di incompatibilità e rigetto (reazioni trasfusionali): i globuli rossi del donatore vengono aggrediti dagli anticorpi del ricevente per incompatibilità del gruppo sanguigno o, più raramente, vengono distrutti i globuli rossi del ricevente (quando essendo di gruppo A o B è stato trasfuso con grosse quantità di sangue 0 contenente anticorpi anti-A ed anti-B).

Le reazioni trasfusionali sono caratterizzate da nausea, vomito, brividi, febbre, dolori lombari, ittero, grave insufficienza renale e shock anafilattico.

Altre complicazioni sono invece legate alla possibilità di contrarre infezioni (ad esempio: AIDS, epatite C e B, toxoplasmosi e sifilide) tramite il sangue trasfuso.

Nell'emotrasfusione esistono procedure specifiche - dette di Type & Screen (tipizzazione e screening anticorpale) - da seguire e che prevedono:

la determinazione del gruppo sanguigno (A, B o 0) e del tipo Rh (positivo o negativo) del donatore;
la determinazione del gruppo sanguigno e del tipo Rh del ricevente;
la ricerca degli anticorpi irregolari;
test per svelare la presenza di malattie infettive;
prove di compatibilità maggiore (cross-match) in cui il siero del paziente viene testato con i globuli rossi del donatore per accertarsi dell’assenza di reazioni di tipo immunitario.
Di regola il paziente va trasfuso con sangue appartenente al medesimo gruppo sanguigno. In urgenza, o quando il gruppo sanguigno è dubbio, possono essere trasfusi globuli rossi (ma non sangue intero) di tipo 0. I soggetti Rh-negativi devono ricevere sempre sangue Rh-negativo, quelli Rh-positivo possono riceverne di entrambi i tipi.

Sebbene il sangue possa essere trasferito direttamente da donatore a ricevente, gli ospedali generalmente utilizzano sangue raccolto in precedenza e conservato nelle 'banche del sangue' (emoteche).

La quasi totalità del fabbisogno di sangue delle emoteche viene soddisfatta da donatori volontari: ogni donatore fornisce all'incirca 300-350 g di sangue intero per donazione, con un intervallo minimo di 3 mesi tra una donazione e l'altra. Se invece viene prelevato solamente il plasma la quantità aumenta a 450-500 g e l'intervallo tra due successive donazioni può diminuire fino ad un mese.

Perché i Testimoni di Geova non accettano le trasfusioni di sangue?
È una questione di natura religiosa, non medica. Sia nell’Antico che nel Nuovo Testamento troviamo il chiaro comando di astenerci dal sangue (Genesi 9:4; Levitico 17:10; Deuteronomio 12:23; Atti 15:28, 29). Inoltre agli occhi di Dio il sangue rappresenta la vita (Levitico 17:14). Pertanto non accettiamo il sangue non solo per ubbidienza a Dio, ma anche in segno di rispetto per lui in quanto Datore di vita.

Un tempo in genere la comunità medica considerava le strategie alternative alle trasfusioni, la cosiddetta medicina senza sangue, come estremistica, se non suicida; questo modo di vedere le cose, però, è cambiato negli ultimi anni. Ad esempio, nel 2004, un articolo pubblicato in una rivista specialistica ha affermato che “molte delle tecniche sviluppate per i pazienti Testimoni di Geova diverranno in futuro lo standard in campo terapeutico”. * Un articolo pubblicato nel 2010 in una rivista medica diceva che “la ‘chirurgia senza sangue’ non dovrebbe essere limitata solo ai Testimoni di Geova, ma diventare parte integrante della normale pratica chirurgica” (Heart, Lung and Circulation).

Migliaia di medici in tutto il mondo eseguono complessi interventi chirurgici senza ricorrere alle trasfusioni di sangue, cercando di ridurre al minimo le perdite ematiche. Tali alternative alle emotrasfusioni vengono usate anche in paesi in via di sviluppo, e vengono richieste anche da molti pazienti non Testimoni.






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