In passato, l'epilessia era associata a esperienze religiose e di possessione, anche demoniaca. Nei tempi antichi, l'epilessia era conosciuta come la "malattia sacra", morbus sacer (come fu descritta nel V secolo a.C. da Ippocrate di Coo), perché la gente pensava che le crisi epilettiche fossero una forma di attacco da parte di demoni, o che le visioni sperimentate dai pazienti fossero dei messaggi degli dei. Tra le famiglie animiste Hmong, ad esempio, l'epilessia è stata intesa come un attacco di uno spirito maligno, ma la persona interessata potrebbe diventare venerata come uno sciamano, grazie a queste esperienze ultraterrene.
Un capitolo di un libro di medicina babilonese, Sakikku, risalente al 2000 a.C. circa e composto, vi sono molte descrizioni di condizioni che oggi riconosciamo come crisi epilettiche, tali scritti insistono sulla loro natura soprannaturale, mentre il testo ayurvedico Charaka Samhita (circa 400 a.C.), descrive l'epilessia come "apasmara", vale a dire come "perdita di coscienza".
Nella maggior parte delle culture, le persone con epilessia venivano stigmatizzate, evitate o addirittura imprigionate. Presso Salpêtrière, il luogo di nascita della neurologia moderna, Jean-Martin Charcot trovò l'epilessia comune nei disabili psichici, negli affetti da sifilide cronica e nei psichiatrici criminali. In Tanzania, al 2012, come in altre parti dell'Africa, l'epilessia viene associata a possessione da parte di spiriti maligni, alla stregoneria o all'avvelenamento. Molti ritengono che possa essere una condizione contagiosa. Nella Roma antica, l'epilessia era conosciuta come il comitialis morbus (ma anche maior morbus e divinus morbus) ed era vista come una maledizione degli dei che, qualora avvenisse durante un comizio, ne provocava l'interruzione essendo di cattivo auspicio. La malattia era considerata contagiosa e si riteneva che lo sputo fungesse da difesa nei suoi confronti.
La stigmatizzazione sociale è perdurata fino all'epoca moderna, sia per quanto riguarda la sfera pubblica che quella privata, ma i sondaggi suggeriscono che questo atteggiamento si sta affievolendo nel tempo, soprattutto nel mondo sviluppato. Ippocrate osservò che l'epilessia avrebbe cessato di essere considerata di origine divina solo il giorno in cui sarebbe stata capita.
In tutto il mondo, coloro che soffrono di epilessia comunemente vivono una certa stigmatizzazione sociale e la condizione può colpire le persone economicamente, socialmente e culturalmente. In India e in Cina l'epilessia può essere utilizzata come giustificazione per negare il matrimonio. In alcuni paesi alcuni ancora ritengono che gli epilettici siano posseduti. In Tanzania, come in altre parti dell'Africa, l'epilessia è associata a possessione da parte di spiriti maligni, alla stregoneria o a avvelenamenti ed per molti è ritenuta una condizione contagiosa. Prima del 1970 il Regno Unito aveva leggi che impedivano alle persone con epilessia di sposarsi. La paura della stigmatizzazione può portare a negare ad alcune persone di aver avuto crisi epilettiche.
L'epilessia comporta costi economici diretti, nei soli Stati Uniti, di circa un miliardo di dollari. Nel 2004 è stato stimato che in Europa tale costo sia pari a circa 15,5 miliardi di euro, Si ritiene che in India l'epilessia comporti costi per 1,7 miliardi di dollari, pari allo 0,5% del PIL del paese. Gli attacchi epilettici sono causa di circa l'1% degli accessi al pronto soccorso (2% per i servizi di emergenza pediatrici) negli Stati Uniti.
Si ritiene che coloro che soffrono di epilessia abbiano circa il doppio del rischio di essere coinvolti in un incidente stradale e quindi in molte aree del mondo essi non sono autorizzati a guidare o lo sono solo se vengono soddisfatte determinate condizioni. In alcuni paesi i medici sono tenuti per legge a segnalare alle autorità che rilasciano le licenze di guida se un proprio assistito ha avuto un attacco epilettico. I paesi che richiedono ciò sono la Svezia, l'Austria, la Danimarca e la Spagna. I paesi che richiedono invece che sia il singolo paziente a segnalare il proprio stato sono il Regno Unito e la Nuova Zelanda. In Canada, negli Stati Uniti e in Australia le prescrizioni circa la segnalazione variano a seconda della provincia o dello stato. Se gli attacchi risultano ben controllati, nella maggior parte dei casi è ragionevole permettere al pazienti di guidare. Il tempo per cui una persona deve essere priva da crisi epilettiche prima che possa guidare varia da paese a paese. Molti richiedono un periodo che può variare da uno a tre anni, senza che si sia verifcato alcun attacco. Negli Stati Uniti il tempo necessario è determinato da ciascuno Stato ed è tra tre mesi e un anno.
Agli individui con epilessia o attacchi convulsioni viene tipicamente negata una licenza di pilota. In Canada, se un individuo ha avuto non più di una crisi, dopo cinque anni può ottenere una licenza limitata, se tutti gli altri test risultano normali. Anche coloro che hanno avuto attacchi epilettici in seguito a stati febbrili o assunzione di droghe, possono vedersi negata la licenza. Negli Stati Uniti, la Federal Aviation Administration non permette a coloro che soffrono di epilessia di ottenere una licenza di pilota commerciale. Rare eccezioni possono essere fatte per le persone che hanno ha avuto un attacco isolato o convulsioni febbrili e non hanno avuto altri episodi in età adulta senza l'assunzione di farmaci. Nel Regno Unito, una licenza di pilota privato completa richiede gli stessi standard di una patente di guida professionale. Ciò richiede un periodo di dieci anni senza alcun attacco e senza che vi sia una terapia farmacologica in atto. Coloro che non soddisfano questo requisito possono acquisire, tuttavia, una licenza limitata, se non hanno avuto alcun attacco per cinque anni.
Sono state fondate alcune organizzazioni che si occupano di fornire sostegno alle persone e alle famiglie colpite dall'epilessia. La campagna Out of the Shadows è uno sforzo congiunto da parte dell'Organizzazione Mondiale della Sanità, dell'International League Against Epilepsy e l'International Bureau for Epilepsy, e fornisce assistenza a livello internazionale. Il Joint Epilepsy Council serves serve il Regno Unito e l'Irlanda, mentre negli Stati Uniti, l'Epilepsy Foundation lavora per aumentare l'accettazione di coloro che soffrono della malattia, di aumentare la loro capacità di vivere nella società e di promuovere la ricerca di una cura. Tale fondazione organizza anche gruppi di sostegno. In Italia opera l'Associazione Italiana Contro l'Epilessia (AICE).
Il termine 'crisi epilettica' descrive una varietà di sintomi neurologici dovuti a una scarica elettrica anomala, sincronizzata e prolungata di cellule nervose della corteccia o del tronco cerebrale. Il 5% di tutte le persone ha almeno una crisi epilettica durante la sua vita, ma non è considerato affetto da epilessia. La diagnosi di epilessia implica una tendenza a crisi epilettiche ripetute che si trova nello 0.5% della popolazione. Crisi epilettiche sono favorite da fattori che aumentano l'eccitabilità elettrica delle cellule nervose e abbassano la naturale soglia alla loro scarica spontanea: l'uso o la sospensione improvvisa di certi farmaci, droghe o alcool; febbre, deficit di sonno, alterazioni degli elettroliti, e infine fattori genetici e metabolici. Si parla di epilessia idiopatica o primaria quando la storia clinica e gli esami diagnostici non rivelano cause per crisi epilettiche ripetute. Mentre la maggior parte delle epilessie idiopatiche è infatti dovuta a fattori genetici e metabolici ancora sconosciuti e si manifesta in età infantile o adolescente, una grande parte delle epilessie secondarie si manifesta dopo i 40 anni. Cause di epilessie secondarie sono tumori e traumi cerebrali, ischemie o emorragie cerebrali, la trombosi dei seni cerebrali venosi, malformazioni vascolari, e malattie infiammatorie del cervello come vasculiti, meningiti, encefaliti o la sclerosi multipla.
Per la diagnosi di epilessia è necessaria un'accurata valutazione dei sintomi e della storia clinica, che deve possibilmente comprendere anche le osservazioni dettagliate da parte di terzi, in quanto l'alterazione o la perdita di coscienza spesso precludono una descrizione dei sintomi da parte del paziente stesso. L'elettroencefalogramma (EEG) rileva l'attività elettrica del cervello ed è un'analisi fondamentale nella diagnosi dell'epilessia, perché le alterazioni elettriche, spesso molto indicative, possono essere presenti anche in assenza dei sintomi. Al di fuori delle crisi epilettiche, però, le alterazioni elettriche possono mancare, pertanto un EEG normale registrato al di fuori di una crisi non esclude la diagnosi di epilessia. Altri esami diagnostici includono la risonanza magnetica o TAC cerebrale ed esami di laboratorio, e sono indicati per accertare o escludere cause specifiche.
In base alla sintomatologia clinica e al tracciato EEG delle crisi epilettiche si distinguono epilessie generalizzate (le scariche anomale iniziano contemporaneamente nei due emisferi cerebrali) ed epilessie parziali o focali (le scariche anomale iniziano in una determinata parte del cervello). Quando le scariche iniziano localmente per poi diffondersi a tutto il cervello si parla di epilessia secondariamente generalizzata. I più frequenti tipi di crisi epilettiche generalizzate e parziali sono:
Crisi di tipo tonico-clonico ("grande male"): sono crisi generalizzate che possono avere sintomi premonitori (aura: irritabilità, ansia, cefalea) e iniziano con perdita della coscienza, deviazione degli occhi in alto per poi continuare con contrazioni muscolari generalizzate e simmetriche (fase tonica), che in seguito sono interrotte da brevi rilassamenti della muscolatura (fase clonica). L'alternanza tra contrazione e rilassamento dà il tipico aspetto di scosse muscolari ritmiche ('convulsioni'), che verso la fine dell'attacco diminuiscono di frequenza. Le crisi durano in genere meno di un minuto e sono seguite da uno stato confusionale con stanchezza e dolore muscolare. Quest'ultimo è dovuto all'intensità delle contrazioni muscolari involontarie, che possono anche causare ferite (morso della lingua), traumi cranici o fratture ossee.
Crisi di assenza ("piccolo male"): sono crisi generalizzate e brevi (meno di 10 secondi) che si manifestano tipicamente in età infantile e scolastica. Sono caratterizzate da un improvviso arresto motorio con uno stato di coscienza apparentemente conservato. Tuttavia, durante le crisi di assenza, il bambino non è in grado di rispondere e in seguito non ricorda l'episodio. Possono essere accompagnate da contrazioni ritmiche della muscolatura mimica o più raramente da altri fenomeni di tipo tonico o atonico.
Crisi di tipo tonico, atonico o mioclonico: sono crisi generalizzate di breve durata, con o senza perdita della coscienza. Si verificano in bambini con sindromi epilettiche o durante malattie febbrili.
Crisi parziali semplici: sono crisi focali durante le quali coscienza e memoria sono conservate. I sintomi sono multiformi perché dipendono dalla localizzazione cerebrale delle scariche. Se queste avvengono nella corteccia motoria, i sintomi possono consistere nella rotazione della testa e degli occhi e in contrazioni muscolari da un lato del corpo. Altri sintomi sono la sensazione di formicolio o sensazioni di tipo visivo, uditivo o gustativo anomale. Quando sono coinvolti centri nervosi autonomi, i sintomi possono essere avvertiti come disagio nella regione addominale, pallore o sudorazione. Infine, i sintomi possono essere psichici con sensazioni anomale e improvvise di ansia, una percezione distorta della propria persona, dell'ambiente e del tempo, allucinazioni, o la percezione di aver già vissuta o mai vissuta una particolare situazione ("déjà vu", "jamais vu").
Crisi parziali complesse ('psicomotorie'): sono crisi focali con alterazione dello stato di coscienza, incapacità di comunicare ed eliminazione della memoria per il tempo della crisi. Come nelle crisi parziali semplici, i sintomi dipendono dalla localizzazione delle scariche, la quale - al contrario di quanto era suggerito in passato - non è limitata al lobo temporale. Iniziano con l'arresto improvviso dell'attività corrente e sono spesso caratterizzati da movimenti automatici ripetuti della bocca o gesti automatici delle mani, linguaggio automatico e alterato, movimenti oculari o comportamento anomalo.
Normalmente le crisi epilettiche si risolvono spontaneamente entro pochi minuti. Quando perdurano o quando si ripetono in modo ravvicinato si tratta di uno stato di male epilettico che rappresenta (soprattutto quando le crisi sono di tipo convulsivo) un'emergenza medica che richiede terapia immediata. Stati epilettici protratti possono essere letali perché possono portare a grave insufficienza respiratoria.
Oltre ad essere suddivise secondo il tipo di crisi, le epilessie vengono classificate in sindromi epilettiche, che raggruppano determinati tipi di crisi con altri aspetti clinici caratteristici. Le più importanti sindromi sono l'epilessia del lobo temporale, l'epilessia rolandica, le epilessie miocloniche dell'infanzia e dell'età giovanile, l'epilessia con assenze, la sindrome di West e la sindrome di Lennox-Gastaut.
La farmacoterapia dell'epilessia impiega farmaci antiepilettici, che con diversi meccanismi stabilizzano le proprietà elettriche della membrana delle cellule nervose, impedendo così le scariche elettriche spontanee. Si tratta perciò di una terapia sintomatica che non elimina la causa dell'epilessia. Tuttavia garantisce una vita normale a molti pazienti che altrimenti sarebbero gravemente limitati o minacciati da frequenti crisi epilettiche. La terapia deve tenere conto della situazione e delle esigenze individuali del paziente e va indicata con cura, perché è prolungata e con effetti collaterali potenzialmente gravi, che possono comunque essere minimizzati nella maggior parte dei casi. In particolare, deve essere probabile o sicura la diagnosi di epilessia, e deve essere probabile che le crisi epilettiche si ripetano nel futuro. La terapia, perciò, non si inizia dopo una prima e singola crisi epilettica o senza che sia accertata una causa dell'epilessia che renda probabile crisi ripetute. Vanno inoltre considerate la frequenza delle crisi e la loro gravità clinica, relazionandole alla situazione personale e professionale del singolo paziente. Infine, è necessario eliminare fattori di rischio evitabili come il deficit di sonno o l'abuso di alcool. La scelta del farmaco deve considerare il tipo di crisi e la sindrome epilettica, la durata della terapia e i possibili effetti collaterali sempre rispetto alla situazione del singolo paziente. È importante iniziare con un dosaggio basso che va gradualmente aumentato per trovare la minima dose sufficiente a controllare le crisi.
I classici farmaci antiepilettici sono valproato e carbamazepina (che sono spesso i farmaci di prima scelta), fenitoina e fenobarbital. Da pochi anni è disponibile una serie di farmaci di nuova generazione (felbamato, gabapentin, lamotrigina, levetiracetam, oxcarbazepina, tiagabina, topiramato, vigabatrin) usati per indicazioni particolari o per aumentare l'efficacia della terapia quando la monoterapia con un antiepilettico classico non riesce a sopprimere le crisi epilettiche. Studi clinici recenti indicano che gabapentin, lamotrigina e oxcarbazepina possono essere usati anche in monoterapia, mentre felbamato e vigabatrin comportano il rischio di effetti collaterali così seri da restringerne l'uso ad epilessie resistenti ad altri farmaci e indicazioni pediatriche particolari. L'uso di etosuccimide è ristretto alle crisi di assenza. Per la terapia acuta di una crisi epilettica sono disponibili diazepam, lorazepam, clonazepam e fenitoina per via endovenosa o rettale. Farmaci antiepilettici possono interagire tra di loro e con altri farmaci con possibile variazione della loro efficacia e tossicità. Per adeguare il dosaggio dei farmaci e controllare la regolare assunzione è perciò utile il monitoraggio delle concentrazioni plasmatiche che è possibile per i farmaci maggiormente usati. Il monitoraggio plasmatico tuttavia è uno strumento ausiliare, è più importante il giudizio clinico che paragona l'efficacia del farmaco verso i potenziali effetti collaterali.
La durata della terapia antiepilettica dipende dal tipo, dalla causa e dalla evoluzione spontanea dell'epilessia. Generalmente si propone una graduale riduzione dei farmaci quando per 2-5 anni non si sono più verificate crisi epilettiche e quando sono assenti o minime le alterazioni dell'EEG. Nel 80% dei casi le crisi riappaiono entro 6 mesi dopo la sospensione dei farmaci con la conseguente necessità di riprendere la terapia. La prognosi è migliore quando le crisi sono infrequenti e controllate con basse dosi di un farmaco.
Poiché l'epilessia interessa in molti casi l'età riproduttiva, la gravidanza pone questioni particolari per la farmacoterapia, in quanto nessuno dei farmaci è privo di rischio malformativo (teratogeno) per il feto. Il rischio teratogeno è da confrontare col rischio che possono comportare le crisi epilettiche per traumi o ischemia del feto o per l'induzione di aborti spontanei. In casi di crisi infrequenti si può tentare la sospensione dei farmaci fino al quarto mese di gravidanza, dopodiché il rischio teratogeno diminuisce molto e la farmacoterapia può essere ripresa. Con crisi più frequenti è desiderabile una monoterapia al più basso dosaggio possibile. In ogni caso vanno evitati valproato e topiramato e va usata cautela generale con i farmaci di nuova generazione in quanto manca ancora un'esperienza sufficiente riguardo al loro potenziale teratogeno. La gravidanza stessa non influisce in modo significativo sul corso dell'epilessia, può comunque influire sul metabolismo dei farmaci antiepilettici e richiedere un nuovo dosaggio. Farmaci antiepilettici sono infine in grado di abbassare l'efficacia dei contraccettivi orali col rischio di una gravidanza inosservata durante le prime fasi in cui l'embrione è particolarmente suscettibile all'azione teratogena dei farmaci.
Circa il 20% delle epilessie non è sufficientemente controllato nonostante l'impiego di farmaci multipli a dosaggi sufficienti. In questo caso si propone la terapia chirurgica che asporta la regione cerebrale (nella maggior parte dei casi il lobo temporale medio) in cui originano le crisi epilettiche. È perciò necessario che questa regione sia ben identificabile come origine delle crisi epilettiche e che la sua rimozione non comporti deficit neurologici gravi. La terapia chirurgica è di successo nel 70-90% dei casi operati e spesso porta a una guarigione completa. Richiede comunque particolare esperienza sia nella fase diagnostica sia in quella chirurgica ed è riservata a centri specializzati.
La stimolazione del nervo vago è un approccio terapeutico recente che è indicato in casi di epilessia farmacoresistente in cui la terapia chirurgica sia non possibile o controindicata. La sua efficacia è inferiore a quella della terapia chirurgica ma è stata dimostrata in una serie di studi clinici. Richiede l'impianto di un elettrostimolatore che viene collegato con il nervo vago sinistro il quale trasporta le afferenze sensorie dai visceri al cervello. Per un meccanismo ancora sconosciuto la modulazione terapeutica della sua attività elettrica influenza l'attività elettrica cerebrale in modo da rendere il cervello meno suscettibile alla formazione di focolai epilettici. Come la terapia chirurgica, la stimolazione del nervo vagale richiede l'assistenza da parte di centri specializzati.
Le principali attività della ricerca sull'epilessia sono concentrate sulla scoperta di farmaci ancora più efficaci e sempre meglio tollerati anche con il mezzo di modelli sperimentali sempre più raffinati. Inoltre, verranno provati nuovi protocolli di elettrostimolazione e l'applicazione di farmaci antiepilettici tramite sonde intracerebrali che rilasciano il farmaco solo nella regione in cui originano le crisi epilettiche. In tal modo si potrebbe raggiungere un effetto specifico evitando gli effetti collaterali del farmaco sul tessuto cerebrale sano.
Tutti possono ammalarsi di epilessia, a qualsiasi età, ma la maggior parte delle diagnosi avviene nei bambini (epilessia infantile). Circa due terzi dei bambini affetti da epilessia guariscono definitivamente dalle convulsioni entro l’adolescenza.
L’epilessia:
non è l’unica causa delle convulsioni nei bambini,
non è una malattia mentale,
di solito non ha ricadute sulle capacità intellettive,
non è contagiosa,
di solito non peggiora con l’andare del tempo.
Nella metà circa dei casi di epilessia si può identificare un fattore scatenante, di solito uno dei seguenti:
malattie contagiose (come ad esempio la meningite o l’encefalite)
malformazioni del cervello sviluppate durante la gravidanza
trauma al cervello (dato, ad esempio, da mancanza di ossigeno) durante il parto o un incidente
disordini metabolici sottostanti
tumori al cervello
malformazione dei vasi sanguigni
Ictus (mancanza di ossigeno al cervello)
anomalie cromosomiche
L’altra metà di casi di epilessia sono idiopatici, cioè la loro causa è sconosciuta. In alcuni di questi casi ci possono essere precedenti famigliari di epilessia: un bambino che ha un genitore o un parente stretto affetto da questa malattia ha maggiori probabilità di ammalarsi. I ricercatori stanno cercando di determinare quali siano i fattori genetici specifici responsabili della malattia.
La gravità, la frequenza e la durata delle convulsioni sono estremamente variabili: di solito le convulsioni possono durare da alcuni secondi a diversi minuti.
Le convulsioni possono spaventare: il paziente può perdere conoscenza, oppure avere spasmi od ancora dimenarsi violentemente. Le convulsioni più lievi lasciano confusi o inconsapevolidi ciò che li circonda. Alcune crisi sono talmente lievi che solo un occhio allenato può riconoscerle: il bambino o l’adulto può strizzare gli occhi o fissare il vuoto per un attimo prima di riprendere la normale attività.
Durante le convulsioni, è molto importante rimanere calmi e tenere il soggetto (bambino od adulto) sicuro. Si consiglia di:
Tenere il bambino lontano dai mobili, dalle scale o dai termosifoni.
Mettergli qualcosa di morbido sotto la testa.
Girarlo di lato (posizione laterale di sicurezza), in modo che la saliva possa fuoriuscire dalla bocca.
Non mettergli nulla in bocca e nemmeno tentare di trattenerlo.
Cercate di annotare la frequenza delle convulsioni, come si comporta il malato durante un attacco e la durata delle crisi, poi riferite tutto al medico. Quando la crisi è terminata controllate che non manifesti segni di confusione, potrebbe aver bisogno di dormire e gli dovrebbe essere consentito.
Non somministrate farmaci se non sotto prescrizione medica.
I bambini che soffrono di crisi parziali potrebbero essere spaventati o confusi dall’accaduto. Fate loro coraggio e rassicurateli: voi siete lì vicino e tutto va bene.
Di solito gli attacchi epilettici non mettono in pericolo la vita, ma se un attacco dura più di cinque minuti oppure vostro figlio sembra avere problemi di respirazione dopo una crisi, chiamate immediatamente un’ambulanza o andate subito al pronto soccorso.
Se il medico sospetta epilessia vi richiederà di effettuare degli esami che potrebbero comprendere:
Elettroencefalogramma (EEG), che misura l’attività del cervello mediante sensori attaccati al cuoio capelluto, mentre il paziente è sdraiato su un letto. Di solito il medico vi chiederà di privare il bambino del sonno (cioè di mandarlo a dormire tardi e di svegliarlo presto) prima di questo esame, per niente doloroso, che dura circa un’ora.
Una risonanza magnetica (MRI) oppure una tomografia computerizzata (TC): entrambe producono immagini del cervello.
Per gestire al meglio l’epilessia ci sono diversi fattori importanti: è necessario alimentarsi e riposare correttamente e non essere stressati. Dovreste anche prendere altre precauzioni di buon senso, che vi permetteranno di controllare meglio l’epilessia e di non correre rischi inutili. Ad esempio:
I bambini piccoli dovrebbero fare il bagno solo sotto sorveglianza di un adulto, mentre quelli più grandi dovrebbero fare la doccia soltanto quando c’è qualcuno in casa con loro.
Nuotare o andare in bicicletta da soli non sono buone idee per i bambini malati di epilessia (però possono divertirsi in sicurezza, se svolgono queste attività insieme ad altre persone). Quando vanno in bici è necessario che indossino il casco.
Con alcune semplici misure di sicurezza il bambino colpito da epilessia dovrebbe essere in grado di giocare, fare sport ed in generale di dedicarsi a tutte quelle attività adatte per la sua fascia d’età.
È importante assicurarsi che gli altri adulti che si prendono cura di vostro figlio (i parenti, le babysitter, gli insegnanti, gli allenatori, ecc) sappiano che vostro figlio ha l’epilessia, comprendano il disturbo e sappiano che cosa fare in caso di convulsioni.
Date a vostro figlio tutto l’aiuto necessario, parlate apertamente dell’epilessia e rispondete con sincerità a tutte le domande. I bambini affetti da epilessia possono provare disagio per le convulsioni o temere di avere un attacco quando sono a scuola o con gli amici. Prendete in considerazione l’opportunità di portare vostro figlio da uno specialista di salute mentale o da uno psicologo, se si trova a dover combattere contro queste ansie.
Nel caso di epilessia, il ricorso alla chirurgia può essere un'opzione per gli individui con crisi epilettiche parziali che non cessano di manifestarsi nonostante l'adozione degli altri trattamenti. Prima di valutare il trattamento chirurgico è necessario provare almeno due o tre farmaci diversi. Lo scopo della chirurgia è il controllo totale delle crisi epilettiche e questo ciò può essere ottenuto nel 60-70% dei casi. Tra le procedure comuni vi sono il taglio dell'ippocampo tramite una resezione anteriore lobo temporale, la rimozione delle masse tumorali e la rimozione di alcune porzioni di neocorteccia. Alcune procedure come la callosotomia possono essere tentate per provare a ridurre il numero di crisi, piuttosto che per curare la condizione stessa. A seguito dell'intervento chirurgico, in molti casi la terapia farmacologica può essere lentamente sospesa.
Anche la neurostimolazione può essere un'opzione attuabile in coloro che non sono candidabili per la chirurgia. Tre metodiche hanno dimostrato di essere efficaci in coloro che non rispondono ai farmaci: la stimolazione del nervo vago, la stimolazione talamica anteriore e la stimolazione di risposta ad anello chiuso.
Una dieta chetogenica (alto contenuto di grassi, basso contenuto di carboidrati, proteine adeguate) sembra diminuire il numero di attacchi della metà in circa il 30-40% dei bambini. Si tratta di una scelta ragionevole in coloro che hanno l'epilessia senza aver riscontrato miglioramenti con il trattamento farmacologico e che gli è precluso l'intervento chirurgico. Circa il 10% di essi seguono la dieta per alcuni anni per poi abbandonarla per via dell'inefficacia e dei problemi nella tollerabilità. Gli effetti collaterali includono problemi allo stomaco e intestinali, riscontrati nel 30% dei pazienti, e vi sono preoccupazioni a lungo termine per il verificarsi di possibili malattie cardiache. Diete meno radicali sono più facili da tollerare e possono essere altrettanto efficaci. Non è ben chiaro il motivo per cui questa dieta possa funzionare. L'attività fisica è stata proposta come probabilmente utile per prevenire le crisi, ed alcuni dati forniscono un certo sostegno a tale teoria.
La medicina alternativa, tra cui l'agopuntura, gli interventi psicologici, l'assunzione continua di vitamine, e la pratica dello yoga, non hanno alcuna prova affidabile a sostegno per essere consigliate nel caso di epilessia. Anche l'uso di melatonina non trova riscontro.
Solitamente l'epilessia non può essere curata ma i farmaci sono in grado di controllare gli attacchi in modo efficace in circa il 70% dei casi. Coloro che hanno crisi generalizzate in più dell'80% dei casi possono essere ben controllata con i farmaci, mentre ciò si verifica solo nel 50% di persone con crisi parziali.
Al di là di sintomi delle malattie di base che può essere alla base di una parte degli eventi epilettici, le persone con epilessia sono a rischio di morte per quattro problemi principali: stato di male epilettico, suicidio associato alla depressione, traumi da convulsioni e morte improvvisa da epilessia (SUDEP). Quelli a più alto rischio di decesso presentano alla base danni neurologici e crisi epilettiche scarsamente controllate, in genere quelli con sindromi epilettiche più benigne vedono un minor rischio di morte.
Uno studio del National Sentinel Audit of Epilepsy-Related Deaths, ha attirato l'attenzione su questo importante problema. Esso ha rivelato che " 1.000 morti si verificano ogni anno nel Regno Unito a causa dell'epilessia e la maggior parte di essi sono associati a crisi epilettiche e il 42% dei decessi erano potenzialmente evitabili".
Alcuni disturbi sembrano verificarsi con maggior incidenza nelle persone affette da epilessia. Essi includono: depressione, stato d'ansia, emicrania, infertilità e bassa libido sessuale. La sindrome da deficit di attenzione e iperattività (ADHD) colpisce i bambini epilettici da tre a cinque volte di più rispetto ai bambini della popolazione generale.[ L'ADHD e l'epilessia possono avere significative conseguenze per il comportamento di un bambino, nel suo apprendimento e nella sua vita sociale. L'epilessia è comune nell'autismo.
Le persone con epilessia hanno un aumento del rischio di morte. Tale aumento si stima sia compreso tra le 1,6 e 4,1 volte superiore alla popolazione generale ed è spesso legata alle cause della crisi, allo stato epilettico, al suicidio, ai traumi e SUDEP. Il decesso, nel caso di stato di male epilettico, è dovuto principalmente a un problema di fondo come la mancanza dei farmaci necessari. Il rischio di suicidio è aumentato da due a sei volte in coloro che hanno l'epilessia. La causa di ciò non è chiara. La SUDEP sembra essere in parte legata alla frequenza delle crisi generalizzate tonico-cloniche e rappresenta circa il 15% dei decessi legati all'epilessia. Non è chiaro come poter diminuire il rischio. Il maggior incremento della mortalità da epilessia è tra gli anziani. Coloro con epilessia a causa sconosciuta hanno un rischio aumentato di poco. Nel Regno Unito si stima che il 40-60% dei decessi sia evitabile. Nel mondo in via di sviluppo molte morti sono dovute a casi di epilessia non trattati adegatamente.
Nel 2011 è stato sviluppato un sistema efficace per tentare di prevedere le crisi epilettiche in base all'analisi dell'EEG. Il modello Kindling, dove vengono effettuate ripetute esposizioni a eventi che potrebbero causare crisi epilettiche. è stato utilizzato su animali per studiare il fenomeno.
La terapia genica è stato studiata in alcuni tipi di epilessia. L'utilizzo di farmaci che alterano la funzione immunitaria, come le immunoglobuline per via endovenosa, sono scarsamente supportati da prove. La radiochirurgia stereotassica non invasiva, al 2012, è comparata alla chirurgia standard per alcuni tipi di epilessia.
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